Digital Dreaming

La centralità dell'inconscio e dell'attività onirica che grazie a Freud ha segnato il '900, con il digitale ha guadagnato la massima espressione. Solo da pochi decenni abbiamo accesso al Web, le cui forme hanno caratteristiche in parte simili ai sogni ad occhi aperti. Ed è proprio il mondo digitale, la realizzazione concreta della nostra attività onirica

Immagine distribuita da Pixabay

Freud aspettò a pubblicare la sua “Interpretazione dei sogni” perché uscisse nel nuovo secolo, il ‘900 che ne venne indubbiamente profondamente segnato, anche se fu tutt’altro che un secolo da sogno. La freudiana scoperta dell’inconscio e il pressante invito alla consapevolezza che dalla psicoanalisi proveniva non poterono evitare che il secolo scorso venisse dilaniato da forze distruttive tutt’altro che consce, sotto le insegne delle ideologie. Il secolo attuale si è aperto all’insegna della tecnologia informatica e del digitale, un nuovo continente, frutto della creatività umana, che ci ha fatto intravedere una libertà e un progresso finora inimmaginabili. La tecnologia guadagna sempre più terreno e si propone ormai, secondo la celebre definizione della Turkle, come “artefice della nostra intimità” e ormai anche delle nostre relazioni. È lecito a questo punto chiedersi se il digitale trasformi anche quella che Gérard de Nerval, chiamava la nostra “seconda vita”, il sogno. Mentre vi sono numerosi studi che dimostrano l’influenza sui sogni di avvenimenti straordinari puntuali o comunque chiaramente limitati nel tempo come l’11 settembre o la pandemia ben più difficile individuare le tracce dell’impatto che il digitale nel suo complesso potrebbe avere sui nostri sogni.

Sono state invece sviluppate diverse tecniche digitali per raccogliere, catalogare e studiare i sogni in dimensioni quantitative e qualitative impensabili per la catalogazione umana.  Si è così ottenuto lo Sleep and Dream Database, una raccolta di oltre 20.000 rapporti sui sogni provenienti da una varietà di fonti, inclusi diari personali, sondaggi di opinione, testi culturali ed esperimenti psicologici. Ci sono due funzioni di base nell’SDDb. La prima è l'”Analisi del sondaggio” che consente di confrontare le risposte delle persone alle domande sul sonno e sui sogni (si possono ad esempio confrontare le frequenze di richiamo dei sogni di uomini e donne, oppure le frequenze di insonnia delle persone con livelli di reddito annuo più bassi e più alti, etc). La seconda funzione principale dell’SDDb è “Word Searching”, che consente di cercare tipi specifici di contenuti onirici.  Un modello di 40 categorie di ricerca di parole viene applicato a quattro serie di sogni “classici”: I sogni “Norm” maschili e femminili di Hall e Van de Castle (1966), i sogni di “Engine Man” discussi da Hobson (1988) e i sogni di “Barb Sanders Baseline 250” esaminati da Domhoff (2003). L’approccio digitale può identificare accuratamente, a detta del suo creatore, molti degli stessi modelli di contenuto trovati da ricercatori precedenti utilizzando metodi molto più laboriosi e dispendiosi in termini di tempo.

È inoltre possibile accedere al database per ricevere informazioni ad esempio sul tipo di tecnologia che più si riscontra nei sogni: a differenza di quanto si potrebbe immaginare è, almeno fino ad oggi, ancora l’auto e non le tecnologie di comunicazione e intrattenimento. Sono state inoltre sviluppate diverse altre tecniche di tipo digitale per cercare di comprendere come nascono i sogni e quale significato rivestano da un punto di vista neurobiologico ed evoluzionistico.

Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Berna su modelli neurali, ha confermato che i sogni, a maggior ragione quelli bizzarri, non solo aiutano il nostro cervello ad estrarre concetti generali (rappresentazioni semantiche) da esperienze precedenti ma hanno anche una funzione creativa che va oltre la semplice riproduzione di esperienze precedenti (In particolare “I sogni REM organizzano le rappresentazioni semanticamente e i sogni N-REM stabilizzano queste rappresentazioni”). La funzione creativa del sogno, da sempre supposta ed intuita, è stata dimostrata anche dal punto di vista neurobiologico. Il sogno si è rivelato essere una modalità profondamente complessa di attività psichica dedicata all’elaborazione emotiva, alla preparazione adattativa e alla creazione di significati. Il sogno infatti non produce solo mondi di sorprendente realismo, ma amplia le nostre menti creando connessioni sorprendenti tra idee, sentimenti e impressioni disparati.  Quando sogniamo attingiamo a una profonda sorgente interiore di pensiero creativo che ci porta oltre l’immaginazione. E proprio attorno ai sogni e alla loro creatività psicoanalisi e digitale tornano a intrecciarsi.

Facciamo un passo indietro all’ immancabile Freud e alla sua Interpretazione dei sogni, basata sull’ assunto che i sogni siano sostanzialmente un appagamento dei nostri desideri inconsci. In un suo altrettanto celebre saggio successivo “Al di là del principio del piacere” Freud si trova a dover risolvere una contraddizione relativa ai sogni, quella degli incubi post traumatici che non sembrano certo interpretabili come appagamento di desideri. Il padre della psicanalisi risolve genialmente l’apparente aporia distinguendo tra sogni dell’Es che cercano il piacere e i sogni delle parti inconsce dell’Io che ricercano il controllo e l’adattamento alla vita di veglia. Ripetiamo l’incubo traumatico – sostiene praticamente Freud – nel tentativo di controllare in sogno l’esperienza traumatica vissuta fino a modificarne favorevolmente l’esito. Alcuni degli psicoanalisti succeduti a Freud hanno ampliato, modificato, arricchito il modello freudiano di interpretazione dei sogni rendendo merito al carattere straordinariamente creativo del sogno. Kohut ad esempio ritiene che alcuni sogni riflettano la condizione attuale del Sé, i suoi punti di forza e vulnerabilità, mentre il Sé affronta una crisi o un trauma personale particolare. Ma è soprattutto Bion a proporre una concezione estremamente originale e innovativa dei sogni. Egli ipotizza una “funzione alfa” della mente che trasforma le esperienze e le impressioni sensoriali del giorno in materiale psichico che può essere sognato di notte.  E qui ci riconnettiamo al digitale perché, come scrive Jill Savage Scharff nella sua introduzione a “Psychoanalysis, Identity and the Internet”, “Il Cyberspace è come un sogno: entrambi sono rappresentazioni. Il Cyberspace può essere un luogo di immaginazione, esplorazione, scoperta e simbolizzazione come lo spazio del sogno”.

Freud aveva già intuito che i sogni diurni, Inconscio digitale “ad occhi aperti” sono addirittura l’anello di congiunzione, l’attività in comune, tra l’artista e tutti noi. Nella sua relazione “Il poeta e il fantasticare” egli sostiene infatti che la capacità del poeta di affascinarci con le sue storie derivi proprio dal fatto che anche in noi agisce un’attività di fantasticare simile a quella creativa del poeta. Non a caso poesia ha la sua radice nel greco ποιείν, creare, dar vita cioè ad un mondo alternativo, quello narrativo e più in generale artistico. Dalla sua nascita dunque l’uomo ha avuto a disposizione una seconda vita, quella del sogno e ancora un altro mondo quello dapprima creativo del gioco, poi della narrazione e per gli “eletti” quello della creazione artistica. Solo da pochi decenni abbiamo accesso al WEB, e dunque ad un’ulteriore vita non onirica, né narrativa, né artistica ma digitale, le cui forme hanno caratteristiche in parte simili ai sogni ad occhi aperti (fantasie derivanti dall’insoddisfazione) in parte ancora analoghe ai sogni notturni. Il mondo digitale è dunque la realizzazione concreta, in silicio, dei nostri sogni diurni e i loro cugini più noti, “i sogni notturni sono la via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita psichica” (Freud).

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here