Fare gli italiani (digitali)!

È di qualche giorno fa la notizia, passata abbastanza inosservata, che il novello Presidente dell’Agcom Cardani in una audizione al Senato abbia comunicato che l’Italia continua a perdere posizioni rispetto agli altri paesi europei (che peraltro non sono all’avanguardia nel mondo) sull’utilizzo dei servizi digitali da parte di cittadini e imprese e sulla qualità e estensione delle infrastrutture.

Allarmi che qui lanciamo da tempo, ma che come quello di Cardani rimangono inascoltati. D’altra parte se il 63% degli italiani non ha idea di cosa sia l’Agenda Digitale. A dirlo è una ricerca commissionata da Cisco a Ispo, ripresa anche da Il Sole 24 Ore qualche giorno fa. Qualsiasi studente di marketing avrebbe consigliato al governo di commissionare una ricerca di questo tipo prima di elaborare il famigerato decreto “Digitalia” o Sviluppo. Perché prima di lanciare un programma occorre comprendere il “macro ambiente”.

La prima cosa di cui ci si dovrebbe occupare in un paese in declino sono le competenze delle persone e il divario “culturale”. Nel mondo di oggi, non quello di domani, essere fuori dalla rete, per cittadini e imprese (che poi sono fatte da cittadini), significa essere tagliato fuori dalla realtà.

La Commissione Europea ci dice che circa il 40% degli adulti italiani non ha mai usato Internet (più o meno, gli stessi che non sanno cosa sia l’Agenda Digitale). E’ da due a tre volte i livelli osservati in Francia, Germania o Regno Unito.

Che ne sarà di loro?

Le sacche di analfabetismo sono concentrate in alcune regioni del Sud, ça va sans dire, le stesse dove il problema della disoccupazione morde con più forza.

E per quelli che invece Internet la usano, i dati parlano chiaro: domina l’entertainment. La familiarità con il telefonino ha portato molti italiani sui social network, anche quelli che non hanno mai toccato un computer in vita loro. In particolare Facebook, secondo l’ultimo Rapporto OCSE, ha avuto sulla popolazione italiana lo stesso impatto dell’arrivo delle tv commerciali. Chi utilizza la rete, molto spesso, lo fa solo a scopo di semplice intrattenimento. Quindi chi naviga, in Italia, chiacchiera su Facebook, ma poi rifugge anche dal semplice pagamento di una bolletta online, semplicemente perché non lo sa fare.

Se il governo Berlusconi ha favorito interventi a sostegno del mezzo televisivo (ricordiamoci quanto si è speso sulla TV Digitale Terrestre), tralasciando lo sviluppo della banda larga, il governo dei tecnici si occupa delle magnifiche sorti e progressive, tralasciando le fondamenta. Si lavora e si  investe sulle Smart Communities, senza chiedersi da chi dovrebbero essere popolate.

Mentre, invece, si sarebbe potuto dedicare le poche risorse disponibili al miglioramento del contesto, con 3 obiettivi prioritari: scuola, cittadini e piccole imprese.

Agire all’interno della scuola è un passaggio irrinunciabile, soprattutto se pensiamo ancora che la scuola sia un servizio pubblico universale e come tale debba garantire pari opportunità. Ad oggi le aule scolastiche di primo e secondo livello (dalle elementari alle medie superiori) sono per lo più sprovviste di collegamento a internet, né gli insegnanti italiani hanno le competenze necessarie per accompagnare i ragazzi in questo nuovo contesto digitale.

Eppure nel 2012, la rete nelle scuole dovrebbe essere una commodity, come i banchi o la lavagna. Eppure l’alfabetizzazione dei cittadini potrebbe passare proprio dai figli.

La popolazione nelle fasce di età intermedie e più avanzate dovrebbero essere letteralmente “conquistate”: promuovendo la distribuzione sul territorio di punti di accesso pubblici (i 3.500 Online Centers nel Regno Unito sono un esempio concreto per il miglioramento dell’accessibilità digitale) e incentivando l’uso della rete e il ricorso allo shopping on line, anche attraverso mirati sconti fiscali a “tempo”. (se pagando la bolletta della luce o della TARSU online si avesse uno sconto – invece che pagare una commissione bancaria – probabilmente le famiglie italiane si attrezzerebbero)

Parallelamente all’opera da compiersi nella scuola e nella società, sarebbe necessario lanciare un piano straordinario di alfabetizzazione digitale diretto alle piccole imprese (che come noto sono la massa critica dell’industria di questo paese) affinché affrontino il percorso di rinnovamento di un sistema produttivo di cui l’Italia sembra avere particolarmente bisogno, soprattutto nell’attuale momento di crisi. E per farlo, forse si potrebbe anche ricorrere a interventi radicali di “switch off” e “innovation by law” (l’esempio della firma digitale ha comunque sortito qualche frutto).

La tanto vituperata Unione Europea, ha messo l’evangelizzazione della popolazione al centro della sua azione, chiedendo a tutti i governi dei paesi membri di nominare il proprio ” digital champion” – una persona di alto profilo, dinamica ed energica, responsabile di promuovere nel proprio paese le competenze e la cultura digitale, collaborando con la scuola, le imprese e le associazioni di base.

E ‘un modello che ha funzionato molto bene nel Regno Unito, in cui la “digital champion” Martha Lane Fox (anni 39) si occupa a tempo pieno di accompagnare in rete, i 10 milioni di britannici che non lo hanno mai fatto.

Chi sia il Digital Champion italiano non è dato sapere. Almeno non chiaramente. E per ora alle riunioni di coordinamento europeo la sedia italiana rimane vuota.  D’altra parte, Cavour non è riuscito a fare gli italiani, figuriamoci se noi si possa riuscire a fare gli italiani digitali!

 

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Alessandra Poggiani è Professore incaricato di Interfacce, Sistemi e Contenuti per le nuove tecnologie a La Sapienza di Roma e Visiting Professor di Economia Digitale alla Business School dell’Imperial College di Londra. Collabora alla cattedra di Marketing della Facoltà di Ingegneria Gestionaleall’Università Tor Vergata, con la Business School della LUISS e con il CATTID dell’Università La Sapienza. Ha ricoperto diversi ruoli dirigenziali nel settore pubblico e nel settore privato ed è ora Senior Advisor di società di consulenza nazionali e internazionali per attività di consulenza direzionale nei settori Enterprise 2.0, Customer Experience, Media Digitali e progettualità ICT per la Pubblica Amministrazione. Coordina il gruppo di lavoro sull’Agenda Digitale della Fondazione Glocus e partecipa attivamente alle attività del think-tank Vedrò sui temi dell’open government e dell’Agenda Digitale Europea.

2 COMMENTS

  1. molto interessante ! sono convinta che bisogna fare molto nelle scuola, non dare solo gli strumenti ma farglieli utilizzare..

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