L’innovazione: un difficile equilibrio tra comportamenti e tecnologie

Negli ultimi anni mi sono convinto di una cosa: la tecnologia è sopravvalutata. La maggior parte delle previsioni degli analisti, delle quote di investimenti dei venture capitalist, dei piani di sviluppo delle grandi aziende in innovazione dipendono dalla previsione di una nuova e risolutiva tecnologia. Per trovare la nuova, definitiva “killer application” l’unica strada sembra essere quella di destinare i già miseri budget della ricerca e sviluppo verso la scoperta di un rivoluzionario superconduttore, di un nuovo magico algoritmo, di un sensore più performante o di uno schermo più brillante.

Questa ricerca parossistica dell’innovazione meramente tecnologica, pur per molti versi necessaria, ci ha per troppo tempo distratto da una attività molto meno onerosa da un punto di vista finanziario ma che forse richiede una visione più allargata, se si vuole lanciare un prodotto o un servizio di successo: l’individuazione delle tendenze comportamentali degli individui e dei gruppi.

Gli sms: la vera killer application

L’esempio classico di quanto questo aspetto venga sottovalutato riguarda la storia recente della telefonia mobile. Una vera e propria killer application si sarebbe rivelata l’SMS, che sfrutta i canali di controllo nativi nel GSM, che non furono certo “studiati apposta” come innovazione tecnologica. Il motivo di quel successo fu la (tarda) scoperta di un valore fino ad allora inesplorato per gli utenti, i quali – dopo anni di comunicazione forzosamente sincrona – richiedevano una comunicazione testuale, breve, pervasiva, ubiqua  ed asincrona.
Le persone avevano bisogno di poter comunicare in modo essenziale, senza investimenti emotivi nella “gestione in tempo reale di una relazione”, senza l’obbligo di una risposta simultanea, con tutte le conseguenze emotive del caso, nel rispetto dei tempi propri e dell’interlocutore. E su questa scoperta causale  gli operatori telefonici furono in grado di costruire vere e proprie fortune, secondo un modello oggi minacciato dalla pervasività dell’instant messaging via IP (che offre una risposta più flessibile ed economia alla stessa esigenza degli utenti).

I videofonini: il grande flop

Un celebre esempio opposto, vale a dire di sopravvalutazione della tecnologia in quanto tale si reivelò invece proprio la videocomunicazione mobile. Quando fu disponibile lo standard UMTS, una svolta tecnologica che che permetteva di trasmettere più dati sulle reti mobili, si pensò subito che sarebbero stati venduti milioni di videofonini   – complimenti anche al genio che coniò il termine – con cui la gente avrebbe adorato videochiamarsi in pigiama, senza trucco, in luoghi affollati in cui far vedere alle persone intorno che si stava facendo questa cosa fichissima, la videotelefonata in mobilità, proprio come il comandante Koenig nella base alpha di Spazio 1999. (Almeno lui il videofonino l’aveva al polso come Dick Tracy, pazienza).

Fu un flop clamoroso, perché – come dire – la gente non voleva saperne non solo di essere protagonisti di questa inutile pagliacciata, ma soprattutto di subire lo stress emotivo di dover gestire la propria immagine in una comunicazione privata che – semmai – ha nell’immediatezza il suo vero asset non duplicabile.

Quello che serve è uno “sguardo allargato”

Ecco, è di queste sottovalutazioni (e magari anche di qualche sopravvalutazione tecnologica) che vorrei parlare in questa rubrica che inauguro oggi. Cercando di cogliere queste tendenze comportamentali subito, in “trend acerbi”, “non strutturati”, e magari prima che qualcuno ci abbia costruito una proposizione di valore per un proprio prodotto o servizio. Proprio come sto provando a fare da qualche anno in alcune delle occasioni pubbliche che mi si presentano.
Perché è importante essere consapevoli di questo “sguardo allargato”? Perché più siamo in rete e più risulta evidente l’importanza di ciò che le persone, individualmente e lontano da qualsiasi piano di marketing, decidono di fare con la tecnologia. Sono le persone che hanno fatto della rete quel luogo fantastico che ci fa sognare, che ci ha reso – nessuno me lo toglie dalla testa – migliori, più creativi, più socialmente reattivi. La tecnologia  è utile, direi fondamentale, ma non passa direttamente agli uffici di marketing, anche se è più facile da vendere internamente. Prima, parecchio prima, viene il valore delle idee che le persone condividono e scambiano tra loro e il modo in cui esse decidono di farlo.

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Antonio Pavolini lavora da oltre 15 anni nel settore dei media. Dopo una serie di esperienze nella comunicazione istituzionale, prima in agenzia e poi in azienda, dal 2009 si occupa, nell’ambito della funzione Strategy del Gruppo Telecom Italia, dell’analisi degli scenari e dell’elaborazione delle strategie nella Media Industry. Dal 2011, nell’ambito della funzione Innovazione, si occupa di valutare potenziali partnership con start-up impegnate in progetti di creazione e distribuzione di contenuti multimediali. Esperto delle issues del mercato dell’Information & Communication Technology, svolge docenze e collaborazioni in ambito accademico. Dal 2008, in particolare, è membro del Teaching Committee del Master Universitario in Marketing Management (MUMM) della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma”. Ha inoltre condotto trasmissioni radiofoniche come "Conversational“, in onda su Radio Popolare Roma nel 2010-2011, nel corso della quale ha approfondito l’impatto dei social media nell’economia, nella cultura, nella politica e nella vita quotidiana delle persone.

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