Il motore a vapore del 2000

Continuiamo a parlare di economia digitale, come se fosse un settore specifico, come si potrebbe parlare di siderurgia, piuttosto che di edilizia. Come se dovessimo identificare un nuovo codice ATECO. E invece non è così. L’economia digitale è un nuovo paradigma, è il “motore a vapore” del nostro tempo.

L’economia digitale non riguarda solo l’IT o le telecomunicazioni, ma ha rivoluzionato tutti i settori industriali e del terziario. La rete è la materia “prima” di una nuova rivoluzione industriale. L’utilizzo di Internet per il settore bancario al consumo ha modificato radicalmente sia il rapporto banca-cliente, sia la struttura organizzativa degli istituti di credito. Per non parlare della finanza.
Oggi Expedia.com è la più grande agenzia di viaggi del mondo, e la maggior parte degli operatori tradizionali ha dovuto chiudere o riorganizzarsi radicalmente, impossibilitata a competere con l’industria turistica online.
Il downloading e la condivisione di file ha completamente trasformato l’industria discografica di tutto il mondo e messo a dura prova anche quella cinematografica. Le nuove tecnologie stanno modificando radicalmente il settore televisivo, per non parlare dell’editoria e della stampa. Il comparto agro-alimentare ha vissuto trasformazioni eccezionali sia in termini di sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni, sia per quanto riguarda la logistica.

L’economia digitale ha giocato un ruolo fondamentale nell’accelerazione dei processi di globalizzazione. Oggi un call center in Albania può smistare e raccogliere le telefonate di clienti di un’azienda italiana, usando gli stessi sistemi informativi e avendo in tempo reale la medesima base di conoscenza.
Un radiografo in Messico può mandare un referto raggi-x a uno specialista negli Stati Uniti in tempo reale, e avere un consulto a distanza. L’e-commerce rende l’intero pianeta un unico singolo mercato, dove i singoli operatori possono competere in ogni paese con gli stessi prodotti.
Il mondo è molto più piccolo: con il satellite e con internet oggi tutti gli abitanti del pianeta possono avere accesso ai medesimi contenuti informativi nello stesso momento, rendendo possibile che cittadini di paesi diversi e con culture diverse partecipino agli stessi eventi simultaneamente.

E veniamo al Bel Paese. Lo sviluppo del digitale in Italia – lo sappiamo – è molto in ritardo rispetto a molti altri paesi, e non solo quelli occidentali o più altamente industrializzati. Secondo l’indice “Web intensity Index” di McKinsey che misura a) l’intensità dell’uso di Internet da parte di persone, aziende e pubbliche amministrazioni; b) l’accesso alle infrastrutture e alla diffusione della banda larga e c) il volume di e-commerce e di pubblicità online, siamo al 27° posto fra i 34 paesi dell’OCSE.
E se guardiamo altri indici, la situazione non cambia. Secondo il Web Index della fondazione di Tim Berners-Lee siamo al 23° posto su 61, e secondo gli Scoreboard della Commissione Europea siamo sotto la media dell’UE a 27 sulla maggior parte degli indicatori definiti dall’Agenda Digitale Europea.

I problemi sono molti – ne parliamo spesso – e la mancanza di banda larga fissa di qualità adeguata è una croce che ci portiamo appresso e su cui azioni veramente risolutive (con l’urgenza che ci vorrebbe) ancora non si vedono.

Ma il problema principale, io credo, è quello culturale e politico. Finché il paese non avrà un adeguato sistema scolastico, finché le istituzioni non si porranno il problema dell’alfabetizzazione digitale come la lotta contro l’analfabetismo del nuovo millennio, finché non si promuoverà
l’utilizzo delle tecnologie come cosa “normale” per tutti, rimarremo un paese arretrato, dove solo la metà della popolazione usa internet regolarmente e con ragionevole competenza.

Finché nel paese le decisioni importanti continueranno a essere prese da chi, per età o per paura, continua a offrire soluzioni provando a interpretare un mondo che non c’è più, le cose non cambieranno. Se l’economia italiana non cresce da molto tempo, non sarà anche e soprattutto per questo?

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Alessandra Poggiani è Professore incaricato di Interfacce, Sistemi e Contenuti per le nuove tecnologie a La Sapienza di Roma e Visiting Professor di Economia Digitale alla Business School dell’Imperial College di Londra. Collabora alla cattedra di Marketing della Facoltà di Ingegneria Gestionaleall’Università Tor Vergata, con la Business School della LUISS e con il CATTID dell’Università La Sapienza. Ha ricoperto diversi ruoli dirigenziali nel settore pubblico e nel settore privato ed è ora Senior Advisor di società di consulenza nazionali e internazionali per attività di consulenza direzionale nei settori Enterprise 2.0, Customer Experience, Media Digitali e progettualità ICT per la Pubblica Amministrazione. Coordina il gruppo di lavoro sull’Agenda Digitale della Fondazione Glocus e partecipa attivamente alle attività del think-tank Vedrò sui temi dell’open government e dell’Agenda Digitale Europea.

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