Londra e la sentenza Duggan, Twitter e il “Poliziotto dell’Anno”

Esattamente due anni fa, Volkswagen UK faceva gli auguri di buon anno a tutti i suoi fan su Facebook chiedendo loro cosa avrebbe potuto fare l’azienda per renderli felici. La trovata del social media manager, apparentemente innocua, scatenò un piccolo terremoto di commenti. Soltanto qualche tempo prima, infatti, Greenpeace aveva “dedicato” una campagna al colosso automobilistico tedesco, accusandolo di fare ostruzionismo contro l’approvazione di alcune leggi europee sul clima e sulla regolamentazione delle emissioni di Co2. Così, quando Volkswagen chiese ai propri fan di “dire quale desiderio avrebbero voluto vedere realizzato dall’azienda nel  corso dell’anno appena iniziato”, questi risposero in massa con cose come “smette di inquinare” o “date il buon esempio e fate approvare quelle leggi sul clima”. Non una mossa eccezionale da parte di Volkswagen, che non si era troppo preoccupata di sondare il sentiment generale degli utenti attorno al proprio brand prima di coinvolgerli in una discussione sui social media.

Ebbene, la faccenda si è ripetuta di nuovo qualche giorno fa. Ma a cadere nella trappola dello “stimolare-l’engagement-senza-curarmi-di-cosa-mi-sta-succedendo-intorno” è stato il Metropolitan Police Service di Londra, il corrispettivo britannico della nostra Polizia Municipale, che opera specificatamente a Londra e nella sua area metropolitana.

Succede che, l’8 di gennaio, mercoledì, dall’account Twitter del Met arriva questo:

PolikeUk

[Ancora cinque giorni per votare l’atto più coraggioso compiuto dalla polizia nel 2013. Votate il vostro preferito]

Il tweet fa riferimento a un’iniziativa del Met: una specie di concorso che premia i poliziotti che si sono distinti per coraggio, scaltrezza ed eroismo nelle varie operazioni condotte a Londra e dintorni durante l’anno appena trascorso.

Il tweet del Met, però, è stato sommerso da risposte polemiche. Purtroppo infatti, l’invito a votare l’azione di polizia più coraggiosa dell’anno è stato infilato quasi chirurgicamente nel bel mezzo di un importante fatto di cronaca: l’attesa del verdetto dei giudici sulla morte di Mark Duggan, avvenuta dell’agosto del 2011 per mano di alcuni agenti della polizia di Londra che lo avevano fermato perché sospettato di essere in possesso di un’arma e di fare parte di una banda criminale. Davanti al tentativo di fuga del giovane la polizia aveva fatto fuoco, uccidendolo. L’uccisione di Duggan è stata la scintilla che, pochi giorni più tardi, fece scattare i “riots” di Londra: una serie di rivolte, saccheggi e atti di vandalismo che per una settimana misero in ginocchio la capitale britannica, le cui immagini fecero il giro del mondo.

Dopo un lungo processo, il 9 gennaio la Corte è stata chiamata a decidere sulla legittimità del gesto degli agenti – i cui nomi tra l’altro non sono mai stati rivelati – e, di conseguenza, sulla loro colpevolezza o meno riguardo alla morte del giovane.

Per molti, tuttavia, la morte di Mark Duggan, che all’epoca dei fatti aveva soltanto 29 anni, è considerata come un atto illegittimo: per mesi gli inquirenti hanno cercato di stabilire se, al momento del tentato fermo da parte della polizia, il giovane fosse realmente armato. E come sempre in questi casi, l’opinione pubblica si divide dando luogo a un acceso dibattito: un dibattito che, com’era prevedibile, si è scatenato anche dopo il tweet del Met, corroborato anche dal fatto che l’attesa della sentenza ha riacceso i riflettori sull’intera vicenda.

Quindi, ricapitolando: l’opinione pubblica dibatte sulla legittimità dell’uccisione di un uomo da parte della polizia – una morte che, tra le altre cose ha avuto pesanti conseguenze su tutta la città – e quella stessa polizia tira in ballo un concorso per il poliziotto dell’anno. 

E, infatti, le reazioni non si sono fatte attendere:

Poliuek

[“Cosa dite a proposito dell’uccidere un uomo disarmato? Mi vergogno di vivere in questo paese se voi siete quelli che dovrebbero proteggerci” – “Immagino che ci voglia un certo coraggio ad andare al lavoro ogni giorno sapendo che c’è un killer anonimo tra di voi” – “@metpoliceuk non pensate che questo arrivi con un pessimo tempismo?”]

Con questo non si vuole dire che la Polizia di Londra avrebbe dovuto rinunciare al suo concorso ma che, piuttosto, avrebbe dovuto evitare di sponsorizzarlo alla vigilia di una sentenza su un caso tanto delicato.

Chi ha scritto quel tweet ha commesso la leggerezza di considerare le conversazioni che avvengono sul web come compartimenti stagni, senza curarsi di quanto viene detto altrove e, soprattutto di quello che succede altrove. E, cosa ancora più pericolosa, senza preoccuparsi del “clima” che gira attorno al brand, sia esso un’azienda o un corpo di polizia. Pensare che nessuno avrebbe fatto il collegamento tra il “poliziotto dell’anno” e l’uccisione di Mark Duggan a meno di ventiquattr’ore ore dalla sentenza è stata un’ingenuità che gli utenti hanno subito fatto notare con il consueto sarcasmo.

Le reazioni degli utenti al tweet del Met sarebbero state diverse se la sentenza Duggan fosse stata cronologicamente più lontana e, quindi, un tema meno caldo? Forse. O forse no. Perché un tema tanto delicato lascia sempre qualche nervo scoperto: e la Rete ha la memoria lunga.

Lesson Learned: Mai fingere che quello che ti circonda non ti riguardi. Specialmente se ti riguarda davvero. 

 

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