La 27° Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è tenuta a Sharm el Sheikh dal 6 al 18 novembre ha avuto come obiettivo generale quello di tradurre in azioni concrete l’Accordo di Parigi del 2015 e i punti nevralgici del programma sono stati l’addio alle fonti fossili, il fondo per perdite e danni, la conferma del riscaldamento globale entro 1,5 gradi e la finanza climatica.
Le 197 delegazioni hanno ottenuto sicuramente il via libera all’istituzione di un fondo per il Loss and damage, soldi a cui attingere per rimediare ai danni e alle perdite causate dal clima nei Paesi in via di sviluppo più vulnerabili, anche se i criteri finali sono ancora in via di definizione. La delusione, forse aspettata, è sulla riduzione delle emissioni di gas serra, come si apprende anche dalle dichiarazioni del Segretario generale Onu António Guterres: “Accolgo con favore la decisione di istituire un fondo per le perdite e i danni e di renderlo operativo nel prossimo periodo. Non sarà sufficiente, ma è un segnale politico assolutamente necessario per ricostruire la fiducia infranta. Tuttavia il nostro Pianeta è ancora al pronto soccorso. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un problema che non è stato affrontato. Cop27 si è conclusa con molti compiti e poco tempo”.
Maria Osmarina da Silva Vaz de Lima, già ministra dell’ambiente brasiliano nel mandato di Lula del 2003-2008, che con probabilità verrà riproposta nel nuovo incarico, è stata a Cop27 insieme a Lula e ha ribadito quanto il nuovo governo combatterà contro la deforestazione rinforzando anche la collaborazione internazionale, promuverà l’agricoltura sostenibile e libererà le terre occupate illegalmente restituendolo alle riserve indigene.
Durante la conferenza in Egitto ha dichiarato che “Il Brasile ha sempre dato l’esempio. In passato abbiamo contribuito a creare il Clean Development Mechanism (un meccanismo del Protocollo di Kyoto che ha permesso di realizzare progetti di riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo da parte dei paesi industrializzati, nda), siamo stati il primo Paese in via di sviluppo a impegnarsi in riduzioni volontarie di CO2, abbiamo evitato di rilasciare nell’atmosfera 5 miliardi di tonnellate di CO2. E siamo stati il Paese che più ha contribuito alla riduzione della perdita di biodiversità, dal 2003 al 2008, essendo responsabili dell’80% delle aree protette create nel mondo. Bolsonaro, in soli quattro anni, è stato responsabile della distruzione di un terzo delle foreste vergini che sono state distrutte nel mondo. Noi ora abbiamo la sfida di tornare a dare l’esempio: trasformare le politiche aziendali, le politiche di cooperazione finanziaria, tecnologica e politica, guidate da politiche pubbliche, per rimanere entro l’obiettivo di 1,5°C. Il Brasile si è impegnato a raggiungere la deforestazione zero entro il 2030. Sappiamo che dopo Bolsonaro questa sfida è diventata più complessa. Ma non vogliamo rinunciare a questa idea”.
Sempre Maria Osmarina da Silva Vaz de Lima è sicura che la vittoria di Lula significa aver fatto una scelta di democrazia, di salvaguardia dell’ambiente, di tutte le minoranze etniche e delle disuguaglianze sociali. E l’augurio di tutti noi è che il Brasile torni ad essere uno Stato in prima linea su questi temi, esempio per molti, così come auspica il nuovo presidente Lula che chiede di svolgere in Brasile la Cop del 2025.
“Sono tornato per domandare quanto era stato promesso alla Cop15 nel 2009. Siamo venuti alla Cop27 per parlare con il segretario generale delle Nazioni Unite e chiedergli che il summit si svolga fra tre anni in Brasile, e in particolare in Amazzonia, nello Stato di Amazonas o nello Stato di Parà, mi sembra molto importante che sia fatto in Amazzonia, che le persone che difendono il clima conoscano l’Amazzonia”.
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