Dall’alfabetizzazione digitale alla didattica integrata per sfruttare il potenziale della trasformazione digitale: intervista a Gianfranco Fancello

Gianfranco Fancello, Professore associato di Progettazione dei Sistemi di Trasporto all’Università di Cagliari, è il nostro quarto ospite della rubrica University 4 Digital Sustainability

Lo sviluppo di una cultura della Sostenibilità Digitale nelle università passa dall’aumento delle competenze informatiche, dal miglioramento della presenza di strumenti digitali e dalla creazione di connessioni stabili tra strutture. Ne è convinto Gianfranco Fancello, il quarto ospite della rubrica University 4 Digital Sustainability: Professore associato di Progettazione dei Sistemi di Trasporto all’Università di Cagliari, oltre che Direttore del CIREM – Centro Interuniversitario Ricerche Economiche e Mobilità – e responsabile scientifico di diversi progetti internazionali di ricerca nel settore dei trasporti e della mobilità sostenibile finanziati nei programmi europei ENI, Interreg e Urban Europe. È, inoltre, delegato come referente dell’Università di Cagliari sui progetti PNRR nel settore della logistica e trasporto merci.

Sostenibilità sinonimo di ambiente: perché è un limite per la Sostenibilità Digitale?

Quello della sostenibilità è un tema che è entrato abbastanza tardi nelle Università. Sino a dieci-quindici anni fa, la sostenibilità era ancora poco presente negli atenei italiani, trattata solo da qualche docente illuminato ed innovativo. Oggi, invece, è diventata ormai molto presente e permea l’intero sistema universitario nazionale. Ciò è avvenuto perché vi è ormai una consapevolezza diffusa che questo sia un tema con il quale qualsiasi attività, di natura pubblica o privata, ha la necessità di confrontarsi. Insomma, sono cadute alcune barriere culturali che ne limitavano la diffusione, e oggi è in crescita: tuttavia, ritengo ci sia ancora molta strada da fare”.

Infatti, nonostante questo aumento di attenzione, secondo Gianfranco Fancello – in linea con quanto sostenuto anche da Tiziana Catarci, nella precedente intervista per questa rubrica – ciò che ancora manca è un aspetto fondamentale nei discorsi e nell’approccio alla sostenibilità: la consapevolezza della complessità del concetto. Ancora oggi, però, all’Università, la parola sostenibilità viene ancora troppo spesso utilizzata come semplice sinonimo di “ambiente”, riflettendo in ciò quello che si riscontra in generale nel Paese. Ciò significa che anche nella formazione superiore su questo tema, l’approccio utilizzato guarda molto gli aspetti di natura ambientale, mentre sono ancora poco presenti quelli di natura economica e ancor meno quelli sociali. In altre parole, si osserva ancora una scarsa dimestichezza con la complessità del concetto di “sostenibilità”, propria della sua struttura tridimensionale”.

E questo, evidenzia ancora Gianfranco Fancello, rappresenta un importante ostacolo per una totale espressione del potenziale della Sostenibilità Digitale. “Per come la vedo io, la Sostenibilità Digitale è molto legata a tale natura tridimensionale: questo vuol dire che laddove si perseguano dei percorsi di sostenibilità, intesa nella sua forma integrata ambiente-economia-società, la Sostenibilità Digitale avrebbe un impatto enorme. Tuttavia, nel momento in cui ci si limiti a guardare soltanto una delle tre dimensioni, ovvero quella ambientale questo impatto è minore. È dunque chiaro che se nelle università si continua a considerare solamente l’aspetto ambientale, l’impatto della Sostenibilità Digitale non sarà mai totale, ma sempre limitato, perché si continuerebbero a trascurare le altrettanto importanti dimensioni sociale ed economica rispetto alle quali il digitale possiede un enorme potenziale”.

Il digitale per l’ambiente, l’economia e (soprattutto) la società

Il digitale, infatti, è uno strumento abilitante la sostenibilità in ognuna delle dimensioni di questo concetto, e occorre considerare il suo potenziale in ognuna di esse, per valutarne il corretto apporto. “Mi occupo di trasporti e mobilità, e sono convinto che tra le cose poco diffuse nel nostro Paese ci siano, per esempio, i dati per il monitoraggio degli aspetti ambientali, come quelli relativi all’inquinamento. In questo senso, disporre di strumenti che consentano un rilievo diffuso e continuo di tali informazioni, e dunque una loro divulgazione, può aiutare molto sotto diversi aspetti: in primo luogo, può aiutare le amministrazioni a prendere delle decisioni più forti sugli impatti e sulle regolamentazioni delle fonti inquinanti; in secondo luogo, può contribuire ad aumentare la consapevolezza dei cittadini rispetto a determinate problematiche, invogliando gli stessi cittadini ad attuare dei comportamenti maggiormente virtuosi in termini di sostenibilità ambientale.

