La siesta analogica è finita

Aspettando l’esito per la selezione del nuovo (o nuova?) DG di AgID, proviamo a mettere in fila l’elenco delle cose da fare per tentare di recuperare un paio d’anni di ritardo accumulati sull’agenda digitale, anche in vista dell’imminente avvio del semestre italiano di presidenza UE che ci porterà – inevitabilmente – verso una auspicatissima accelerazione dopo mesi di siesta analogica.

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La priorità assoluta è nei confronti delle azioni finalizzate a metterci in condizione di portare a casa un gran bel risultato rispetto alla programmazione comunitaria 2014-2020 in tema di agenda digitale: una partita miliardaria il cui “bel risultato” non dovrebbe essere espresso in termini di quantità di risorse portate a casa sulla carta quanto piuttosto di capacità reale di costruire progettualità sostenibili e – una volta tanto – sostenute da una forte regia centrale in pieno accordo con le Regioni.
Vediamola, una volta tanto, come l’occasione (ultima!) per mettere mano alla modernizzazione del Paese e alla trasformazione della PA.Una sorta di braccio operativo al servizio di una politica che finalmente dimostra di avere davvero intenzione di avviare quella da anni auspicatissima sulla carta rivoluzione della macchina burocratica multilivello risultato di stratificazioni normative e di difesa dei posizionamenti acquisiti.
Vediamola anche come la grande occasione per avviare, esattamente come ci raccomanda la Commissione, una serie di operazioni di partenariato pubblico-privato che vadano aldilà della convegnologia applicata e delle dichiarazioni di intenti della serie “come sarebbe bello farlo, se solo sapessimo come farlo e se solo sapessimo di cosa stiamo parlando”.

E poi, le cose di casa nostra. A partire da questo benedetto processo di digitalizzazione della PA avviatosi una vita di anni fa e trascinatosi di governo in governo in una serie interminabile di stop and go, decreti che rimandano a norme attuative che poi non vedono la luce, annunci roboanti cui seguono lunghe e silenziose pause di riflessione.
Avendo chiaro in mente un principio fondamentale: l’ennesimo eventuale maxi piano strategico per l’e-government non ha alcun senso e nessuno dovrebbe più sentirne il bisogno. Molto meglio avviare la predisposizione di tanti piani settoriali, a livello di singole funzioni istituzionali (lavoro, trasporti, giustizia, sanità, eccetera) e al servizio del raggiungimento di obiettivi strategici. Ne parlavo, qui, qualche settimana fa.
Alcuni ministeri si sono già dotati di esperti e consulenti tecnici per l’agenda digitale: ottimo, ma dobbiamo arrivare ad avere figure analoghe in tutti i ministeri, dando poi vita a un coordinamento a livello governativo (Funzione Pubblica) capace di garantire integrazione e sinergie tra le varie iniziative settoriali.
Sempre a Funzione Pubblica, e col supporto tecnico dell’AgID, dovrebbe essere assegnata una funzione di regia del “Master Plan”, inteso come somma ragionata dei singoli piani settoriali cui si aggiunge l’insieme delle iniziative comuni, abilitanti l’infrastruttura fisica e logica a livello di sistema Paese.

digitaòAvendo cura di mantenere ben dritta la barra rispetto alla meta, che non può non essere coerente con gli obiettivi politici già anticipati da Palazzo Chigi e che confluiranno nel prossimo set di provvedimenti che va sotto il nome di “Sblocca Italia”: non faccia il pubblico quello che può fare il privato.
Evitiamo, per quanto possibile, il software di Stato; proviamo a non cedere alla tentazione di utilizzare soldi pubblici per sviluppare software per la fatturazione elettronica o improbabili piattaforme di pagamento, e così via. Possono sembrare cose ovvie, ma è meglio precisarle.
Se c’è un ruolo al quale il pubblico non deve e non può abdicare è quello del governo dell’innovazione: che ci si concentri su questo, imparando a farlo davvero bene.
Facciamo anche in modo che i vari livelli della PA si parlino di più tra loro, evitando di avviare progettualità sostanzialmente identiche e rigorosamente multimilionarie (fascicolo sanitario elettronico, tanto per fare un esempio).

Nel frattempo, cominciamo a lavorare all’execution. Passando dal pensiero all’azione, una buona volta.
Definendo le regole complessive del gioco: come ciascun piano settoriale trova le risorse per svilupparsi, attraverso quali strumenti e con quali modelli e quali regole vengono attivate le iniziative di partenariato, eccetera.
Il sistema dell’offerta, attraverso le sue associazioni di categoria, è pronto a lavorare al fianco delle istituzioni per disegnare questi modelli di execution. Se ne parlerà in luglio a Venezia, in uno dei “collateral events” di Digital Venice organizzato da Confindustria Digitale e dall’Osservatorio Netics.
Auguriamocelo: la siesta analogica è davvero finita.

 

 

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