In tempi di crisi si cercano nuove risposte e spesso alcune arrivano. Da ormai troppi anni il sistema capitalistico mondiale sta cercando una via d’uscita, o forse solo un buon diversivo, dalle strettoie che lo stesso sistema ha naturalmente creato. Molta della discussione sul Social Business si inserisce spesso proprio in questo spazio, enorme ed incolmabile, generato dall’insoddisfazione e dalla speranza di molti dei protagonisti della nostra storia.
Una storia che vede protagonisti non solo economisti ed imprenditori, ovviamente, ma anche ogni persona che entra nello spazio economico, che vive mangiando, consumando producendo, creando rifiuti e cercando soluzioni per avere un futuro migliore. Proprio tutti noi, in modi diversi ci poniamo come tanti stakeholder più o meno consapevoli di un dibattito infinito su quale sarà il nuovo modello economico che sostituirà quello che vediamo perdere qualche colpo ormai da anni. “compro l’insalata a KM0?” “dove viene prodotto questo giocattolo che sto comprando per mio figlio?” “il mio comune mi sta chiedendo di partecipare alla costruzione del proprio bilancio” sono piccole domande alle quali rispondiamo ed apriamo una finestra verso un qualcosa che ancora non riesce ad essere sistematizzato.
Quando il Social Business iniziò ad entrare nella dialettica quotidiana, sia nella versione yunusiana, sia nelle varianti più o meno business ha cercato di rispondere ad alcune dell’inquietudini sollevate dalla crisi del modello economico, ma quanto la Filantropia potrà essere “competitiva” con l’impresa tradizionale? Vuole veramente esserlo? L’alta redditività sociale di un investimento può combinarsi con un ritorno economico concreto? La partecipazione di soggetti diversi alla creazione del business può essere la chiave di volta per una crescita realmente sostenibile?
Provando ad aprire un dibattitto proponiamo una decina (o poco più) di parole con le quali provare a comporre un discorso più o meno strutturato ma speriamo utile per osservare il contemporaneo con qualche elemento in più.
- Social Design
Progettare e programmare sono le uniche risposte possibili alla moda del “siamo in emergenza”. Pensare al futuro con una visione permette finalmente di proporre progetti e programmi che sappiano avere il coraggio di coniugare la redditività sociale ed il profitto economico. - CSR 2.0
La Corporate Social Responsability è oggi uno dei temi più affrontati in campo aziendale ma spesso viene inserita in politiche di comunicazione esterna, brand positioning, politiche di rafforzamento identitario nei confronti degli stakeholder. Cosa succederebbe se la CSR si sposasse con il core business? Se l’agire responsabilmente fosse geneticamente incorporato nei processi produttivi di una impresa, nella sua capacità di aprire mercati, attrarre nuovi clienti, etc.. - Sostenibilità
Ambientale (ne parliamo da tempo), Sociale (meno nota), Economica (senza questa non si sopravvive). La sfida è quella di far dialogare i tre aspetti della sostenibilità in maniera non antitetica e perfettamente parallela, solo in questo modo potremmo pensare ad una ipotetica via alternativa per i modelli aziendali. - Decelerare
Ovviamente non siamo i primi a parlare di andare più piano. La critica del capitalismo contemporaneo spesso viene mossa propria sulla tempistica disumana che impone, ma il nostro decelerare a poco a che vedere con questa rigurgito anticapitalista. Decelerare significa solo scegliere la velocità sostenibile per ogni soggetto, significa conoscere o magari riconoscere le proprie possibilità e crescere sostenibilmente. Sembra qualcosa di già sentito? Proviamo a realizzarlo perché a noi sembra qualcosa di poco visto. - Internazionalizzare
Scegliere nuovi mercati per essere più capaci di posizionare il proprio prodotto al meglio. Investimenti ad alta redditività sociale permettono di arrivare in un mercato conoscendolo dal basso, acquisendo informazione di difficile reperimento ed innalzare il tasso di riuscita della propria internazionalizzazione rendendola sostenibile ed accettata da molti degli stakeholder coinvolti. - Innovazione Sociale
Spesso si pensa alla Social Innovation come un effetto dello sviluppo della tecnologia applicata al sociale. Proponiamo di tornare a riflettere sul rapporto indissolubile tra tecnica e tecnologia. Innovazione sociale diventa quindi il modo di pensare diversamente i problemi, trovare sempre più il necessario rapporto tra pubblico e privato ed ovviamente dare risposte più efficienti ed efficaci possibili. - Efficienza Sociale
Renderla effettiva e magari misurabile. L’efficienza sociale pone al progetto la domanda di come sia sempre più necessario valutare la qualità. - Knowledge experience
Domare il Giano brifonte della Teoria e Prassi. La sfida che lanciamo al fine di fare della conoscenza un’esperienza condivisibile. Il social Business non può prescindere dal trovare un luogo dove le categorie interpretative di mondi diversi possano trovare uno spazio di incontro. - Sussidiarietà
Ormai entrata a far parte del nostro immaginario collettivo il termine sembra aver perso molto del suo contenuto filosofico. Osservando sotto la prospettiva della relazione pubblico-privato la sussidiarietà diviene la possibilità di realizzare progetti altamente legati ai bisogni reali e rispondenti ad obiettivi reali. Quale miglior presupposto per un social business plan? - Città
Il luogo che sempre più diventerà centrale rispetto alla geografia umana dei prossimi cinquanta anni. Vagamenti contrari alle pulsioni premoderniste e bucoliche che stanno tornando di moda (ma forse mai tramontate) siamo sicuri che il Social Business possa essere un prodotto tipico dei network che si creano nelle grandi metropoli contemporanee… e poco più!
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