E per fortuna era un sogno!

Ho fatto un sogno. Ho sognato che all’improvviso, a causa di un terribile virus, sconosciuto e inizialmente sottovalutato nei suoi effetti, senza che nessuno avesse scritto o detto o predetto una pandemia, ci trovavamo bloccati a casa. Senza la possibilità di uscire, se non in casi di “estrema urgenza”. E anche così, lo si poteva fare solo compilando un modulo. Ma non un modulo semplice: un bel foglio di carta, al quale mancava solo una marca da bollo.

Ho sognato che tutti all’improvviso si trovavano a dover ragionare sul come organizzare il lavoro da casa e scoprivano, quasi senza volerlo, che grazie alla Rete era possibile farlo. Certo, soprattutto se e dove era stato fatto un buon lavoro preparatorio su digitalizzazione e processi. Ho anche sognato, e mi ricordo di essermi fatta una bella risata, che qualcuno definiva “smart working” questo dover lavorare da casa, con orario fisso e imposto oltre che controllato. A volte i sogni sono strani, eh?

Ma non finisce qui. Ho sognato che anche i bambini erano costretti a stare a casa insieme ai loro genitori: perché si era deciso di chiudere tutte le scuole. Ma non per un giorno o due. Per sempre: fino alla fine dell’anno scolastico. E qui viene la parte divertente: ho sognato che un’amica mi raccontava che la scuola dei suoi figli aveva capito che fare didattica a distanza equivalesse solo a caricare i compiti sul registro elettronico. E che in televisione era stato annunciato che tutti sarebbero stati promossi, a prescindere dai voti negativi che comunque sarebbero risultati in pagella. A questo punto, devo dire che mi sarei anche potuta rendere conto che era un sogno e svegliarmi. Ma invece no, è durato tantissimo, e mi sono ritrovata, nel sogno, a consultare la pagina del Ministero della scuola dove erano consigliate per la didattica a distanza solo piattaforme proprietarie. Un incubo per me, ma la normalità per tanti altri perché “ma che c’è di male? In emergenza servono cose che funzionano, pratiche, veloci, gratis!“.

È suonata la sveglia a questo punto?

No che non è suonata! Adesso viene la parte più strana del sogno. Perché, visto che la gente cominciava a stancarsi di stare chiusa in casa, e i morti non diminuivano mai, e le aziende iniziavano a soffrire davvero, si è pensato di trovare la soluzione. E visto che nessuno la trovava, qualcuno ha avuto un’idea fantastica: troviamola in un’app! Una app, capito? Una cosa che, pensa tu la fantasia, avevano chiamato Immuni. Come a dire installi l’app e non ti ammali. Pensa a volte dove arriva la fantasia nei sogni! Bene: questa app tracciava le persone. Prima era stata presentata come obbligatoria. Poi come volontaria. Poi invece era stato annunciato in pompa magna che chi non avesse installato l’app avrebbe avuto minore libertà di movimento. Poi ancora che non era vero, ma che installandola si avrebbe avuta una corsia preferenziale in Sanità. Poi anche no. Insomma: in pratica non era obbligatoria, ma forse sì. E non si capiva dagli annunci che si susseguivano e dalle tante interviste ai vari esperti, che cosa nella realtà dei fatti facesse questa app. Assurdo. A volte i sogni sono proprio assurdi.

E la gente?

E la gente nel sogno era disorientata, non sapeva bene cosa stesse succedendo. Ho sognato che Carla, la mia vicina di casa, dal balcone del terrazzo mi diceva: “Ho sentito in televisione che è una influenza come tante, mica ci si muore!“. E poi c’era la zia, te la ricordi? Ho sognato anche lei, terrorizzata, che si raccomandava di disinfettare la spesa e di lasciargliela fuori di casa perché “in televisione ho visto non sai quanti morti e io ho paura!“. Tutti un po’ disorientati, insomma.

E di questa “Immuni” che dicevano?

Pensa che ho sognato di stare su Facebook e di andare a leggere i profili di giuristi, esperti di sicurezza informatica, virologi che si insultavano a vicenda, posizionandosi ai poli di schieramenti opposti e rispondendosi a suon di insulti o di “ok, adesso ti blocco“. E poi, vicino a questi, c’era il profilo di qualche amico dove leggevo: “ma scusate, vi fate tracciare da Google, perché dallo Stato no?“. E io lì sotto, nei commenti, con pazienza, cercavo di spiegare che era importante non rinunciare alla libertà, a quei diritti che i nostri nonni avevano conquistato pagando a volte con la vita, ma mi trollavano tutti. E tutti, per paura di ammalarsi e morire, si aggrappavano alla felice idea che la soluzione fosse in un’app. Ma ci pensi quanto è assurdo questo sogno?

Poi, è suonata la sveglia?

Macchè: magari! Per concludere in bellezza ho sognato che saremmo dovuti andare tutti in vacanza nella nostra regione, e io abitavo in una dove non c’è nemmeno il mare! E poi ho sognato gente con la mascherina, distanziata da transenne ed enormi pannelli di plexiglass dove a intervalli regolari veniva spruzzato del disinfettante, perché il presidente americano aveva detto che bisognava lavarcisi. E magari anche berne un po’ ogni tanto, che poteva farci bene!

Ho aperto gli occhi solo quando, nel sogno, a un certo punto è spuntato uno di cui per fortuna non ricordo la faccia, che ha annunciato in televisione: “il 25 aprile sia la giornata in cui ricordiamo le vittime del COVID“. Assurdo, tutto troppo assurdo. Per fortuna era solo un sogno!

 

L’immagine di copertina, liberamente ispirata all’Urlo di Munch, è di Dawn Hudson, rilasciata con licenza CC0

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