Ma non solo: l’impatto del digitale è enorme anche da un punto di vista economico. Basti pensare che tutti i processi di organizzazione delle supply chain, uno degli ambiti in cui sono impegnato nelle mie attività, hanno nella gestione delle informazioni uno dei propri pilastri fondamentali. Se queste informazioni fossero trasformate, gestite e trasmesse in formato digitale, è chiaro che l’efficacia della supply chain aumenterebbe esponenzialmente. Questo riguarda soprattutto, riferendoci all’economia circolare, la reverse logistics (o logistica di rientro) che consentirebbe alle aziende di attivare risparmi e nuove economie in quanto i processi digitali consentirebbero di monitorare meglio i percorsi delle merci, i diversi passaggi fra aziende, monitorando così la supply chain in tutti i suoi step. D’altro canto, l’impatto del digitale sull’economia mondiale è evidente osservando gli sviluppi del mercato: infatti, se siamo passati da un mercato nazionale, che connotava l’economia del nostro Paese negli anni ’60, e da un mercato europeo che caratterizzava l’economia del nostro continente negli anni ’70-’80, ad un mercato globale dagli anni ’90 in poi, è proprio grazie all’ampliamento dei processi di digitalizzazione”.

Ma è soprattutto rispetto alla dimensione sociale della sostenibilità, quella che sembra essere ancora la meno diffusa nei contesti universitari, che secondo Gianfranco Fancello il digitale può ricoprire un ruolo davvero decisivo. “Penso alle barriere che ancora oggi riscontrano le persone diversamente abili”, ha spiegato, “e quindi al fatto che, ad esempio, una persona con difficoltà negli spostamenti può, attraverso strumenti digitali, effettuare delle esperienze ‘altrove’, visitare dei luoghi e poterli visualizzare, sentirne i rumori. Vedo nella Sostenibilità Digitale l’elemento fondamentale per abbattere le barriere che ancora impediscono una piena sostenibilità sociale”.

Gli elementi per una cultura della Sostenibilità Digitale

Insomma, il digitale ha un enorme potenziale: comprenderlo, e sfruttarlo, richiede però lo sviluppo di una cultura che veda in questo lo strumento fondamentale per intercettare gli obiettivi di sostenibilità. Una cultura che deve iniziare a formarsi dagli anni della formazione, non solamente universitaria, e a partire dall’aumento della conoscenza, nonché dell’utilizzo, degli strumenti digitali stessi. “È anzitutto necessario un forte miglioramento delle competenze informatiche, che deve partire già dalle scuole superiori”, ha spiegato Gianfranco Fancello, “troviamo, ancora oggi, ragazzi che entrano nelle università con uno scarso livello di alfabetizzazione informatica, e questo rende difficile anche solo immaginare di intraprendere percorsi più avanzati sui processi di Sostenibilità Digitale. L’utilizzo degli strumenti digitali deve essere per i ragazzi un elemento naturale nel loro percorso di studi, ma questo non accade: si utilizzano ancora troppo poco, e dunque non diventano dei naturali strumenti di apprendimento. Quindi, al fianco del miglioramento delle competenze, credo sia necessario, come secondo punto, aumentare la presenza di attrezzature hardware all’interno delle strutture: immagino una scuola, un’università in cui nelle aule non ci siano soltanto banchi, ma anche dispositivi, ad esempio tablet, già connessi e attraverso i quali lo studente segue in modo interattivo la lezione, interagisce con il professore, con i compagni, ma anche con altre aule in altri luoghi.

E con questo mi collego al terzo punto fondamentale, ovvero alla necessità di creare delle reti stabili di connessione tra soggetti, scuole, università e corsi di laurea. La nostra classe docenti è ancora legata ad una formazione universitaria troppo tradizionale, ovverosia il docente entra in aula e fa lezione alla sua classe. Questo però è limitante: per fare un esempio, quanti sono i professori che in Italia insegnano la mia stessa materia, e che magari fanno lezione alla stessa ora? In questo caso l’uso del digitale consentirebbe di creare delle connessioni, tali per cui i miei studenti potrebbero seguire a distanza, interagendo, le lezioni dei miei colleghi di altre università, e gli studenti di queste altre università italiane potrebbero fare altrettanto, seguendo la mia lezione. Quella del futuro dovrebbe essere una didattica integrata: la digitalizzazione può consentire un allargamento della conoscenza degli studenti, e deve essere utilizzata anche in funzione di questo obiettivo.

Il ruolo delle Istituzioni nella strada per l’innovazione

Quello del digitale è dunque un utilizzo che deve diventare pervasivo, naturale, a partire dalle attività di formazione: la conoscenza e la diffusione di questi strumenti rappresenta infatti la precondizione per indirizzarne il potenziale anche in un’ottica di sostenibilità. Ma se questo è necessario nel contesto universitario, lo è altrettanto nella società nel suo complesso. Ed è per questo che, sostiene Gianfranco Fancello, anche le istituzioni devono intensificare i propri sforzi in questa direzione. “Le istituzioni dovrebbero fare ancora moltissimo, in primis al proprio interno: ancora oggi, per fare un esempio, in diversi comuni italiani molti dei processi non sono ancora svolti in maniera digitale, o comunque non hanno un processo di digitalizzazione standardizzato.

Occorre aumentare la pervasività del digitale in tutti i processi, e per fare questo bisogna puntare in maniera forte e decisa sull’innovazione digitale. Ma è necessario farlo tenendo sempre ben a mente una cosa: nessuna azione o processo, anche il più innovativo e moderno, può essere realmente considerato sostenibile se non ha una effettiva ricaduta positiva sul benessere della collettività e dei cittadini”.

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