Con la cultura non si mangia. Se la fai male.

«Eh be’ certo, la promozione culturale è sempre difficile. Sul web, poi, non ne parliamo. Ma hai presente che pubblico di buzzurri tremendi si trovano sui vari social? Un disastro, una iattura! Gente che scrive giusto perché gli hanno messo una tastiera sotto il polpastrelli, ma completamente analfabeta, capace solo di insultare e brontolare. Gente così, che poi è il livello medio dell’Italia, cosa vuoi che legga o che vada agli spettacoli? E poi il web, sarà mica cultura, quella! Tutta roba appiccicaticcia, il taglia-incolla di Wikipedia, che squallore, che tristezza.  Insomma, la promozione culturale, sul web, è inutile. Giusto mettere due link, spammare in giro un po’ di inviti su Facebook. Tanto in Italia il pubblico non c’è, è noto. Lo diceva anche Tremonti, che lo hanno tanto bersagliato, ma poi era l’unico che aveva il coraggio di dire la verità: con la cultura non si mangia!»

culturaTu lo guardi, e lo lasci parlare, e pensi che ai suoi spettacoli, incontri, seminari, festival ti sei sempre ben guardata dall’andare, anche prima che inventassero il web. Per il semplice motivo che erano e sono tutt’ora orribili, mal organizzati, un caos senza senso, con lui che propone film, spettacoli teatrali, reading di autori che farebbero scappare il più accanito fan per quanto sono noiosi, inutili, irritanti. Con lui che si crede un grande intellettuale e organizzatore culturale, ma in realtà sembra un Gep Gambardella di quinta categoria, attorniato da attrici intronate che danno testate a caso sui muri per fare “avanguardia”.

Eh sì, l’ho sentito tante di quelle volte tuonare contro il pubblico che non capisce, e la promozione culturale che è mero marketing, giusto in grado di far vendere il Fabio Volo di turno. Ma ce ne avesse uno di Fabio Volo da proporre, anche, eh. E invece no, una pletora di scrittori illeggibili ma montatissimi come se fossero Dante Alighieri, attori con fastidioso birignao da teatrino di provincia ma convinti di meritare il Donatello e l’Oscar per ogni verso storpiato, conferenzieri incomprensibili, tutti messi insieme in eventi pasticciati. Poi si lamenta che la gente non viene ai suoi festival perché la gente è scema, è ignorante, non è all’altezza, sta sul web a guardare i video scemi di Youtube. Gli venisse mai in mente che a non essere all’altezza è lui.

Perché, caro amico, se pensi di calamitare le grandi folle con queste cose raccogliticce, tirate su alla bell’e meglio, e promuoverle a furia di mail inviate agli amici e spam selvaggio su Facebook, dimentichi una cosa fondamentale. La cultura, e non è cattiveria dirlo, è un prodotto. Come tale va trattata, ma nel senso alto del termine: per il proprio prodotto, sia ne farlo che nel promuoverlo, ci vuole il massimo rispetto. Se il prodotto, culturale o no, che proponi è buono, il pubblico lo trovi. Se il tuo prodotto è una ciofeca, il pubblico non viene. E non perché è ignorante, o non all’altezza. Perché è pubblico pagante, e quindi pretende, in cambio dei suoi soldi, una certa qualità. Sennò puoi spammare a morte su Facebook venti volte al giorno, organizzare conferenze stampa, volantinare mezza Europa: ma alla fine ti troverai con di fronte quattro gatti, gli amici degli amici che sono precettati a venire. E le grandi masse che tu cerchi, andranno altrove. No, non al centro commerciale perché sono stupide e ignoranti, e intronate dal web. Andranno a teatro, o al museo, o a sentire una conferenza culturale. Ma fatta bene, non come quelle che proponi tu.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here