La sostenibilità del tempo da internet alla pandemia

L’avanzamento tecnologico sempre più rapido ha sconvolto la nostra concezione del tempo, portando ad adattare i nostri stili di vita per starvi al passo: la pandemia ci ha portato a riflettere su tutto questo, per capire come costruire una nuova sostenibilità del nostro tempo anche con il ritorno alla normalità

In questo periodo in cui la pandemia ci ha portato in una condizione di “passività casalinga” o di letargia che come dice Giuseppe De Rita ha colpito tutto il mondo, ma l’Italia in particolare, “avere tempo” ci porta a riflettere sul tempo, molto su quello passato perché il futuro è ancora incerto, ma in generale sul tempo che è stato cambiato, mescolato, quello libero con quello di lavoro. L’uscire di casa per lavorare contribuiva a una distribuzione del tempo non solo fisica, ma anche mentale. Oggi la nostra sfida è anche rivedere la nostra concezione del tempo con una sostenibilità completamente diversa. La pandemia ci ha costretto a questa nuova dimensione, ma internet ci ha dato la possibilità di viverla. Questo anche prima della pandemia, ma la nuova condizione ha dilatato al massimo l’utilizzo di internet in una dimensione per noi prima non concepita.

«Pensiamo comunemente il tempo come qualcosa di semplice, fondamentale, che scorre uniforme, incurante di tutto, dal passato verso il futuro, misurato dagli orologi. Nel corso del tempo si succedono in ordine gli avvenimenti dell’universo: passati, presenti, futuri. Il passato è fissato, il futuro è aperto… Bene, tutto questo si è rivelato falso.»

Così Carlo Rovelli, nel suo L’ordine del tempo (Adelphi, 2017), ci invita a riflettere quanto il tempo sia un mistero per tutti, anche per i fisici, che hanno visto il tempo trasformarsi in modo radicale, da Newton a Einstein, alla meccanica quantistica, infine alle teorie sulla gravità a loop.

Siamo partiti dall’immagine del tempo che ci è familiare: qualcosa che scorre uniforme e eguale in tutto l’universo, nel cui corso avvengono tutte le cose. Così abbiamo pensato lo scorrere della realtà: dal passato attraverso il presente verso il futuro. Ma questa struttura si è sgretolata nel momento stesso in cui è avanzato il progresso tecnologico, sconvolgendo la nostra concezione di tempo.

Nel pieno della Rivoluzione 4.0 stare al passo è la parola d’ordine. Tanto velocemente cambiano gli algoritmi di facebook quanto velocemente adattiamo il nostro stile di vita al tempo.
Ci sono sempre più app e sempre più dispositivi online che scandiscono le nostre giornate e ci permettono di fare con un semplice clic quello che prima avremmo fatto in tempi dilatati.
Con internet si tende ad ottimizzare tutto: in 10 secondi leggiamo più o meno 2 post su facebook, in 36 secondi prenotiamo un volo andata e ritorno per Barcellona al minor costo possibile, in 29 secondi acquistiamo una cena per due vista mare, in 35 secondi raggiungiamo oltre 100 amici con la pubblicazione di un post che dice: “Barcellona sto arrivando!”.

Siamo sempre più bersagliati da messaggi che ci invitano a essere veloci, sui social, nel lavoro, nella vita reale e non pensiamo che in questo modo stiamo regalando il nostro tempo alle compagnie che ci offrono questi servizi.

Se da un lato, soprattutto nella sfera professionale, non conta più la quantità di ore lavorate, ma la qualità impiegata per ottenere un prodotto di valore, dall’altro viviamo costantemente con la sensazione di non avere tempo per fare tutto.

L’era digitale non ha solo ridefinito i concetti di tempo, ma ha anche rimodellato le nostre concezioni socio-culturaliPhilip Zimbardo, professore di psicologia a Stanford e autore del saggio divulgativo The Time Paradox, «la tecnologia ha creato una specie di ossessione rispetto al tempo, un’ossessione di breve respiro, legata all’immediato presente e al futuro più prossimo». Il risultato, secondo Zimbardo, è che per quanto oggettivamente più precisa, la nostra percezione soggettiva del tempo si è accelerata: «Il nostro “fuso orario” individuale può essere modificato dalla tecnologia perché essa accelera il nostro orologio interno rendendoci impazienti rispetto a tutto ciò che richiede più di pochi secondi per essere ottenuto».

La pandemia come dicevamo ha in parte cambiato tutto questo, non certo il nostro approccio mentale a internet né ha limitato il bombardamento dei messaggi, ma ci ha comunque portato a riflettere su come costruire una nuova sostenibilità del nostro tempo.

In futuro saremo in grado di recuperare tempo da dedicare a noi stessi? O ritornando alla agognata mobilità ci porterà alle vite insostenibili che avevamo? Le uniche che conoscevamo?

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