Il testimonial non inconsapevole: campagne web e i blogger

Si fa. Lo sanno tutti che si fa. Quando una azienda ha un prodotto nuovo da piazzare, meglio se è un prodotto che pare fatto apposta per un certo pubblico che sta sul web più che altrove, ormai è prassi comune corteggiare i blogger, o meglio le blogstar.

Che un tempo erano quelli che avevano un blog, e oggi sono un universo ancora più complesso e mal definibile, perché ci sono quelli che hanno un blog, quelli che non ce l’hanno ma stanno su Twitter, quelli che non si capisce manco dove stanno ma tutti dicono che sono importanti e allora mettiamo dentro anche loro che vabbe’.

Il blogger, o la blogstar, o la twittstar o qualsiasi tipo di webstar che dir si voglia pare la svolta nella pubblicità. Ha quel tanto di “web” che fa “nuovo” e “ggiovane”, “smart” e “cool” (scusate, ho finito gli aggettivi alla moda, ma se ve ne vengono altri in mente aggiungeteli pure voi), e poi, rispetto ad un testimonial di quelli tradizionali, ha anche un innegabile pregio: di solito costa pochissimo.

Per garantirsi una nugola di webqualcosa che vengono ad una tua manifestazione basta offrire, in media, una cena o anche solo un buffet al limite della decenza, o mandare a casa come gentile presente, anche magari in prova per qualche mese e manco in regalo, il prodotto in questione. Puff, deciNe di tweet o di post che parlano del prodotto, o della imperdibile manifestazione che si sta svolgendo o si è svolta. Investimento minimo, risultato massimo, verrebbe da dire: in pratica il sogno di ogni campagna pubblicitaria.

Ma, siccome nella vita i miracoli succedono raramente, quando si decide di seguire questa strada è meglio sempre tenere saldi alcuni punti.

L’universo del web è una galassia in continua espansione – alle volte anche sempre al limite dell’esplosione o del collasso – e la cosa principale, caro manager o imprenditore che vuoi contattare/assoldare/stringere legami con blogger per fare una campagna sul web, è questo: informati bene su chi sono.

Nel mondo dei blogger si può trovare e si trova di tutto.
In linea di massima chi sta da anni sul web è quasi sempre un professionista della comunicazione, ormai, o perché lo era di suo prima (giornalista di settore, esperto di marketing etc.) o perché, se ha davvero avuto un successo di pubblico, in qualche modo lo è diventato, conosce le regole del gioco e ci ha costruito sopra un business.

E’ quindi bene evitare negli approcci imbarazzanti gaffe: prima di inviare qualsiasi mail di offerta scopri se hai a che fare con un professionista o con un semplice “amatore” del web, che tiene il blog o twitta per diletto. Al secondo puoi anche limitarti ad offrire la cena o il tuo prodotto in prova, lasciando però intendere che può scriverne o no, se vuole, e non ci sono obblighi contrattuali; al secondo no, dovrai chiarire quanto intendi pagarlo per il suo servizio, e che intendi usarlo come “testimonial” della tua campagna.

Se hai a che fare con blogger “amatoriali” tieni presente anche i loro limiti congeniti: non fanno comunicazione per mestiere, il che li espone anche a possibili gaffes. Anche se twittano o postano notizie relative al tuo prodotto o alla tua iniziativa non è detto che queste abbiano la ricaduta che ti aspetti: sono cose fatte alla buona, non avranno in nessun caso la ricaduta di una campagna ufficiale. Possono servire a fare “battage” su una certa cosa, ma durano il tempo di un tweet, e cioè molto poco.

Anche questi testimonial “amatoriali”, però, vanno scelti con attenzione. Non basta che siano molto seguiti sul web, è necessario anche che siano seguiti dal pubblico che interessa raggiungere a te. Mister X può avere anche millemila seguaci su Twitter, ma se i suoi lettori non coincidono con i potenziali acquirenti del tuo prodotto sono inutili quanto una pubblicità per omogeneizzati in un telefilm seguito solo da teeenager.

Stesso discorso per i blogger da invitare: scegliere, ove è possibile, blogger “di settore”. In primo luogo perché, anche se apparentemente “dilettanti”, se si occupano di un settore specifico saranno comunque persone ben informate su di esso, e questo eviterà che scrivano post pieni di imprecisioni e sciocchezze che rischiano di essere solo ridicoli e non servire ad un accidenti; in secondo luogo perché il post che scriveranno per te sarà più simile a ciò che di solito scrivono, e quindi si eviterà il terribile effetto “pugno in un occhio”, cioè un post totalmente fuori contesto ed evidentemente legato ad un invito ricevuto (tipo post che parla di telefoni cellulari in un blog che fino ad adesso ha parlato solo di rossetti, o post di rossetti in un blog che precedentemente ha parlato solo di opera lirica, e così via).

Anche le marchette, scusa il termine volgare, vanno proposte e pensate con un certo stile, sia da parte tua sia da parte del blogger, o vengono sgamate subito per quello che sono, con conseguente effetto boomerang per te, che sei il commissionante, e perdita di credibilità per l’estensore, cioè il blogger, che di credibilità campa.

Van dichiarate, le “marchette”? A mio personale avviso, sì.
Se inviti un blogger ad una iniziativa, o gli invii un prodotto in prova gratis, è meglio che lui lo scriva e lo dica esplicitamente ai suoi lettori. Un blogger vive della fiducia che il suo pubblico ripone in lui. Una cosa è dire “Guardate, X mi ha invitato qua, m’ha fatto provare questo aggeggio e mo vi spiego come mi è parso”: la fiducia dei lettori non viene così incrinata, si gioca pulito e, fatta la tara doverosa su quanto viene detto, il blogger può continuare ad essere visto come uno che dà consigli onesti e basta.

Diverso è se invece il blogger non dice nulla, e si presta a recensire prodotti o a parlare di eventi come se gli uni e gli altri gli fossero capitati per caso. Quando il pubblico si accorge che non è così, e che anzi il blogger è in qualche modo sul “libro paga” dell’azienda (a vario titolo, anche solo perché ha partecipato ad una cena gratis) la fiducia s’incrina e il blogger, come testimonial, diviene quasi inservibile.

Non credere che l’eventuale “marchetta” non verrà prima o poi scoperta.
Tieni presente che il web è un ambiente dove si cammina costantemente sulle uova: per ogni blogger contattato ce ne saranno dieci che volevano essere invitati e faranno di tutto per vendicarsi dell’esclusione. Quindi è meglio giocare a carte scoperte. E nemmeno aspettarsi miracoli dal web.

Per quanto se ne possa parlare nell’intera blogosfera o su Twitter, è il prodotto che conquista il pubblico, non il mero starnazzare o cinguettare che ci si costruisce attorno.

Una rondine non fa primavera. E nemmeno un tweet.

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