1,2,3 Telecom

La vicenda Telecom Italia è diventata un caso nazionale sul quale si sono espressi praticamente tutti. Vale quindi probabilmente la pena di limitarsi a chiarire alcuni punti dirimenti.

L’oggetto del contendere è molto semplice: gli azionisti italiani di Telco (che controlla Telecom Italia) hanno deciso di esercitare il diritto di cessione delle proprie quote e Telefonica (società spagnola, partner di minoranza) ha annunciato di voler subentrare, prima rilevando azioni senza diritto di voto, per poi poterle convertire in azioni con diritto di voto e quindi assumere il controllo. Il meccanismo è piuttosto complesso (condizionato anche alle posizioni Antritrust in Brasile e Argentina), ma la sostanza è questa. Vale poi la pena di ricordare come Telco controlli il 22,39% di Telecom Italia, mentre la parte rimanente è in mano agli azionisti di “minoranza” (il bello della finanza).

telecom-largePrivatizzazione.  Sono più o meno tutti d’accordo nel considerare la storia della privatizzazione di Telecom Italia un sostanziale fallimento, che ha portato ad un elevatissimo indebitamento, frutto di numerosi passaggi di mano finanziati di fatto dalla stessa società (sic). Oggi il livello di debito e le prospettive economico-finanziarie della società stanno portando ad un downgrade, con ulteriori aggravi sui costi, che rendono sostanzialmente necessaria una ricapitalizzazione, anche per dare nuovo impulso agli investimenti, condizione per rilanciare la crescita. I casi ENI e ENEL dimostrano come liberalizzazione e privatizzazione possano essere gestiti in modo più lungimirante (nel medio e lungo periodo) procedendo per fasi successive, ma ormai è tardi…

Italianità. L’arrivo di un soggetto straniero non è di per sé un problema. Anche il tanto decantato problema della sicurezza nazionale è molto probabilmente anacronistico e, addirittura, irrilevante se l’operazione si limita alla rete di accesso fissa. L’obiettivo strategico per il Paese deve essere quello di avere azionisti in grado di sostenere gli investimenti e di garantire lo sviluppo, sia all’Italia che all’estero, perché oggi la crescita non può che avvenire attraverso la presenza sui mercati più dinamici.

Telefonica. L’interesse di Telefonica è primariamente per il Sud America (Brasile e Argentina), area in forte crescita, dove è però diretta concorrente di Telecom Italia. Assumere il controllo di Telecom Italia porterà con ogni probabilità a dover cedere le attività in tali aree, con la ripartizione delle attività tra gli  attori locali (tra cui Telefonica). L’Italia presenta, invece, tutte le criticità di un mercato che non cresce, con forte concorrenza e sul quale si devono realizzare pesanti investimenti.

L’intervento pubblico. La golden power e l’innalzamento della soglia per l’offerta pubblica d’acquisto sono false soluzioni che la politica pensa di poter adottare.  La seconda ha delle potenziali ripercussioni critiche sull’attrattività dell’Italia e lo stesso vice Ministro Catricalà dubita della sua efficacia. La prima è in corso estensione alle telecomunicazioni, ma si presta bene ad un contesto di società a controllo pubblico, mentre non appare di facile attuazione per un soggetto totalmente privato. Allo stesso modo, l’imposizione di una separazione societaria della rete fissa per favorire poi l’ingresso di un soggetto pubblico (fino a prenderne il controllo) è un obiettivo che può essere strategicamente condivisibile, ma presenta dei profili regolamentari complessi. La normativa europea prevede la possibilità che l’Autorità di settore imponga come rimedio regolamentare la separazione funzionale al fine di garantire l’equivalence of input, ma da qui a passare all’attuazione del progetto di scorporo ex lege

Il futuro. Il risveglio della politica (bipartisan) sembra puntare a replicare un modello utilizzato in altre grandi infrastrutture (elettricità, gas), vale a dire la separazione tra la società di rete e quella di servizio. A questo punto è la soluzione che si rivela probabilmente la migliore, ma la modalità di attuazione richiede tempi lunghi (2 anni almeno) e un processo negoziale complesso, oltre che risorse adeguate. Non risolve comunque l’altro aspetto che è quello della valorizzazione del patrimonio di competenze e professionalità di Telecom Italia che rischia di diventare un doppione, almeno in parte, di quanto è presente in Telefonica. Quest’ultima sta chiaramente cercando una way out dignitosa dal pantano italiano e coglierà ogni opportunità utile per valorizzare il proprio investimento in Telecom Italia, secondo regole puramente di mercato.

A piccoli passi verso un futuro incerto.

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