“In Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi”
Ennio Flaiano
Chi, meglio di Flaiano potrebbe commentare i risultati dell’Osservatorio “Sustainable Tourism” della Fondazione per la Sostenibilità Digitale secondo i quali “il 79% degli italiani ritiene che le applicazioni di prenotazione on-line di alberghi e ristoranti consentano di scoprire mete alternative, al di fuori delle destinazioni ordinarie, supportando dunque gli operatori più piccoli” mentre “allo stesso tempo, secondo il 68% degli intervistati queste stesse applicazioni concentrano l’attenzione del turista sui posti più popolari, favorendo gli operatori più grandi”? Come scriveva appunto Flaiano in La saggezza di Pickwick “un bel giorno ti accorgi che siamo noi. Invece credevi fossero gli altri.” A giorni alterni siamo noi ad immaginare che le applicazioni di prenotazione online di alberghi e ristoranti siano buone e sostenibili, oppure gli altri a ritenere che sfruttino turisti e ambiente. Il meccanismo psicologico sottostante è quello della rimozione che abbiamo visto all’opera anche nel commercio digitale, ritenuto un vantaggio dal 71% dei connazionali e un rischio per il 63%. Funziona allo stesso modo, anziché prendere in considerazione tutti gli aspetti della situazione, in questo caso della prenotazione online di alberghi e ristoranti, osserviamo di volta in volta solo gli elementi positivi o negativi rimuovendo gli altri, come se di un albergo osservassimo solo la bellezza delle camere senza tener presente l’estrema distanza dal centro e viceversa. Fintanto che non mettiamo insieme tutte le informazioni, non potremo mai farci un’immagine completa dell’hotel o delle applicazioni di prenotazione turistica online, dando di volta in volta risposte parziali e contraddittorie. La valutazione realistica e consapevole nasce, come nel bambino che si scontra con la realtà, solo dalla disillusione. Soltanto dopo aver superato l’illusione che la realtà sia come piace a noi e la tristezza che ne deriva, possiamo fare un corretto esame di realtà, che tenga conto degli aspetti sia positivi che negativi, e giungere ad una valutazione complessiva equilibrata. Sembra evidente che non siamo ancora a questo punto.
Non solo. “Il 30% degli italiani – dunque quasi un terzo della popolazione – ritiene che le tecnologie digitali non siano utili nel contrastare il fenomeno del sovraffollamento turistico” e “un quarto della popolazione – il 25% – ritiene, inoltre, che l’uso delle tecnologie digitali non abbia migliorato la propria esperienza in questo settore”. Questi concittadini sembrano stazionare nella delusione, anzi nella rassegnazione, dato preoccupante perché lo sconforto non induce a nuovi tentativi correttivi ma tende a perpetuare l’iniziale giudizio negativo. Il lavoro per riconquistarli al digitale potrebbe passare dalla ricerca delle cause di delusione e dalla paziente coltivazione di fiducia verso nuove applicazioni maggiormente rispondenti ai criteri desiderati.
Anche nel turismo digitale italiano abbiamo poi un evergreen, i sostenitori del digitale “a condizione che” non venga toccato il loro portafoglio. Infatti “pur dichiarando di preferire la scelta di strutture green, il 73% degli italiani non è disposto a spendere di più”. Qui il meccanismo di difesa psicologico che opera è quello dell’isolamento degli affetti e delle emozioni. Quando si tratta delle loro finanze, il 73% degli italiani mettono da parte le emozioni suscitate dai temi della sostenibilità sociale e ambientale e tengono conto del solo criterio economico per la scelta dell’albergo/ristorante. In questo caso è evidente che per cambiare qualcosa si deve passare dalla stimolazione delle emozioni isolate. Solo l’attivazione di queste ultime può consentire di superare le limitazioni finanziarie che ci siamo posti.
Infine sia per quanto riguarda le app di prenotazione online di musei, sia anche per le app di prenotazione online di ristoranti ed alberghi, è il livello di digitalizzazione a condizionare il comportamento degli italiani. Il livello di digitalizzazione incide cioè maggiormente rispetto al livello di sostenibilità sulle percentuali di utilizzo. Qui il meccanismo psicologico sembra essere quello del riflesso condizionato e il substrato neuro-fisiologico sottostante quello della plasticità neuronale. Anche se non ci fa piacere essere paragonati ai cani, anche noi agiamo spesso sulla base dei riflessi condizionati scoperti da Pavlov nei suoi studi sui nostri amici a quattro zampe. Com’è noto, associando ripetutamente al cibo (riflesso incondizionato) il suono di una campanella (riflesso condizionato), Pavlov riuscì a dimostrare che i cani potevano essere condizionati a presentare al solo suono della campanella lo stesso intenso grado di salivazione provocato dal cibo. Una volta che noi siamo stati “condizionati” al digitale, riusciamo ad utilizzare il digitale, senza sforzo o addirittura con piacere, in sempre nuovi ambiti della nostra vita. La difficoltà è piuttosto quella iniziale, di cambiare. Ma da questo punto di vista siamo facilitati appunto dalla nostra plasticità cerebrale che ci consente di creare nuove strade neuronali nel nostro cervello.
Come diceva Confucio, una nuova strada si crea facendola. Non deve necessariamente creare un arabesco per portare alla meta.
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