Scuola digitale? Solo se c’è la prof. 2.0! Intervista a Chiara Spalatro

Chiara Spalatro
Chiara Spalatro insegna lettere nella scuola secondaria di primo grado “Alighieri-Spalatro” di Vieste ed è co-amministratrice della pagina Facebook Insegnanti 2.0

Chiara Spalatro è quella che si definisce una prof 2.0, una che fa il suo lavoro con passione ed entusiasmo portando l’innovazione in classe e non lasciandola parcheggiata dentro una LIM. Fin dai tempi delle elementari Chiara scriveva nei temi che da grande avrebbe voluto fare la maestra. Non una qualunque, una che considera questo un lavoro di grandissima responsabilità da fare con coscienza. “L’impegno è notevole – afferma Chiara – e va ben oltre le 18 ore di lezione settimanali, soprattutto se si decide di adottare nuove metodologie didattiche con l’integrazione delle tecnologie. La sperimentazione porta via tempo e non dà sempre i risultati sperati. Ma l’innovatore sa di essere un pioniere e ne sopporta i rischi perché è fiducioso per natura”. Le nuove tecnologie Chiara le usa “da sempre”, essendo cresciuta in una famiglia di commercianti e avendo fatto i conti con quel “dover stare al passo con i tempi” tipico del mondo del business. Il primo pc risale agli anni Novanta, quando l’azienda di famiglia è stata informatizzata; primi programmi Windows e Works, usato per la tesi di laurea; primo telefonino sempre un Nokia che Chiara ha lasciato solo per la passione per iPhone.

Laurea in lettere moderne, ma tecnologia in testa e desiderio infinito di aggiornarsi, cosa che con Internet oggi è cosa piuttosto facile. “Principalmente frequento gruppi Facebook – dice la nostra prof 2.0 – tra i quali segnalo Insegnanti 2.0 di cui sono co-amministratrice insieme a Giuseppe Corsaro ed Elisabetta Nanni, perché è una formazione tra pari, informale ma molto partecipata e vera. Utilissimi anche i blog di insegnanti, i siti che parlano di scuola e di tecnologie oltre ai più tradizionali convegni e seminari”.

Consigli per i colleghi che vogliono diventare innovatori Chiara ne ha: non scoraggiarsi di fronte alle inevitabili difficoltà tecniche né di fronte all’incomprensione di colleghi e (a volte) genitori. E poi continuare a credere fortemente nella propria visione di scuola (ovviamente innovativa) senza pretendere di avere risultati immediati.

Gli ostacoli non mancano, ma esiste una ricetta per superarli.

“Aiutati che il ciel t’aiuta” è sempre stato il mio motto. Per i problemi tecnici in classe io e i miei alunni (a volte con la collaborazione di qualche collega di buona volontà) ce la siamo sempre sbrigata da soli, anche investendo le nostre finanze private per sostituire cavi della LIM, acquistare apparecchiature di supporto, ecc.”.
Poi, nonostante pareri e direttive contrarie, non ho mai temuto di affidare ai ragazzi la gestione degli apparecchi tecnologici a disposizione della classe. Da noi nulla è chiuso a chiave e se lo è le chiavi ce l’hanno i ragazzi e non i collaboratori scolastici o i docenti referenti. La tecnologia è apertura, non chiusura. La sua fruibilità deve essere agevolata, non ostacolata. Usare i pc ed Internet ci deve far risparmiare tempo, non sprecarne. In tre anni di attività con la classe digitale gli alunni non hanno mai danneggiato nulla. Sarà stato un caso? E’ più probabile si sia trattato dell’effetto di una campagna di responsabilizzazione e della consequenziale cura nel maneggiare quegli strumenti che i ragazzi sentono propri, anche se in realtà appartengono a tutta la comunità scolastica.
Ma l’ostacolo più grande che ho incontrato credo sia lo scetticismo, l’ostruzionismo, o peggio l’indifferenza di molti colleghi quando si parla di questi temi. Un team di educatori – io insegno nella scuola media dove ci sono 9 o 10 docenti per classe – deve navigare compatto nella stessa direzione. Una famiglia dove padre e madre hanno visioni diverse sull’educazione dei figli e non si sforzano di allinearsi, anzi mettono in risalto le “presunte” mancanze o inadeguatezze dell’altro, è una famiglia che non funziona e i figli vanno allo sbaraglio.

Quanto è importante secondo te inserire a scuola ore di cittadinanza digitale o comunque legate all’insegnamento delle nuove tecnologie?

Oggi le tecnologie sono dappertutto e saranno sempre più presenti nelle nostre vite. In alcuni contesti già non si può più prescindere da esse, pensiamo all’iscrizione a scuola che si fa solo online oppure ad alcune certificazioni disponibili solo in digitale, o al semplice check in per prendere un aereo. Oggi forse si può ancora sopravvivere senza avere competenze digitali, ma fra qualche anno questa mancanza creerà una categoria di emarginati a livello sociale e di penalizzati a livello lavorativo. Anche la cittadinanza digitale in un contesto simile diventa fondamentale, ma purtroppo è avvertita come emergenza solo da coloro che digitali sono e che frequentano il mondo di Internet. La cittadinanza digitale non è una moda del momento, la scuola deve considerarla una priorità. Sarà un po’ l’educazione stradale del 21° secolo. Immaginiamo di guidare in autostrada senza conoscere la segnaletica e le regole. Viaggiare sulle autostrade della Rete può essere altrettanto pericoloso. Senza contare che conoscere e rispettare le regole della Rete – molte ancora non codificate – servirà non solo a garantire la sicurezza, ma anche a sfruttarne al meglio le potenzialità.

3 cose che aiuterebbero la scuola a diventare 2.0

  • Internet in tutte le classi (con o senza Wifi, basta che ci sia rete)
  • Un progetto condiviso tra le parti coinvolte nella formazione (docenti, dirigenti, famiglie) che preveda l’uso metodico (non prevalente, ma nemmeno episodico e improvvisato) delle tecnologie nella didattica
  • Una formazione per i docenti all’uso del digitale più “pratica” possibile fatta da altri docenti. E magari qualche riconoscimento ogni tanto, non necessariamente di natura economica,  per chi lavora  con grande sforzo in questa direzione. 

Il titolo di un libro che ha cambiato il tuo modo di pensare

Ho letto molti libri di Dale Carnegie, scrittore e conferenziere statunitense della prima metà del Novecento, esperto in relazioni interpersonali. In particolare sono legata a “Come trattare gli altri e farseli amici”, uscito nel 1936 e ancora molto attuale. Carnegie insegna a “pensare positivo” per migliorare la relazione con gli altri e con se stessi. I rapporti personali sono alla base di tutto. Un paio di anni fa è uscita una versione aggiornata dello stesso libro “Come trattare gli altri e farseli amici nell’era digitale.” Il libro svela i segreti della comunicazione online basandosi sugli insegnamenti, sempre attuali, di Carnegie. Ovviamente sono corsa a comprarlo.

Se avete letto fino in fondo la storia di Chiara, penserete che sarebbe bellissimo avere una prof come lei per i vostri figli, nipoti o solo per il figlio di qualche amico. Ma di Chiara non ne basta una sola. Ce ne vogliono tante per fare scuola digitale. Soprattutto perché lei è l’incarnazione del pensiero di Carnegie quando dice per esempio: “Molte delle cose importanti nel mondo sono state realizzate da persone che hanno continuato a provare quando non sembrava esserci speranza alcuna”.

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