Barca sui Fondi Ue 2014-2020: “L’Italia può farcela”

L’ex ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, si mostra fiducioso riguardo la questione Fondi Ue 2014-2020, affermando che per l’Italia è ancora possibile spendere tutti quelli ancora a disposizione nella programmazione 2007-2013. Lo ha detto l’ex ministro per la Coesione territoriale, nel corso dell’evento sui fondi Ue organizzato venerdì a Roma da FASI.biz.

Questa programmazione è stata gestita malissimo” spiega Barca. “L’Italia ha sempre speso molto in ritardo i suoi fondi e ha sempre saputo spendere negli ultimi due anni una cifra che assomigliava molto al 50% che ci serve ora. Ma, soprattutto, l’Italia non ha mai perso fondi comunitari e ha meno irregolarità nella gestione dei fondi Ue di altri paesi come l’Olanda o la Gran Bretagna”.

Parlando della nuova programmazione, invece, l’ex ministro sottolinea l’inutilità delle indicazioni generiche, affermando che “è inutile preparare programmi operativi con enunciazioni di principio, servono liste di azioni. Se non ci sono, i documenti non possono neppure partire per Bruxelles”. Per quanto riguarda, invece, le novità della programmazione 2014-2020 Barca si sofferma su un cambiamento che lui stesso definisce come presidio dell’attuazione affermando che “l’Italia deve rimediare al suo storico deficit e di ritenere esaurito il suo compito nel momento in cui ha fatto una norma o ha finanziato un progetto. A questo servirà l’Agenzia per l’attuazione, che restituisce al centro la capacità di presidiare i processi di attuazione, in chiave assolutamente federalista”. Infine affronta il tema dell’apertura: “Tutte le informazioni sullo stato di attuazione delle opere devono essere note. Penso al lavoro che abbiamo fatto con il sito Open coesione, che viene aggiornato ogni tre mesi e che ancora adesso costituisce un modello per tutta Europa”.

Il presidente del Warrant Group, Fiorenzo Bellelli, però, ricorda come i numeri siano tutti a sfavore dell’Italia sottolineando che solo l’1,26% del Pil del paese venga speso in ricerca e sviluppo e come l’Italia sia al penultimo posto, prima solo della Grecia. Secondo Bellelli, quindi, l’Italia non sarebbe in grado di spendere in modo adeguato i fondi UE: “Diamo più soldi di quelli che riusciamo a utilizzare, gli altri paesi di fatto fanno ricerca con i nostri soldi”.

La speranza è che non si debba contare solo su fondi europei ma anche su quelli provenienti dal nostro stesso paese.  “Nel decreto fare due – prosegue Bellelli – è stata inserita una norma che prevede la messa a regime del credito di imposta. Ogni anno lo Stato metterebbe a disposizione di questa voce 200 milioni di euro in maniera strutturale. Speriamo che venga confermata, perché sarebbe finalmente la fine di un periodo nel quale era impossibile fare programmazione contando su questa agevolazione”.

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