Il dubbio, l’opzione alla quale ogni PR online si trova, più prima che poi, a dover rispondere è: con quale profilo interagisco con i miei interlocutori? Il mio personale, quello dell’azienda, un secondo profilo personale ma “professionale”? Su questo aspetto ci sono dibattiti aperti ma la soluzione, a mio parere è unica: la relazione online è personale ed è quindi necessario gestirla attraverso il proprio profilo personale.
Quando si entra in contatto con una community, con gli opinion leaders=influencers di questa e con gli utenti si entra in contatto con persone, non con imponderabili profili societari o di brand. Tutto il processo di accettazione a cui il PR si deve sottoporre per entrare in relazione con i propri interlocutori non può essere gestito dietro lo schermo di un’identità aziendale. E’ proprio l’avverbio “dietro” che ne spiega il motivo: l’identità aziendale viene percepita come uno schermo impersonale che “raffredda” la relazione e la falsa.
Viceversa, quando è l’utente a rivolgersi, sulle pagine ufficiali di un’azienda o un brand, all’azienda stessa, allora lì è possibile e in molti casi auspicabile che sia l’identità ufficiale a rispondere e a interagire. Questo perché chi agisce su un luogo Web ufficiale, si aspetta evidentemente di interagire a livello ufficiale. L’attività del PR è diversa. E’ lui che va “a casa degli altri”, che si presenta e cerca di farsi accettare ed è quindi necessario che lo faccia personalmente, in maniera trasparente e onesta. A proposito di trasparenza, è contestualmente necessario che sia ben chiaro ed evidente quale sia il ruolo e a che azienda appartenga il PR. Nessuno occultamento e nessun tentativo di farsi passare per amici, senza legami aziendali, per poi propinare un’informazione push dell’azienda stessa. Quando si entra in una community tutti devono sapere di avere a che fare con il PR della tale azienda, salvo poi imparare ad accettarlo per il valore che questo è in grado di portare. Attraverso questa dinamica anche il brand troverà un’accettazione in quella community, proprio attraverso il ruolo e la persona del suo PR.
Infine gli aspetti legati alla privacy. Agire con il proprio profilo personale, poniamo quello di Facebook, crea inevitabilmente cortocircuiti fra la sfera personale e quella professionale. In buona sostanza che si fa, si pubblica la foto della serata divertente con gli amici o no? Oppure quella goliardica e un po’ imbarazzante delle vacanze? Sul Web chi accetta la nostra amicizia e, più in generale, entra in relazione con altri, lo fa condividendo anche parti importanti della propria vita privata. E’ buona regola, per reciprocità, che anche il PR si comporti in questo modo. Condividere parte del proprio privato non potrà che essere percepito come un atto di fiducia e genuinità da parte degli interlocutori. Poi, sarà sufficiente settare i livelli di privacy per rendere disponibili alcuni contenuti, i più personali, per esempio, solo con una ristretta cerchia di persone, lasciando gli altri fruibili a tutti.
Tutto questo senza dimenticare che per chi sta sulla Rete professionalmente (ma vale per chiunque) ogni post, ogni commento, ogni immagine condivisa, ogni “mi piace” contribuiscono a definire la propria identità online e hanno riflessi sul brand che si rappresenta. In buona sostanza, i PR online hanno, inevitabilmente, una sfera privata sul Web, ancor più ristretta degli altri utenti.
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