Social Media: attenzione a non chiudersi in una “bolla”

Ogni tanto (o spesso, dipende da chi frequentiamo) si sentono straordinarie affermazioni e proclami sul meraviglioso mondo dei Social e del digitale. Tanto più straordinarie in quanto hanno poco contatto con la realtà dei fatti.

Siamo professionisti, apriamo le orecchie

Se in alcuni casi c’è il bisogno di spingere sul mercato una propria visione, un proprio prodotto (Caveat Emptor ) il che giustifica certe sparate, in molti altri casi alla base c’è una vera buona fede. Il problema è che noi umani ci basiamo su quello che vediamo, sulla nostra esperienza diretta. In sostanza, su Internet, su quello che leggiamo.
Ora è perfettamente naturale e profondamente umano selezionare le fonti di informazione per ridurre la dissonanza con la nostra visione. Mettiamola così, con un esempio banale: un convinto militante di destra leggerà malvolentieri i giornali di sinistra e tenderà a preferire, trovandolo più confortante, selezionare le proprie letture in modo da ricevere messaggi che “gli piacciano”.

Questo è perfettamente lecito, ci mancherebbe. Ma quando dal personale si passa al professionale, le cose cambiano; e dalla riconferma delle proprie opinioni si deve passare alla ricerca di una verità più oggettiva.

Bello parlare con gente che la pensa come noi, però…

Quello che ho toccato con mano è il rischio di mischiare vita privata e professionale in rete. Selezionare i propri amici, le proprie fonti cercando input che ci funzionino bene, che riconfermino la nostra visione. E, in buona fede, convincersi ancora di più di essere nel giusto, in quanto riconfermati da molte fonti esterne… che abbiamo selezionato proprio per non essere dissonanti.

I nostri “amici” spesso sono persone che la pensano come noi, che dicono cose che a noi non dispiacciono – chi va controcorrente rischia di essere eliminato dalla lista. E quindi ecco che ci circondiamo di un circuito autoalimentato che ci fa vedere una realtà che forse è solo un desiderio, una proiezione futura di gente che ha la nostra stessa visione, la stessa speranza, lo stesso progetto per il futuro.

In sostanza, rischiamo di crearci una visione soggettiva della realtà – che diventa pericolosa quando dobbiamo prendere delle decisioni di tipo strategico per un’attività aziendale. I generali, pur non gradendole, cercano le cattive notizie, più che le buone – per poter reagire efficacemente. Giornalisti e politici (categorie poco popolari, lo so) leggono non solo i mezzi della propria parte ma anche quelli della parte avversa e quelli che stanno nel mezzo, per non perdere il contatto con la realtà.

I buoni Social Manager e simili cercano (l’abbiamo detto) più le critiche alla propria marca che gli elogi, proprio per vedere qual è il vero stato delle cose, per evitare di richiudersi in una torre d’avorio, per mantenere un sano atteggiamento di umiltà, per essere oggettivi e non soggettivi.

 In sostanza, apriamoci anche a ciò che non ci piace

Fondamentale quindi, specialmente per chi si affaccia ora al mondo professionale del digitale, incorporare nelle proprie letture anche cose che “non piacciono”. Che danno messaggi che vanno contro le nostre opinioni. Incorporare questi input nella nostra valutazione, sentire un’altra campana. Valutare i meriti e soprattutto i numeri che portano persone che la pensano in maniera opposta alla nostra.

E sulla base di una visione più ampia e meno di parte, sulla base di uno sguardo alla realtà che cerca di essere oggettivo e non ideologico, esprimere raccomandazioni, prendere decisioni. Perché il mondo, molto spesso, non è quello che ci piacerebbe che fosse…

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