Il giudizio degli italiani sul commercio elettronico ovvero “questa o quella per me pari sono”

Conflitto tra sostenibilità sociale ed ambientale da un lato e interesse economico dall’altro al di fuori della nostra coscienza...alla fine prediligiamo l’approccio digitale ma solo fino a ché non sopraggiunge nessun conflitto concreto

Immagine distribuita da Pinterest con licenza CCO

Quando si tratta di prendere posizione sulla sostenibilità digitale, i conti, come abbiamo già visto nel post precedente, difficilmente tornano. Da una parte, infatti, (gli italiani) considerano il commercio elettronico un’opportunità, dichiarandosi nel 71% dei casi d’accordo o molto d’accordo con il fatto che generi un impatto positivo, consentendo di evitare gli spostamenti. Allo stesso tempo, però il 63% dei cittadini è d’accordo o molto d’accordo sul fatto che rappresenti un rischio, aumentando il numero di spedizioni e dunque di pacchi in circolazione. Inoltre, ben un italiano su cinque non ritiene che le app o i siti che consentono l’acquisto di prodotti usati diminuiscano gli sprechi e favoriscano, quindi, lo sviluppo dell’economia circolare. (Bullet Point Retail). Tutte/i affette/i da schizofrenia, dissociazione? Senza andare a tirare in ballo malattie serie e malati gravi, che meritano rispetto, credo che possiamo capire meglio questa e altre ambivalenze simili se partiamo da una situazione concreta che è capitata, credo, a tutte/i.

Immaginiamo di dover preparare la valigia per le ferie, (o la borsa per il fine settimana, lo zaino per l‘escursione). Dopo aver messo in valigia la tenuta sportiva, quella elegante e quella per tutte le occasioni, la maggior parte di noi si trova a far i conti con lo spazio finito della valigia (borsa o zaino che sia) e con la legge dell’ impenetrabilità dei corpi fisici. Insomma la valigia (borsa o zaino) non si chiude e se non vogliamo o possiamo prenderne un’altra, – perché ci spostiamo responsabilmente con mezzi pubblici o, un po’ meno responsabilmente, con l’aereo –  non ci resta che sistemare o selezionare diversamente il contenuto. Togliamo allora tutto dalla valigia e proviamo con un nuovo ordine degli indumenti. Spesso ci capita di arrivare trionfanti alla chiusura della valigia… salvo constatare che è rimasta fuori la tuta, la giacca, il giubbotto o qualcos’altro. Abbiamo cioè dimenticato un indumento pur avendolo davanti ai nostri occhi. Gli psicoanalisti dicono che l’abbiamo rimosso, l’abbiamo cioè inconsciamente escluso dall’orizzonte della nostra coscienza per risolvere il problema della chiusura della valigia. Se siamo poi onesti con noi stessi/e,  potremo anche constatare che il capo rimasto fuori dalla valigia, non l’abbiamo dimenticato a caso, si tratta spesso di un oggetto o di un indumento verso il quale nutriamo un atteggiamento ambivalente, ad esempio il pullover che ci ha regalato la/il partner ma che in verità non ci piace più di tanto. Insomma il nostro inconscio ha risolto due problemi in uno, consentendoci di chiudere la valigia senza portarci dietro un capo che non ci convince.

Questo meccanismo di dimenticanza inconscia, denominato appunto rimozione, (dal latino removere, rimuovere) non riguarda solo gli indumenti della valigia, ma anche i nostri contenuti psichici, siano essi pensieri, sentimenti, azioni o intenzioni. Quando essi divengono troppo “ingombranti” per la nostra mente, comportano cioè uno stress eccessivo, essi vengono inconsciamente esclusi, tolti dalla coscienza e spostati appunto nell’inconscio. Si tratta di un meccanismo di difesa assolutamente normale, che tutte/i noi mettiamo in atto più volte nel corso della giornata, rimuovendo ad esempio il fatto che dobbiamo morire. Se non lo facessimo, se cioè pensassimo ogni istante alla nostra morte, non potremmo vivere, angosciati dall’idea di dover morire e di non sapere né come né quando. La rimozione è dunque un meccanismo di difesa prezioso, che ha generalmente una funzione di protezione sulla nostra psiche evitandole sovraccarichi eccessivi che ne metterebbero in pericolo la stabilità. Se però ci venisse  diagnosticata una malattia grave, non ci aiuterebbe il fatto di rimuoverla dalla nostra coscienza, potrebbe anzi costarci la vita. In questo caso è opportuno che noi stessi/e riusciamo a superare la tendenza, pur comprensibile, alla rimozione, parlando della malattia con chi ci è vicino perché ci sostenga e con il medico perché ci aiuti a trovare la terapia adatta a sconfiggere la malattia. In tal caso dunque il meccanismo di difesa non va tollerato ma sostituito con una strategia di coping, di superamento cioè del pericolo che incombe su di noi.

