Il doppione democratico

Martedì il governo ha approvato il DEF. Tra le tante cose discusse anche i next steps del piano di revisione della spesa. Ed è lì che il premier, spiazzando molti, ha dichiarato che ora si apre la fase della consultazione: “chiederemo agli italiani di dirci dove vorrebbero tagliare!”. Silenzio. Subentra un senso di déjà-vu.  Ma io questa dov’è che l’ho già sentita? Fai mente locale, poi ricordi: nemmeno due anni fa, anno 2012, governo Monti, l’incarico di tagliatore della spesa affidato a Enrico Bondi, Palazzo Chigi che affianca al Commissario per la spending una mega consultazione online. Agli italiani si chiede di dire dove vorrebbero tagliare. Durò 28 giorni, raccolse oltre 150mila segnalazioni (record finora imbattuto) e fu accompagnata da grande eco mediatica.

Di fronte al tentativo di riciclo sorgono due domande: primo, è giusto replicare esperimenti di democrazia e consultazione online? E secondo, è opportuno farlo?

Partecipazione pubblicaAlla prima domanda rispondiamo affermativamente, senza esitazione. Un esperimento che ha prodotto un buon risultato è destinato alla replica per moltiplicare i benefici dell’esito. Ma anche un esperimento che ha prodotto un risultato insoddisfacente è destinato alla replica, per capire cosa non ha funzionato e come migliorarlo. Ovviamente questo principio base della scienza vale anche per la democrazia partecipativa. Prendete l’Unione europea. Da quando ha introdotto le consultazioni online le ha riproposte a frequenza regolare. Alcune funzionano, altre meno. Nel complesso però aiutano a sostenerne la “democraticità” delle decisioni. Prendete anche il governo Letta. Povero di idee e scarso nei contenuti, ebbe la buona intuizione di seguire la scia di chi lo aveva preceduto, creando nuove consultazioni. Raccolsero un discreto successo.

La seconda risposta, quella sull’opportunità della replica, è più difficile da dare. Se si parla di opportunità politica, potremmo dire che tutto è lecito. Affidare a una consultazione l’esito di una decisione pubblica può essere un ottimo stratagemma per dilatare i tempi. Se hai promesso, ma non sai ancora se e quando potrai mantenere, un mese o due di consultazione ti fanno comodo per prendere tempo. Un esempio? La consultazione sulle riforme istituzionali del governo precedente. Bella e impossibile. Nel senso che, una volta conclusa, è finita nel dimenticatoio. Ma per due mesi ha fatto credere che si stesse facendo qualcosa, mentre in realtà il dibattito era in stallo.

Anche se parliamo di opportunità mediatica la risposta è affermativa. Da noi in Italia le consultazioni pubbliche fanno ancora notizia e trovano terreno fertile sulla stampa. Se ne parla bene. O, comunque, le critiche sono contenute. Da bravo comunicatore Matteo Renzi sa come usare questi strumenti. Forse lo avete dimenticato ma a pochi giorni dall’insediamento tirò fuori l’idea di un indirizzo mail – “ScriviaMatteo” – invitando i cittadini (e poi i Sindaci) a scrivergli cosa pensavano. Un tentativo di scimmiottare il dialogo con il cittadino del governo Monti. Peraltro, che fine abbia fatto questa iniziativa non è dato sapere.

A conti fatti, copiare paga, anche in democrazia. Paga sia in termini tecnici che di opportunità. Chi scrive è un sostenitore dell’opportunità di innovare, partendo da quanto di buono è stato fatto, senza appiattirsi sulla replica. Ultimamente però criticare non paga.

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