E’ arrivata l’agenda digitale italiana. E’ figlia dell’agenda digitale europea e si pone l’obiettivo di accelerare lo sviluppo e l’utilizzo della Rete in molti settori dell’economia. Ma anche la pubblica amministrazione e i cittadini sono coinvolti in questo processo di “taglio allo spread digitale” come ben detto nel numero speciale di Nòva dedicato all’argomento dal Sole 24ore di domenica 7 ottobre 2012.
Tre le numerosissime misure inserire in questo decreto alcune hanno impatto diretto o indiretto sul sistema sanitario nazionale. In particolare ci riferiamo alla creazione del documento digitale unificato e alle misure sul fascicolo sanitario elettronico.
Nel seguito descriveremo sinteticamente i due scenari per quanto possibile partendo dai principi stabiliti nel decreto. Inoltre anticiperemo un probabile modello di documento unificato e di fascicolo sanitario elettronico.
Il Documento digitale unificato
In principio c’era il tesserino verde del codice fiscale, poi è arrivata la Carta d’Identità Elettronica (CIE) . Successivamente per evitare che il ritardo nella diffusione della CIE pregiudicasse la possibilità di usufruire dei servizi erogati in rete dalla PA nasce la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) e quasi contemporaneamente la tessera sanitaria (TS) che è di fatto un clone del vecchio codice fiscale.
La prima unificazione è quella tra TS e CNS (nasce la TS-CNS). A seguito di questa unificazione molte Regioni che avevano emesso proprie CNS accettano le convenzioni proposte dall’Agenzia delle Entrate (amministrazione di riferimento per la TS) e inizia l’emissione di questa nuova tessera sanitaria con microchip conforme alla CNS. Oggi non vengono più emesse TS senza microchip.
Nel frattempo la CIE continua a vivere di stenti e di bassissime emissioni nell’ambito di una pluriennale “seconda fase della sperimentazione” attiva fino al decreto per lo sviluppo digitale o meglio fino a quando questo decreto troverà pratica attuazione.
Il Documento Digitale Unificato (DDU) sicuramente semplifica la vita sostituendo quattro tessere con una sola. Questa tessera deve presentare un nuovo layout compatibile con le esigenze della unificazione delle quattro tessere e gestire le funzionalità elettroniche della CIE e della CNS.
Un’ipotesi di documento unificato
Considerata la diffusione alta della TS-CNS (circa 25 milioni di tessere) e gli obblighi internazionali sui documenti di riconoscimento è presumibile che il documento unificato sia dotato di due microchip. Il primo a contatto (tipo le nostre carte di debito o credito) e il secondo “contactless” conforme alle regole per i documenti di viaggio tipo il passaporto elettronico. La separazione degli scopi favorirebbe anche gli aspetti di sicurezza visto che il microchip contactless non sarebbe più modificato dopo l’emissione, mentre la parte CNS manterrebbe le sue caratteristiche di carta servizi compreso quello di identificazione digitale ai siti della PA.
Ma l’unificazione si scontra con limiti tecnologici. Infatti pur disponendo di due chip non tutte le tipologie di servizio appaiono compatibili. Vediamo perché.
Nessun problema per l’inserimento dei dati anagrafici, biometrici e di riconoscimento per il chip contactless secondo gli standard internazionali ICAO (International Civil Aviation Organization) relativi ai documenti di viaggio. Nelle dichiarazioni istituzionali si è parlato anche di possibili utilizzi di questo microchip per check-in, abbonamenti a trasporti pubblici, stadio, biglietti per spettacoli.
Le dichiarazioni rilasciate da alcune figure istituzionali appaiono affascinanti ma non è affatto ovvio come il microchip ICAO, ad altissima sicurezza, possa contenere informazioni come le impronte digitali del titolare e anche informazioni dinamiche come quelle di pagamento o bigliettazione in genere. Né ha senso per motivi di usabilità inserire queste informazioni nel microchip a contatti della CNS. Questo comunque dovrebbe essere aggiornato nelle sue strutture dati. Queste sono obsolete per molti utilizzi moderni visto che hanno quasi 15 anni di storia. Aggiornando queste strutture sarebbe possibile realizzare sul documento unificato degli strumenti di pagamento elettronico. Ma attenzione alla banda magnetica, la sua assenza non consente l’apertura degli sportelli degli ATM pubblici. E non è chiara la fine della TEAM (Tessera Europea di Assicurazione Malattia). Non è presente nel documento unificato e quindi sarà una tessera plastica indipendente ? Ancora non si hanno informazioni in merito.
L’accesso ai servizi in Rete
Ci sia consentito un minimo di scetticismo. Un legittimo scetticismo che deriva dall’aver visto documenti elettronici dal 1998. Tra sperimentazioni sostenute per un paio d’anni e poi abbandonate, documenti utilizzabili solo nel Comune di emissione, ecc. , ecc.
Il punto cruciale quindi non è se avremo in tempi ragionevoli la diffusione del documento digitale unificato ma l’utilizzo che potremo farne.
