Yokohama fa scoppiare la guerra con un tweet

Efficienza giapponese: salvarsi in bozze un tweet già pronto nel caso in cui la Corea del Nord lanci un missile verso la Corea del Sud/Guam/gli Stati Uniti. Epicfail: pubblicare per errore il suddetto tweet sull’account ufficiale dell’unità di crisi della città di Yokohama, scatenando tra gli oltre quarantamila follower un filo di preoccupazione per quello che sembrava lo scoppio della terza guerra mondiale.

È successo veramente, mercoledì mattina: mentre noi in Italia dormivamo sonni tranquilli, a Yokohama erano le otto e gli abitanti si preparavano a sentire il presunto boato di un altrettanto presunto missile lanciato da Pyongyang direttamente sul Giappone. Un messaggio lapidario: “La Corea del nord ha lanciato un missile” – con tanto di spazi bianchi, suggerisce Mashable, per inserire ulteriori dettagli nel caso di un reale attacco missilistico ordinato da Kim Jong-un.

E non se ne sono accorti da soli, no, ha dovuto telefonargli un utente: “Abbiamo ricevuto una telefonata da parte di uno dei nostri follower che aveva notato l’errore” – ha dichiarato un portavoce dell’amministrazione della città. Probabilmente l’acuto follower se ne sarà accorto perché, guardando fuori dalla finestra, non ha notato nessun segno dell’apocalisse.

Comunque, dopo una ventina di minuti il tweet incriminato era già sparito. Al suo posto, un ginguettio di scuse che rimanda direttamente a un comunicato stampa pubblicato sul sito della città di Yokohama:

Yokohama

[Una traduzione piuttosto approssimativa fatta con Google Translate ci permette di capire il senso del tweet che, più o meno, dice: “Una ventina di minuti fa abbiamo pubblicato per sbaglio un tweet contenente informazioni sul lancio di missili dalla Corea del Sud. Abbiamo pubblicato le scuse sulla home page della città di Yokohama”.]

Nel comunicato, tra un profluvio di scuse, si legge che il tweet era stato preparato in precedenza per informare tempestivamente tutti i cittadini nel caso in cui da Pyongyang fosse partito realmente un attacco, ma che “il meccanismo” che gestisce le bozze “si è inceppato per un motivo sconosciuto” e quindi l’unica cosa che è partita veramente è stato quel tweet. Per errore.

Personalmente mi sono fatta un’idea: quel diabolico pulsante “Invia tutto” che si trova nella sezione “bozze” dell’applicazione di Twitter per smartphone. Essendomi trovata più volte a un secondo dal dramma di inviare per errore, tutti in una volta, decine di bozze di tweet sconclusionati e inutili, mi sentirei di sostenere questa ipotesi.

Solo che io non gestisco l’account dell’unità di crisi di una città da tre milioni di persone, e tra le mie bozze non c’era certo un tweet che annunciava l’inizio della guerra termonucleare globale.

Capisco che la necessità di diffondere tempestivamente una notizia tanto grave possa far sorgere in un admin la voglia di “portarsi avanti con il lavoro” e di mettere in bozze in tweet del genere, ma il problema è che i social media non funzionano come i piani di emergenza: analogamente ai tweet programmati, preventivare qualcosa rappresenta un potenziale rischio di figuraccia perché non si possono fare tante simulazioni o previsioni. Soprattutto, non si può prevedere un imprevisto tecnico o, più probabilmente, un momento di distrazione.

Un tweet non è un coccodrillo lasciato nelle bozze di una grande testata pronto per essere tirato fuori al momento più opportuno: sono 140 caratteri. Oltretutto pare che il tweet non contenesse link a piani di evacuazione o altri contenuti utili alla popolazione per mettersi in salvo “nel caso che”. Quindi, magari, non sarebbero stati quei pochi secondi passati a digitare una frase già concordata che avrebbero salvato il mondo.

Nonostante queste siano considerazioni da utente che non è mai entrata in un’unità di crisi, l’idea è che a Yokohama abbiano ragionato un po’ per “compartimenti stagni”, applicando pedissequamente le procedure “antipanico” tipiche delle catastrofi, come l’agire in fretta e seguendo piani già programmati e testati. Con l’unico risultato di aver rimediato una figuraccia.

Lesson Learned: Non sempre è una buona idea applicare ai social media le stesse procedure che siamo abituati a usare in altri ambiti. Meglio cercare di capire fin da subito quali sono le procedure migliori per gestire al meglio ogni strumento.

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