Nel primo articolo di questa rubrica ho raccontato come i giudici potrebbero lavorare meglio con certi dati aperti. Stavolta vorrei allargare il discorso. Agli Italiani discutere e fornire giudizi competenti su qualsiasi argomento è sempre piaciuto parecchio (come a tutti gli altri popoli del resto) e da quando c’è Internet, o meglio Facebook, piace molto più di prima.
Che succederebbe se potessero farlo personalmente anche in veste di giudici? Non partendo da talk show più o meno polarizzati o da chiacchiere da bar ma, grazie alle tecnologie digitali, da casi e dati aperticoncreti? Come cambierebbe il loro rapporto con la Giustizia? Uno sguardo ad alcune recenti iniziative del Regno Unito può aiutarci a capirlo.
Open Justice, per capirci qualcosa della Giustizia
Il Governo britannico ha lanciato nel 2010 il portale Open Justice, per aiutare i suoi cittadini a “capirci qualcosa della Giustizia” (“Making Sense of Justice”). Il sito offre link a dati ufficiali (normalmente aperti), statistiche riassuntive e spiegazioni varie sul funzionamento della Giustizia. I visitatori possono, per esempio, scoprire quante e quali sentenze sono state emesse a partire dal 2005 dai tribunali più vicini a loro e confrontarle con quelle di altre parti del paese. Altre parti del sito parlano, sempre usando grafici e dati ufficiali, di temi come reati penali o miti da sfatare. In quelle pagine si trovano i tempi medi fra un certo tipo di crimine e la relativa sentenza, oppure spiegazioni su perchè certi tipi di pena sono molto più comuni di altri. Una sezione sui recidivi fornisce, fra l’altro, le probabilità zona per zona che un condannato per un certo crimine lo commetta di nuovo.
Tutti giudici!
A mio parere la parte più interessante di Open Justice non è questa (comunque da imitare), ma quella chiamata You Be The Judge (“Giudica TU!”). Dopo aver scelto una categoria di crimini
i visitatori assistono a un filmato, che riassume in pochi minuti i retroscena e andamento del vero processo per un vero, specifico crimine. Questo filmato ha diverse caratteristiche notevoli. Per cominciare, pur essendo una risorsa ufficiale è alla portata di tutti. Secondo alcuni miei conoscenti che conoscono bene l’inglese e si sono prestati a fare da cavie, si capisce tutto alla prima visione anche se non si è avvocati o madrelingua inglese, e scusate se è poco!
Questo è dovuto anche al fatto che il filmato è fatto su misura per spiegare come funziona davvero il sistema giudiziario, e nient’altro. La spettacolarizzazione, gli appesantimenti e tutte le altre “distrazioni” inevitabili nei talk show alla “Forum” sono assenti.
Se fosse tutto qui, “Giudica TU!” sarebbe solo un format interessante per la TV tradizionale. Il suo vero valore (oltre all’uso di dati aperti e ufficiali!) sta però nell’essere personale, interattivo, aperto e pure, scusate il termine, “social”. Essendo un sito Internet, chiunque può usare “Giudica TU!” (o tutto il resto di Open Justice) quando e quanto preferisce. Il materiale, grazie alla licenza e alla disponibilità del testo completo del video, E’ facilmente riutilizzabile e collegabile con altre fonti e banche dati ufficiali online.
Il filmato è diviso in fasi (retroscena, aggravanti e attenuanti, possibili condanne…) a cui si passa solo rispondendo a domande precise. Alcune sono comuni, a partire dalla prima, di cui riparlerà: “[In generale]
, come consideri le sentenze emesse dai Tribunali? Troppo tenere, troppo dure o giuste?”. In altre fasi del “processo”, invece, l’utente deve dichiarare se terrà conto o meno di precedenti e situazione personale dell’imputato. Dopo aver risposto si assiste a una breve spiegazione di come i giudici veri gestistono quelle stesse informazioni. Altre domande dipendono dalla categoria scelta. Nel caso di reati minorili, per esempio, occorre dichiarare quale si pensa che debba essere l’obiettivo del processo: punizione, riabilitazione o risarcimento?
Alla fine, ovviamente, si deve emettere la sentenza. Non a caso, ma scegliendo fra alcune opzioni precise, predefinite e realistiche, come “24 ore di servizi sociali più 75 sterline di risarcimento alla vittima”oppure “coprifuoco per 3 mesi più incontri settimanali con assistente sociale e presenza obbligatoria a scuola” per un minorenne (recidivo) che ha picchiato un coetaneo per rubargli soldi e telefonino. Solo dopo aver scelto
si scopre qual è stata la sentenza reale. L’aspetto “social” sta nel vedere quali sentenze hanno emesso tutti gli altri utenti del sito e nella possibilità di comunicare la propria via Twitter .
Potremmo farlo anche noi?
Il Governo britannico è il primo a dire esplicitamente che servizi come questi non bastano a rendere la Giustizia davvero trasparente. Secondo me iniziative come “Giudica TU!” hanno comunque un potenziale che non dovremmo trascurare, qui in Italia
Se “Giudica TU!” nella forma attuale ha un limite è che, per comprensibilissime ragioni di costi, ce n’è troppo poco: solo un video per ogni tipo di crimine. E’ difficile capire veramente come funziona un sistema da un solo esempio, per quanto semplice. Questo si potrebbe risolvere parzialmente indicendo, oltre a quelli per App che sfruttano Open Data, anche concorsi per attori dilettanti e/o studenti di Legge, premiando le ricostruzioni più esatte e verosimili. Dovremmo farlo? In un certo senso “Giudica TU!” non è altro che gamification, cioè la tendenza (moda?) attuale a trasformare tutto in gioco, sperando di raggiungere chi non si fa coinvolgere da altri canali e sistemi.
Se però interessa migliorare il rapporto fra cittadini e giustizia, rendendo più costruttivi ragionamenti e polemiche che avverrebbero comunque, spendendo il meno possibile, ecco qualche numero su cui riflettere:
- “Giudica TU!” ha avuto 67mila visitatori unici nel periodo esaminato. Pochissimi, certo, ma sempre molti di più del resto di Open Justice (2). In un paese poco “digitale” e poco amante della lettura come l’Italia il rapporto sarebbe senz’altro peggiore, e iniziative diverse ancora meno efficaci
- Due terzi dei visitatori inizialmente convinti che “i Tribunali sono troppo teneri” si sono corretti dopo il “processo”, dichiarando che “nel complesso, le sentenze sono eque”
Forse un “Giudica TU!” nostrano potrebbe fare parecchio, con rapporti costi/benefici migliori di altre iniziative più “noiose”, per diffondere una corretta cultura giuridica di base nel nostro Paese. Forse potrebbe fare anche prevenzione. Per usare un “Giudica TU!” su CD interattivo, con licenza aperta, non serve mica la banda larga: promuoverne l’uso nelle scuole potrebbe anche ridurre un pochettino, perchè no, i numeri di alcune categorie di reati.
Forse potrebbe ridurre un pochettino anche lo stress degli avvocati. Quanti di loro non hanno pensato, almeno una volta, “ah, se qualcuno avesse già spiegato a questo cliente cosa significano davvero certe parole, e come funziona **davvero* un procedimento…”?
Facebook Comments