Ferrari Farm: coltivare senza chimica sulla Terra, e nello spazio!

Un microcosmo avveniristico di serre a idroponica controllata, nel cuore della terra degli Equi, unisce tradizione e innovazione. Con caratteristiche tali delle serre da prestarsi non solo ad un uso sulla Terra, ma anche nello spazio

Cosa può nascere dalla somma tra due lauree in ingegneria – elettronica ed aerospaziale – e un innato slancio ecologico? «Ferrari Farm, un’azienda agricola in grado di coniugare tradizione ed innovazione in modo “biologicamente differente”», risponde la diretta interessata, Giorgia Pontetti, che ha applicato i due titoli «ad un grande amore per la natura, ereditato dalla mia famiglia di origini umili e contadine. Ho cercato da sempre un modo per dimostrare che tecnologia ed agricoltura potessero andare d’accordo e non sempre sono stata compresa, anzi, spesso sono stata additata come “folle visionaria”. In realtà la mia formazione mi ha consentito di “sognare” e guardare oltre…».

La culla di Giorgia è il Cicolano, antica terra rurale nella bassa provincia di Rieti, abitata nell’antichità dai fieri Equi, sottomessi da Roma nel 304 a.C.; al Cerqueto, una collina di frutteti fino all’avvento del lago, «per preservare la vocazione abbiamo ricostituito un frutteto biologico di circa 3.500 piante di differenti varietà autoctone; nella nostra tenuta abbiamo anche realizzato in pieno campo un orto ed un giardino di spezie aromatiche, entrambi certificati bio, per ottenere frutta e verdura di altissima qualità, senza utilizzare trattamenti chimici o fitosanitari».

L’innovazione si traduce in un impianto di coltivazione idroponica unico in Europa, utilizzando serre ermetiche e sterili completamente computerizzate. «Questo impianto ci consente di affermare che, oltre al rispetto per la tradizione, abbiamo portato nel Cicolano l’innovazione. L’ambiente asettico all’interno delle nostre serre garantisce la totale assenza di contaminanti provenienti dall’ambiente esterno, l’assenza di patogeni, virus e malattie, la creazione di un clima unico all’interno della serra, indipendente dalle condizioni climatiche esterne, con controllo in tempo reale di temperature, umidità e CO2».

Il sistema consente coltivazioni prive di chimica e pesticidi, appunto. «L’ambiente ermetico assicura anche la completa non-influenza delle condizioni climatiche esterne sulla coltivazione e, nel contempo, l’assenza di emissioni in atmosfera». L’impianto comprende due serre a vetri ed un “fitotrone”, un ambiente ermetico che non ricorre a vetrature e luce solare, ma a pannellature isolanti e luce artificiale a LED, per garantire produzioni anche senza illuminazione naturale. «La nostra “ricetta di coltivazione” elettronica consente ad un computer in ogni istante, tutti i giorni e per tutta la vita del vegetale che si intende produrre, di comandare e controllare l’intero ciclo, senza necessità di interventi umani».

Entrando in laboratorio, che strumenti digitali ci troviamo davanti e in che termini concorrono a mantenere la sostenibilità? «Le mie serre sono completamente gestite da un PC, grazie alla creazione di questa ricetta di coltivazione elettronica che, ogni momento e per tutto il ciclo delle piante, realizza il loro clima ideale, gestisce le irrigazioni e così via. Grazie a particolari sistemi di automazione, le serre sono supervisionabili da remoto e sono in grado di fare auto diagnosi, riducendo i fermi ed i tempi di ricerca guasto».

Le caratteristiche delle serre di Ferrari Farm sono tali da prestarsi non solo ad un uso sulla Terra, ma addirittura nello spazio: «Impianti di coltivazione in ambiente “artificiale” come il nostro trovano declinazione dove l’agricoltura tradizionale non può arrivare, consentendo di coltivare in modo sano, pulito ed automatico in ogni posto del mondo: equatore, poli, deserto, zone inquinate e trovando grandissima applicazione nelle missioni spaziali di lunga durata. Qualora dovessimo tornare sulla Luna ed andare poi su Marte, le serre idroponiche in ambiente controllato e confinato si mostrano come l’unica alternativa per poter coltivare al di fuori del nostro pianeta».

Affascinante è la longevità nella storia della tecnica idroponica, che l’ingegner Pontetti declina in maniera avveniristica. «La storia dell’idroponica è più antica delle piramidi, da sempre l’uomo ha cercato di coltivare le piante nell’acqua: i giardini di Babilonia sono un esempio di magnificenza dell’idrocoltura, ma allo stesso modo lo facevano egizi, aztechi e addirittura ci sono diatribe se sia nata prima l’agricoltura su suolo o fuori suolo. È stata solo “dimenticata” ad un certo punto della storia. Essa permette la coltivazione di tutti i tipi di ortaggio ed alcuni tipi di frutta come fragole, melone, cocomero. Noi, nello specifico, coltiviamo un pomodoro 100% italiano nichel-free, basilico, insalate e microgreens».

Ma gli ortaggi così coltivati mantengono comunque il gusto, l’identità, o si va a perdere qualcosa, rispetto ad una crescita naturale nel suolo, con tutte le peculiarità che esso può offrire? «Non solo mantengono, ma hanno un gusto, una sapidità superiore a quanto prodotto oggi su larga scala in pieno campo ed in serra. Le piante vengono coltivate nel loro eden e senza utilizzare chimica in nessun modo, questo consente di tornare ai sapori di una volta. I miei pomodori idroponici hanno lo stesso sapore, colore, odore dei pomodori che faceva mio nonno prima dell’avvento della chimica e delle piantine ibride».

Non solo: «Con le tecnologie odierne è possibile rendere sostenibili gli impianti anche da un punto di vista energetico, potendo immaginare il ritorno delle coltivazioni (pulite) in ambito urbano e peri-urbano». Last, but not least, l’aspetto economico: «I costi di impianto sono in funzione della varietà da coltivare e dei requisiti di pulizia e ambientali da rispettare».

Inserendo il microcosmo di Ferrari Farm in un ambito ampio come quello dei buoni propositi dell’Agenda2030, è realistico riuscire a rispettare le scadenze? «Me lo auguro – risponde Giorgia Ponetti – Troppo spesso ci siamo dimenticati che non abbiamo un Pianeta B e che viviamo in un posto bellissimo ma fragile, che deve essere rispettato e preservato».

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