Facebook: luci e ombre prima dell’IPO

In attesa dello sbarco in borsa previsto nella seconda parte dell’anno, si delineano i possibili fattori in gioco per la conquista degli investitori

Bisognerà attendere ancora qualche mese, ma il primo concreto passo dopo mesi di rumors sul possibile sbarco di Facebook in borsa, è stato compiuto: i primi di febbraio il colosso ha presentato alla Security and exchange commission (Sec), l’equivalente della Consob italiana, il dossier per la sua initial public offering (IPO).

Confermate molte delle indiscrezioni sulle cifre e sugli attori dell’operazione. Facebook prevede di raccogliere 5 miliardi di dollari ma Secondo il Wall Street Journal è un traguardo destinato a  raggiungere i 10 miliardi confermandosi come la IPO americana più ricca del mondo internet. Google, nel 2004 al suo debutto sui listini finanziari, si era fermata solo, si fa per dire, 1,9 miliardi di dollari. Certo anche l’istituto di credito che si occuperà del collocamento: sarà Morgan Stanley che ha aiutato 23 società internet a sbarcare in borsa lo scorso anno, tra cui LinkedIn, Groupon e Zynga, incassando 115 milioni di dollari in commissioni.

Svelati i numeri di Facebook

La presentazione del dossier ha svelato per la prima volta i “numeri” del social network che ha fatturato nel 2011 3,71 miliardi di dollari al di sotto delle previsioni, fa notare il WST, di 4,27 miliardi di dollari mentre l’utile è di un miliardo. Il report inviato alla Sec mostra altri passi in avanti di Facebook. Ha raggiunto un pubblico di 845 milioni di utenti attivi che si collegano almeno una volta al mese, con un incremento del 39% rispetto al 2010, e 483 sono i milioni di utenti a connettersi ogni giorno. L’85% del fatturato deriva dalla pubblicità online, e sebbene in diminuzione rispetto al 95% dell’anno precedente, tutta lascia intendere che i margini per accrescere quella percentuale ci siano tutti.

Basteranno questi dati impressionanti a convincere gli investitori a puntare i loro soldi su Facebook?

Il fattore  pubblicità e dati personali

Quello della promozione online è uno degli elementi caldi attorno a cui gli analisti già discutono. Se è vero che la pubblicità è il core business dell’azienda, tanto che lo scorso anno Facebook ha rafforzato la propria leadership su Yahoo! e, secondo i dati di ComScore, essa presidia il 27,9% del mercato con un + 21%  rispetto al 2010 (Yahoo! si ferma all’11%), è pur vero che diventando pubblica, l’azienda dovrà allettare ulteriormente gli investitori, attirandone il sostegno con nuove prospettive e nuovi scenari di business.

Secondo il New York Times la grande partita della fiducia si giocherà tutta sul tavolo dei dati personali come motore dell’e-commerce. Il valore di Facebook sarà determinato da come la società saprà far leva su questa commodity per attirare la pubblicità.
L’Economist suggerisce almeno tre nuovi ambiti di business legati al settore. Il social network potrebbe agevolmente creare una rete pubblicitaria sfruttando le decine di migliaia di connessioni stabilite tramite i social plug in usati dagli utenti per condividere attività e interessi, oppure potrebbe buttarsi sull’affare dell’online search sfruttando le logiche del “social discovery”. Accadrebbe, alla rovescia, quello che oggi fa Google quando acquisisce i dati dal suo social network Google+. E ancora, Facebook avrebbe tutte le carte in regola per entrare nel mercato in espansione per eccellenza, quello del mobile, vendendo pubblicità visualizzabile su smartphone e tablet.
Tali sarebbero le possibilità che Hussein Fazal, chief executive di AdParlor, è convinto che gli introiti pubblicitari del social network potrebbero anche superare quelli di Google, che ha ottenuto circa 40 miliardi di dollari dall’advertising nel 2011.

Sta di fatto che alla base della stragrande maggioranza di tali iniziative resta la profonda conoscenza che Facebook hai dei suoi utenti. I miliardi di informazioni su preferenze musicali, sportive, religiose, professionali etc, rappresentano la vera ricchezza del social network, l’oggetto del desiderio delle agenzie di pubblicità.

Il fattore Zuckerberg

Il secondo fattore su cui si giocherà la partita sulla fiducia è Mark Zuckerberg, co-fondatore e CEO di Facebook. Mai convinto fino in fondo del salto verso Wall Street, possiede il 28,2% di titoli Facebook pre-ipo e diritti di voto sopra il 30%. E’, di fatto, afferma il Financial Times, più potente di quanto Rupert Murdoch non lo sia in News Corporation.  Senza contare quelle opzioni su 2 milioni di titoli riconosciuti al padre di Zuckerberg per averlo aiutato a finanziare il suo progetto nel 2004-2005.
Gli investitori che punteranno sul social network dovranno accettare il potere del 27enne e la sua “insopportabile vaghezza”, così la definisce il NYT, dimostrata anche dalla lettera che ha accompagnato la documentazione per l’initial public offering alla Sec.
Zuckerberg, infatti, è rimasto vago su come il management si comporterà nei confronti degli azionisti preferendo ricordare che Facebook: “all’origine non è stata creata per diventare una società. Era stata creata per compiere una missione sociale, rendere il mondo più aperto e connesso“.

Le criticità: disaffezione e privacy

Le uniche vere ombre che la trasformazione in azienda pubblica potrebbe portare con sé, riguardano la possibile disaffezione dell’utenza e il sopraggiungere di problemi legati al tema della privacy.
Gli iscritti al social network potrebbero non gradire il moltiplicarsi di spazi pubblicitari e commerciali sulla piattaforma come accaduto in passato a MySpace dopo l’acquisto da parte della News Corporation di Murdoch.
Di certo, però, il rischio più importante arriva dal tema privacy. Facebook è già incappata in passato nelle ire dell’ America’s Federal Trade Commission, poiché accusata dagli utenti di rendere pubblici dati personali laddove era fatta espressa richiesta di riservatezza. Risultato? Il social network si è impegnato, per i prossimi 20 anni, a rivedere le policy della privacy ogni due anni. Niente male.
Ma il rischio ancora più  grosso è che la crescente attenzione sulla questione della privacy in rete si traduca in un’onda legislativa mondiale “pro-privacy” che renderebbe totalmente impossibile a Facebook utilizzare la montagna di dati che ha accumulato. Ed è un rischio davvero concreto, visto che l’America sta pensando seriamente a creare una legge generale per la privacy del consumatore e l’Europa sta aggiornando le sue leggi.

Un tale scenario globale rappresenterebbe un danno potenzialmente letale  per la macchina dell’advertising di Facebook.

    Fonte dati: Ansa

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