Google non rimuove il video e non cede alle richieste della Casa Bianca

Google si è rifiutato, ieri, di cedere alla richiesta della Casa Bianca e riconsiderare la propria decisione di mantenere online il video ritenuto offensivo da molti islamici e che sembrerebbe aver avuto un ruolo nelle recenti violenze contro gli statunitensi.

La società, continuando a sostenere che il filmato rispetta i termini di servizio di YouTube, ha deciso di bloccare l’accesso ad esso anche dall’India e dall’Indonesia, dopo aver adottato una simile strategia precedentemente in Egitto e Libia, ma non di rimuoverlo completamente.

Google sostiene di aver bloccato l’accesso da questi paesi per adeguarsi alle leggi locali e non a causa di pressioni politiche e che un simile atteggiamento è quello in grado di tutelare maggiormente gli interessi degli utenti, in linea con la policy adottata nel 2007.

Rachel Whetstone, vice presidente senior comunicazioni e public policy di Google, spiegava all’epoca la policy scrivendo: “Un tipo di contenuto, anche se legale ovunque, può essere quasi universalmente inaccettabile in una regione, ma visto perfettamente bene in un’altra… Ci teniamo ai nostri utenti, così cerchiamo di prendere in considerazione le culture e i bisogni locali.” Continuando con una dichiarazione molto chiara sull’atteggiamento della compagnia verso la libertà di espressione. “A Google abbiamo un bias in favore del diritto delle persone alla libertà di espressione in tutto ciò che facciamo… Ma riconosciamo anche che la libertà di espressione non può essere – e non deve essere – senza alcun limite.

Probabilmente non tutti concorderanno con la policy di Google che è, in ogni caso, motivata, oltre che da ragioni culturali e politiche, da più stringenti ragioni economiche. Per operare in alcuni paesi deve necessariamente adeguarsi alle leggi locali e coltivare le relazioni con i governi e le popolazioni locali. Nel caso in questione, ad esempio, il Pakistan e Afghanistan hanno autonomamente bloccato l’accesso al video e nel secondo caso all’intera piattaforma YouTube. Minacce simili erano arrivate anche dall’India.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here