Amarcord: come eravamo nel 2006 quando nacque Twitter

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Correva l’anno 2006, quello che alcuni ricorderanno per i mondiali di calcio vinti dall’Italia, per l’inizio della crisi finanziaria mondiale e, vista la ricorrenza del decimo compleanno, forse da oggi per la nascita di Twitter. Se qualcuno ci chiedesse cosa facevamo in rete “all’epoca” la risposta non sarebbe immediata per nessuno e rivederci nelle giornate meno connesse, senza gruppi Whatsapp o Telegram, sicuramente meno social (non necessariamente asociali) potrebbe farci vivere un momento di non trascurabile felicità. Abbiamo chiesto ai nostri visionist  di riportarci indietro con la memoria e ricordarci, magari con una punta di nostalgia, il come eravamo. Rigorosamente in ordine sparso:

Rossella Lehnus: “Nel 2006 non ero iscritta a Twitter e in rete facevo cose totalmente diverse da quelle che faccio oggi. Sempre online anche a quel tempo, ma potrei definire “pull” la qualità delle mie interazioni: cercavo ciò che mi serviva per estendere il confine della mia conoscenza. Oggi, la commistione mondo in e off line è decisamente più pervasiva e totalizzante: non cerco in, ma vivo la rete alla ricerca di correlazioni interessanti e inedite. Ecco cosa faccio su Twitter: scorro e compongo la mia agenda aggiornando il mio mondo al tempo che vivo. Un tempo che cambia velocemente e pretende da me suggestive elaborazioni degli input che ho scelto di seguire”.

Giovanni Boccia Artieri: “Quando sono entrato su Twitter ci parlavamo tra una rete di persone che già si frequentava leggendosi e commentandosi nei reciproci blog. Gli account erano semplici nickname @nome o @iniziali, a ribadire l’idea di una cerchia ristretta che costruiva confidenza connessa. Abbiamo cominciato così a raccontare la nostra vita e seguire quella degli altri attraverso descrizioni in terza persona: “pensa che”, “dice che”. In poco tempo la dimensione redazionale è diventata centrale ma abbiamo capito che la vera forza stava nel vedere circolare e talvolta formarsi informazioni su Twitter che non trovavi altrove. Seguire le primavere Arabe attraverso persone che selezionavano e rilanciavano tweet dai luoghi della protesta mi faceva sembrare quello che le testate raccontavano come una realtà lontana e astratta. Twitter mi ha insegnato che è possibile “stare” negli eventi e renderli visibili agli altri. Che è possibile aggregare i nostri punti di vista e dare loro la possibilità talvolta di emergere in pubblico in modo forte. La presenza delle celebrità, dei fake, delle polemiche dei politici, dello spam promozionale è arrivato dopo. Per me ancora oggi la natura di Twitter è in quel DNA relazionale e informativo sperimentato collettivamente. E che oggi sta in alcune liste di utenti che sono il mio accesso privilegiato al mondo (connesso)”.

Francesca Quaratino: “Mi sono iscritta a Twitter 9 anni fa quando venne da me uno dei ragazzi del mio gruppo di lavoro e mi disse “ehi, capa, c’è questa cosa scritta in Ruby che ti farà impazzire”. Il mio primo tweet fu sotto nickname (Blimunda). Era l’epoca pre-Facebook, nessuno usava il proprio nome. Credo di aver scritto: Cerco amici per parlare di Filosofia”.

Carlo Piana: “Nel 2006 stavo contribuendo come avvocato a forzare Microsoft a rispettare la famosa Decisione Monti, quella antitrust. Il suo mancato rispetto meritò sanzioni miliardarie, poi confermate. Iniziava, con il mio modesto contributo di General Counsel, la “Freedom Task Force” della FSFE che divenne poi il più grande network al mondo di esperti di diritto del software libero. Sono su Twitter dal 1° aprile 2008. Ci resto perché il segnale è ancora maggiore del rumore”.

Elisabetta Tosi: “Aprii in quell’anno il mio wine blog VinoPigro e iniziai a studiare il mondo dei social. Tuttora sperimento continuamente nuovi strumenti e nuove piattaforme da consigliare agli eventuali clienti, ho perso il conto a quanti social-cosi sono iscritta. Facebook era nato da poco, ma quando lo scoprii mi ci buttai a capofitto con entusiasmo; Twitter  invece lo guardavo con sospetto, ci misi un po’ a capire cosa potevo farne. Ma quando lo compresi, la situazione s’invertì completamente. E quando scoprii che c’era un intero universo di strumenti e piattaforme che ruotavano intorno a Twitter e con cui potevo fare un sacco di cose interessanti compresi che quello era solo l’inizio di un viaggio che non mi avrebbe mai stancato né deluso. Dieci anni dopo, la penso ancora così. Twitter non è un semplice social media, e chi non lo ama per la sua immediatezza e brevità, semplicemente non ha compreso bene a cosa serva, e quello che può fare”.

Mauro Lupi: “10 anni fa utilizzavo il blog come strumento di confronto e di relazioni per il business della mia azienda di allora. Affiancai Twitter al blog nel 2009: logiche simili ma con maggiore sintesi”.

