Logo RFID e privacy test per l’Internet of Things

Le applicazioni basate su tecnologia RFID, che sta per Radio Frequency Identification (RFID), consentono di tracciare il posizionamento degli oggetti sui quali sono collocati e hanno svariate applicazioni non solo nel settore della moda, ma anche per migliorare la gestione dei magazzini e prevenire furti per esempio durante il trasporto di prodotti. Sono utilizzati sempre più, ad esempio, anche nel settore bancario e nella sanità.

Tali circostanze hanno portato alla creazione di un mercato delle applicazioni RFID da 9,2 miliardi di dollari nel 2014, mercato che è destinato ad aumentare notevolmente con l’implementazione di tali oggetti nel settore dell’Internet of Things a sua volta capace di generare, dicono recenti ricerche, 7,1 trilioni di dollari di vendite entro il 2020. Le applicazioni RFID potranno, ad esempio, essere utilizzate con i cosiddetti “frigoriferi intelligenti” in grado di leggere i prodotti tramite un RFID applicato sugli stessi, determinare le provviste da acquistare analizzando le abitudini degli utenti e ordinarli al supermercato più conveniente di zona, anche (potenzialmente) mostrando delle pubblicità dei prodotti preferiti dell’utente.

RFIDTutto questo illustra un futuro per alcuni al momento avveniristico ma certamente non troppo lontano. Tuttavia, come già precedentemente discusso in questo articolo, tali tecnologie possono creare dei problemi in materia di conformità alla normativa privacy. Il trattamento dei dati degli utenti che avviene spesso a totale insaputa degli stessi ha attirato l’attenzione della Commissione europea che nel 2009 ha adottato una raccomandazione sulle applicazioni RFID.
E infatti i problemi di compliance che fino ad oggi hanno in qualche modo “limitato” la crescita dei dispositivi RFID hanno trovato una risposta con l’approvazione da parte del Comitato europeo di Normazione di standard tecnici relativi al logo da apporre su oggetti sui quali è stata posizionata una applicazione RFID, e un test di valutazione della conformità dell’applicazione RFID alla normativa sul trattamento dei dati personali.
Il logo RFID consentirà agli utenti di essere informati della presenza di applicazioni RFID, appunto, e tramite un punto di contatto apposto sugli stessi, di accedere ad una informativa privacy dove per esempio saranno informati se i dati relativi al luogo in cui si trova l’oggetto siano monitorati.

Ma la più grande innovazione a mio giudizio è data dalla adozione di un test circa la conformità dell’applicazione alla normativa privacy. Questa innovazione qualora estesa anche ad altri settori dell’Internet of Things, consentirà di garantire la conformità della tecnologia di volta in volta utilizzata con la normativa in materia di trattamento dei dati personali applicabile.
E infatti le difficoltà che emergono con le applicazioni dell’Internet of Things sono date dalla circostanza che, in mancanza di un quadro normativo volto a regolare questo fenomeno, bisogna basarsi solo su tecnologie simili e oggetto di precedenti decisioni o sulla base dei principi generali. Questo problema invece non sussisterebbe più qualora le piattaforme dell’Internet of Things potessero essere certificate da un soggetto terzo indipendente rispetto, ad esempio, alle misure di sicurezza richieste dal Garante per il trattamento dei dati personali.

Vedremo gli sviluppi nel settore ma certamente questa innovazione relativa all’RFID rappresenta un cambiamento importante anche per l’Internet of Things. E un altro passo in avanti verso l’innovazione nel settore è data dalla consultazione che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha appena lanciato in merito sui servizi Machine to Machine che rappresentano una parte rilevante dell’Internet of Things. Tramite questa consultazione, Agcom ha chiesto all’intera industry, tramite un dettagliato questionario, come può esso incoraggiare la crescita del settore. Un’opportunità, questa, importante per tutto il settore.

 

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