Analogamente di fronte alle domande sul commercio digitale il 71% degli italiani/delle italiane mette in valigia i vantaggi, il fatto di evitare gli spostamenti. Quando però si fa loro notare che la valigia è piena, che ci sono cioè anche svantaggi per l’ambiente, il 63% toglie dalla valigia i vantaggi per noi e la riempie con gli svantaggi per l’ambiente (maggiore circolazione di pacchi, mancata risoluzione degli sprechi). Nel primo caso rimuoviamo gli svantaggi per l’ambiente, nel secondo i vantaggi per noi. Quelli poi che sono abituati ad usare la valigia digitale, cioè i sostenibili digitali, sono più ottimisti: solo uno su dieci, anziché uno su cinque non ritiene che le app o i siti che consentono l’acquisto di prodotti usati diminuiscano gli sprechi e favoriscano, quindi, lo sviluppo dell’economia circolare.

Lo stesso accade per il binomio commercio elettronico – sostenibilità economica: il 73% degli italiani ritiene che il commercio elettronico sia destinato a distruggere i piccoli negozi. Dall’altra, per una percentuale pressoché analoga degli intervistati (71%), il commercio elettronico rappresenta un’opportunità per quei piccoli negozi che sapranno adeguarsi. Anche in questo caso mettiamo nella nostra valigia mentale, a seconda di come ci vengono presentati gli argomenti, quelli negativi o invece quelli positivi per i piccoli negozi.

Nelle scelte degli italiani si riscontra più attenzione alla sostenibilità sociale che a quella ambientale: è il 71% degli intervistati, infatti, a dichiarare di essere risposto a spendere di più nel caso che abbia la certezza che i lavoratori non sono sfruttati. Percentuale che scende di 9 punti, al 62%, nel caso in cui ci sia garanzia di rispetto dell’ambiente. Tuttavia, allo stesso tempo, il 72% degli italiani, pur considerando la sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti prioritaria nei propri acquisti, a domanda diretta dichiara che non spenderebbe di più per prodotti sostenibili.

In questo caso invece il meccanismo di difesa adottato dal 72% degli italiani è quello dell’isolamento (degli affetti, delle emozioni). Quando viene toccato il loro portafoglio la stragrande maggioranza degli italiani/delle italiane isolano le emozioni (suscitate dai temi della sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti), le mettono da parte, dunque non le percepiscono e quando si tratta di acquistare il prodotto, dichiarano di scegliere quello più conveniente, tenendo conto del solo parametro contabile. Anche per questo meccanismo di difesa vale quanto già detto per la rimozione. Si tratta di un meccanismo perfettamente normale, che consente ad esempio ai chirurghi di operare, ai dentisti di toglier e trapanare denti etc., isolando, cioè mettendo da parte, sentimenti di compassione, che sarebbero d’impedimento nello svolgimento della loro attività.

Quando però le emozioni sono importanti per prendere coscienza di un conflitto e modificare i propri comportamenti, il meccanismo dell’isolamento diviene un autogol. Così facendo manteniamo il conflitto tra sostenibilità sociale ed ambientale da un lato e interesse economico dall’altro al di fuori della nostra coscienza. Il conflitto non viene cioè esplicitato per essere poi  risolto ma semplicemente accantonato poiché crea disagio. Prediligiamo insomma l’approccio digitale ma solo fino a ché non sopraggiunge nessun conflitto concreto.  Siamo cioè sostenitori del digitale ma solo “a condizione che”.

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