Marco Alici: “Il mio interesse principale all’epoca era la fotografia. Insieme ad alcuni frequentatori insoddisfatti del livello del news-group it.arti.fotografia avevamo fondato (nel 2000) una mailing-list chiamata FotoDialoghi, dapprima su Yahoo Groups, poi passata sulla piattaforma di Google ed attiva ancora oggi. Ben più di una semplice mailing-list, in realtà, soprattutto per la qualità delle relazioni personali che lì dentro sono nate. Parallelamente coltivavo l’interesse per l’informatica e per Linux. Nel 2006 partecipai per la prima volta al LinuxDay a Fermo, organizzato dal FermoLUG che di lì a poco cominciai a frequentare attivamente. Ho conosciuto Twitter all’inizio del 2011: probabilmente grazie a Beppe Severgnini, che in molte occasioni ne descriveva i pregi, tra i quali il limite dei 140 caratteri, che allena a formulare pensieri sintetici e ben strutturati. Per questo, probabilmente, me ne andrò il giorno dopo in cui il limite dei 140 caratteri verrà rimosso”.

Chiara Calzavara: “10 anni fa lavoravo per una piccola casa editrice che si occupava di tecnologie didattiche ed eLearning. Ne curavo il sito, il blog, la newsletter, ero tutor nei corsi online… insomma, anche allora iperconnessa. Twitter? Ho aperto il mio account nei primi giorni di gennaio del 2007 (questo me lo ricorda lui stesso). Come sempre è stata la curiosità a spingermi a farlo. Leggevo, osservavo, curiosavo e provavo ogni novità anche allora. E non ho smesso. Sono ancora su Twitter, anche se uso il mio account personale “con parsimonia”. Mi sento più a mio agio nella gestione “professionale” di account aziendali”.

Giulio Coraggio: “10 anni facevo già l’avvocato specializzato nelle nuove tecnologie e lavoravo già per uno studio internazionale. A parte questo, tutto è cambiato negli ultimi 10 anni con una moglie, 3 figli e il trasferimento da Roma a Milano. Ho aperto il mio profilo Twitter nel settembre 2009 e sono sempre stato affascinato da un social network finalmente “aperto“. La possibilità di poter contattare chiunque e soprattutto ottenere una risposta da chiunque è una caratteristica unica di Twitter e spero che avranno la forza di invertire l’attuale declino!”

Emma Pietrafesa: “Apprezzavo alcuni aspetti d’uso positivi della rete che mi permettevano di restare in contatto con il mio Paese nel corso del mio soggiorno moscovita per le ricerche di dottorato. Iscritta a luglio del 2013 per merito o colpa di @morenaragone, sono rimasta perchè #addicted!”

Rachele Zinzocchi: “Nel 2006 il massimo della mia «socialità» era LinkedIn, con scettiche frequentazioni di MySpace o ASmallWorld. «Rete» era Google. Non però come semplice motore di ricerca, ma terreno di caccia che «battevo» come un cane da tartufi nelle vesti, allora, di giornalista e autrice TV, per i miei casi di cronaca nera, giudiziaria o comunque choc – «missioni impossibili». E come i vecchi giornalisti si facevano le ossa per strada, così io mi addentravo nella foresta della Rete, cercando tracce di X o Y, andando di connessione in connessione, di link in link. Così arrivai a Lorena Bobbitt, Monica Lewinsky, Natascha Kampusch… «Obama? Senti Rachele, ti trova lei il numero», si diceva. Il tutto solo grazie a un uso intelligente della Rete. Breve da qui il passo verso i social. Il primo cinguettio 7 anni fa. La forza del «Fare Rete», delle interconnessioni – #SocialErgoSum ieri, #SocialCare oggi – sono punti saldi. Né lascio Twitter: web, social, rete, sono uno strumento. Non buono né cattivo in sé: tutto sta nell’uso. Col Cuore e con la Testa – auspico – da parte mia”.

Mariangela Vaglio: “Il primo che ho visto usare Twitter è stato Stefano Epifani. Quando si dice il destino. Eravamo ad un convegno e lui continuava a spippolare sul cellulare, mentre io, allora piccola blogger neofita, non capivo cosa diavolo stesse facendo. Ho cominciato a spippolare anche io, continuamente, per vedere gli aggiornamenti in tempo reale, per scambiare messaggi con gli amici, persino con i morosi, prima che dilagasse Whatsapp.Oggi ha un sapore un po’ vintage, ok. Ma in fondo, io sono una vecchia signora”.

Marco Stancati: “Nel 2006 i social dovevano ancora esplodere, almeno in Italia. Internet era ancora e prevalentemente email, motori di ricerca e forum. I refoli di Zuckerberg, con annessi entusiasmi, mi arrivavano dagli studenti e da mia figlia, che vagava tra Grenoble e Londra. Io tentavo di spiegare che quello che facevamo nella vita digitale non era “virtuale”, ma molto concreto e sempre di più on e off line si sarebbero compenetrati: era il caso quindi di avere una coerenza di comportamenti. Adottai Twitter nell’ottobre del 2011: e fu subito seduzione. Si potevano condividere, con altri entusiast,i operazioni di sensibilizzazione alla letteratura, all’arte, alla filosofia: si potevano riscrivere opere famose, anche introducendo un gioco di ruoli. Mi sono trovato a impersonare Fra Cristoforo e perfino a confessare in DM! “Verrà un giorno…” che l’Umanità potrà conoscere i testi dei migliori pentimenti…”.

E voi come usavate la rete quando Twitter emise il primo vagito?

 

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