Taco Bell, Facebook e lo scandalo delle tortillas leccate

Vi è mai capitato di fare un incubo in cui sognate ossessivamente lo stesso oggetto, che si moltiplica sempre di più fino a sopraffarvi e a farvi svegliare di soprassalto? È successo anche al social media manager della pagina Facebook di Taco Bell ma, purtroppo, non si trattava di un sogno.

Il 2 giugno scorso sul web prende a circolare una foto decisamente inquietante, che mostra un addetto alle cucine di un non meglio precisato ristorante Taco Bell intento a leccare una pila di tortillas croccanti, apparentemente pronte per essere riempite.

La foto, che non rivela né il nome del ragazzo né dove sia stata scattata, è però inequivocabile, ed pare essere stata scattata all’interno di un ristorante della catena:

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Il sospetto è dei più disgustosi: cosa succede nelle cucine di Taco Bell mentre noi aspettiamo di gustare i nostri saporitissimi tacos? I dipendenti fanno davvero queste schifezze ai danni dei clienti? In men che non si dica la foto diventa virale e tutti cominciano a pubblicarla sulla pagina Facebook di Taco Bell, che in capo a poche ore diventa così:

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L’intera pagina si trasforma in una parata infinita della stessa foto, accompagnata dai commenti dei clienti indignati che, nella migliore delle ipotesi, annunciano che non entreranno mai più da Taco Bell (e come dar loro torto!)

A questo punto i vertici della catena decidono che è arrivato il momento di fare qualcosa: il potenziale danno di immagine è enorme, e una simile foto è tecnicamente in grado di far finire in guai seri non solo il dipendente del singolo punto vendita ma anche l’azienda intera, visto che, nel frattempo, la cosa comincia anche ad attirare l’attenzione dei media.

Così, cosa fa Taco Bell? Pubblica un comunicato stampa sul proprio sito ufficiale, spiegando che i vertici sono riusciti a risalire al ristorante in cui è stata scattata la foto e che hanno appurato che quelle tortillas non erano destinate alla vendita, ma usate dai dipendenti per esercitarsi in vista del lancio di un nuovo prodotto. Inoltre, si ribadisce che che Taco Bell ha delle regole molto rigide per quanto riguarda l’igiene e la conservazione del cibo, che la sicurezza dei clienti e dello staff è una priorità assoluta dell’azienda, che anche se quelle tortillas erano destinate all’immondizia il comportamento del giovane dipendente è intollerabile e verrà sanzionato, e via col solito blablabla di rito.

Come fa notare Melissa Agnes nella sua bella analisi, si tratta di una risposta tecnicamente ineccepibile. Peccato solo che sia stata messa nel posto sbagliato. Su Facebook sta succedendo il finimondo e tu pubblichi una smentita sul tuo sito, che in quel momento nessuno sta leggendo? Per carità, una risposta sul sito ufficiale era doverosa, ma andava pubblicata anche e soprattutto sui social, il luogo dove stava effettivamente avvenendo la crisi.

Invece, il social media manager è stato lasciato solo a rispondere individualmente a ogni singolo utente che pubblicava sulla pagina la foto incriminata e, considerato il numero di volte che questo è successo, il compito equivaleva più o meno a svuotare il mare con il classico cucchiaio bucato. Un vero incubo: probabilmente starà sognando ancora oggi milioni di tortillas e miliardi di lingue assassine.

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Il giorno seguente, il 3 giugno, viene pubblicato un nuovo comunicato stampa più esteso, nel quale si ripercorre l’intera faccenda, spiegando che per nessuna ragione quei tacos insalivati sarebbero mai finiti nelle fauci di un cliente, e che quella foto era solo un scherzo di cattivo gusto. L’autore della leccata, spiega ancora il comunicato, è stato licenziato insieme al collega che gli ha scattato la foto.

Bene. A questo punto possiamo tirar tutti un sospiro di sollievo e dichiarare chiuso l’incidente? Ovviamente no, perché ancora una volta il comunicato è stato pubblicato sul sito e non sui social dove, infatti, la foto continuava a essere pubblicata un ritmo incessante. (E intanto il social media manager continuava a rispondere, probabilmente con la stessa faccia di Charlie Chaplin nella famosa scena della chiave inglese in Tempi Moderni).

Per carità, rispondere singolarmente a ogni commento fa sentire l’utente importante e gli dà la sensazione di essere “veramente ascoltato”. Ma, ahimè, questa strategia comunicativa non paga se l’obiettivo che si vuole raggiungere è mettere fine a delle voci pericolose che girano sul conto di un’azienda. Quel comunicato stampa, per essere veramente efficace, sarebbe dovuto essere pubblicato più volte, a intervalli regolari, sulla pagina Facebook e su tutti gli altri profili social di Taco Bell, in modo che tutti ne fossero a conoscenza una volta capitati sulla pagina, facendo risparmiare a tutti (e soprattutto al social media manager) tanto tempo e fatica.

Va anche detto che la stragrande maggioranza degli utenti che ha pubblicato la foto sulla pagina di Taco Bell probabilmente ha voluto un po’ infierire, partecipando a quello che ormai era diventato “il giochino del giorno”, soprattutto quando è stato chiaro che il social media manager avrebbe risposto singolarmente a ogni commento pubblicato. E a questo proposito all’admin della pagina Facebook di Taco Bell va reso l’onore delle armi: non ha mai cancellato neanche una foto, ben consapevole che se lo avesse fatto avrebbe soltanto peggiorato le cose. Chapeau, Taco Bell, spero che il tuo social media manager abbia ricevuto un bonus sostanzioso come i tuoi tacos.

 Lesson Learned: Quando devi fronteggiare una crisi sui social media, abbi cura di fornire la risposta giusta nel posto giusto.

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2 COMMENTS

  1. Il social media manager è stato ufficialmente encomiato sul sito ufficiale, e ha ricevuto in regalo un vitalizio di tortillas croccanti leccate.

  2. la ristorazione è un lavoro serio e responsabile certe persone non possono farlo le grandi catene badano solo al risparmio no al prodotto e alla qualità del personale per qui va bene cosi è chi lo assunto che deve pagare

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