Ovviamente servirà un lettore di smart card. Poi servirà un sistema di supporto all’utilizzo e alla revoca (compreso un robusto call center). I documenti elettronici sono di complesso utilizzo e si smarriscono o vengono rubati. Quindi i documenti in questo stato devono essere revocati e emessi nuovamente. I documenti sono utilizzati tramite un PIN quindi bisognerà diffondere la cultura di incedibilità di questa informazione, ma anche di conservazione della stessa. Pensate all’accesso al portale INPS. Quanti trovano il PIN di accesso dopo un anno che non lo utilizzano più ?
Ma il vero problema di questi sistemi è l’offerta di informazioni in rete. Senza una razionalizzazione dei siti e una loro adeguata interazione. Stiamo parlando del famoso “dalle code al click” che oggi più che un miraggio appare fantascienza.
Il fascicolo sanitario elettronico
La lettura dello schema di decreto in nostro possesso genera una sensazione positiva quando vediamo le regole per la sanità elettronica. Fascicolo sanitario, cartella clinica e prescrizioni tutti in formato digitale. I vantaggi per il cittadino “paziente” sono innegabili sia per una migliore qualità del servizio sia per la riduzione dei costi che sopporta il Servizio Sanitario Nazionale.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) viene definito come l’insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito.
Il FSE non è una novità nel nostro sistema sanitario. Ma i sistemi informativi messi in piedi da varie Regioni sono disomogenei e non coordinati in termini infrastrutturali. I tempi di attuazione previsti dal decreto non sono strettissimi (2014) per il registro dei dati sanitari e la ricetta medica digitale. Invece il primo gennaio 2013 è la data stabilita per la cartella clinica digitale, anche se la norma inserisce un “può” facoltativo. La positiva innovazione sul FSE è presente al comma 3 dell’articolo 12 del Decreto in esame:
“Il fascicolo sanitario elettronico (FSE) è alimentato in maniera continuativa, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, dai soggetti che prendono in cura l’assistito nell’ambito del SSN e dei servizi socio-sanitari regionali, nonché su richiesta del cittadino, con i dati medici in possesso dello stesso“.
Il cittadino può contribuire al suo FSE. E il FSE può essere utilizzato a scopi di studio e ricerca. Ci si augura nell’ambito di un pieno e reale rispetto della privacy.
Le anagrafi degli assistiti
Nel decreto in esame viene costituita l’ANAGRAFE NAZIONALE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE (ANPR). Questa nuova banca dati può portare ad un definitivo allineamento delle anagrafi, visto che fisiologicamente l’anagrafe degli assistiti utilizzata per la TS-CNS dovrà essere la stessa dei residenti (anche all’estero) utilizzata per i documenti di riconoscimento.
La natura infrastrutturale definita per queste anagrafi dovrebbe essere tale anche da garantire una migliore gestione dei codici fiscali e delle relazioni tra cittadini e PA.
Come al solito tutto molto bello ma il problema sarà la disponibilità di risorse finanziarie residue (senza ulteriori oneri per la finanza pubblica) in quelle Regioni meno dotate tecnicamente e la resistenza al cambiamento da parte di operatori pubblici e privati. Questi comunque vanno sostenuti con applicazioni efficienti e usabili. Perché vogliamo operatori che si occupino della nostra salute e non inseritori di dati. Andrà quindi valutato anche l’impatto delle nuove tecnologie sui tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie.
Questa innovazione potrebbe creare le basi per lavorare sulle best practices di chi ha già lavorato su soluzioni di successo, alimentando il sacrosanto principio del riuso. Questo non è mai a costo zero ma in ogni caso serve ad abbattere i costi di prototipo dei nuovi sistemi e infrastrutture.
Conclusioni
Il nuovo decreto sull’agenda digitale è ricco di novità per i cittadini, le imprese, la pubblica amministrazione e la società in genere. Come tutte le norme primarie della Repubblica Italiana i principi espressi dovranno essere resi attuabili con gli opportuni decreti.
Al momento di andare in stampa ancora non sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale una serie di decreti indispensabili per la dematerializzazione e basilari per l’attuazione dell’agenda digitale. Il ritardo di questi decreti è di almeno sei mesi. I nuovi decreti previsti sono come al solito complessi nei contenuti e molte volte fortemente innovativi. Il livello di concertazione previsto è molto alto e la PA non è ancora abituata a lavorare su crono programmi da rispettare.
Pur volendo mantenere un approccio estremamente positivo e ottimistico rimangono molte perplessità sui tempi di attuazione e sulla sicurezza generale dei dati e delle infrastrutture. Per i dati mancano le regole tecniche previste dal Codice dell’amministrazione digitale (articolo 51). Positiva è invece la situazione per la continuità operativa.
Risulta quindi doveroso fornire la massima fiducia e supporto alle istituzioni ma è indispensabile leggere le regole tecniche non appena disponibili e vigilare su tempi di attuazione mai rispettati fino ad oggi. In tempi di crisi economica e con le elezioni politiche e amministrative molto vicine con il loro fisiologico bagaglio di rallentamento delle attività del Palazzo.
Diceva il saggio “Anche un viaggio di mille chilometri inizia da un piccolo passo”. Di primi passi ne abbiamo visti molti, di chilometri non troppi, ma perdere la fiducia e fermarsi non è da saggi e quindi non perdiamo nemmeno la speranza.
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