Jared Diamond in un suo saggio di qualche anno fa, “Collasso”, ricordava che ci volle più di un milione di anni prima che due uomini che si incontravano casualmente su un sentiero non si uccidessero per il solo fatto di essere estranei. Le notizie sulla guerra di questi giorni, la spaventosa aggressione russa all’Ucraina, ci dicono che l’evoluzione decisamente non ha sradicato questa violenza ancestrale che accompagna la storia dell’umanità. La pace in sostanza non è un sentimento acquisito dall’umanità. Così come nell’accezione pasoliniana, il progresso non fa parte ancora della nostra cultura, ma la comprensione umana arriva appena a disegnare uno sviluppo economico spesso ricco delle brutalità di un capitalismo per molti versi dominato ancora da animal spirit.
In sostanza, la pace va costruita.
Durante la 55ma Giornata Mondiale della pace il messaggio che Papa Francesco propone al mondo sono tre strade da percorrere “per la costruzione di una pace duratura”. Anzitutto “il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi”. Quindi “l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo”. Infine “il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana”. Tre “elementi imprescindibili” per “dare vita ad un patto sociale”, senza il quale “ogni progetto di pace si rivela inconsistente”.
Che la costruzione della pace sia un compito educativo e non solo politico-sociale lo dice anche il pedagogista Sidoti che su Orizzonte Scuola spiega come sia un orientamento che investe la vita umana in ogni suo aspetto. La pace è un moto dell’animo che deve essere alimentato e nutrito quotidianamente e non solo risvegliato nelle diverse giornate dedicate alla memoria, deve essere un lavoro costante e carico di spinta emozionale.
Stiamo attualmente vivendo una situazione di guerra che scuote le nostre vite e anche se non geograficamente coinvolti, lo siamo da un punto di vista emotivo: su quello dobbiamo far leva perché fin da piccoli co-costruiamo la pace. Mettersi in modalità di ascolto, partire dalle emozioni, chiedere cosa si prova, è uno sforzo collettivo che va distruibito in tutti i settori coinvolti: scuole, organizzazioni, enti, istituzioni pubbliche e private perché è un compito che riguarda tutti. Sviluppare in ognuno di noi un senso di appartenenza universale, promuovendo azioni pratiche in tutti i vari contesti senza perdere di vista quelli generali.
Un esempio concreto è il Progetto Living Peace International, un percorso di educazione per la pace che si basa sul lancio del “Dado della pace” sulle cui facce non ci sono numeri, ma frasi che aiutano a costruire rapporti di pace tra tutti. Esso si ispira ai punti de “L’arte di amare” che anni prima Chiara Lubich aveva proposto, con un dado, ai bambini del Movimento dei Focolari. Living Peace International ha l’obiettivo di fare crescere nei diversi ambienti di apprendimento e di vita, l’impegno a vivere la pace e per la pace.
Il messaggio della costruzione della pace deve diventare strategico, come quello sul climate change o sulla povertà o sul lavoro. In sostanza non c’è niente di scontato, un mondo sostenibile va edificato declinando tutti questi aspetti che, come stiamo vedendo, si legano l’uno all’altro.
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