“Apple è orgogliosa di operare in Irlanda e paga ogni euro di ogni tassa che deve. Non abbiamo ricevuto alcun trattamento specifico da parte di funzionari irlandesi. Siamo soggetti alle stesse leggi fiscali come molte altre aziende internazionali che operano in Irlanda“. Non si è fatta attendere a lungo la risposta di Apple che ha così commentato, attraverso un portavoce, l’apertura da parte dell’Ue di una indagine per esaminare se il regime applicato da Irlanda, Olanda e Lussemburgo a Apple, ma anche verso Starbucks e Fiat Finance, sia in linea con le norme sugli aiuti di Stato.
“Apple è orgogliosa di operare a Cork, in Irlanda, dal 1980 – prosegue il portavoce dell’azienda di Cupertino-. Abbiamo aumentato la nostra forza lavoro fino ad avere oltre 4000 dipendenti, che sono al servizio dei nostri clienti dalla produzione, al supporto tecnico e altre funzioni critiche. Questi lavoratori svolgono un ruolo importante nel successo di Apple e nella continua crescita in Irlanda. Il successo e la crescita derivano dal duro lavoro dei nostri dipendenti irlandesi, non da alcun particolare accordo fiscale con il governo irlandese”. “Apple – ribadisce l’azienda – paga ogni euro di ogni tassa che dobbiamo. Da quando l’iPhone è stato lanciato nel 2007, le nostre tasse in Irlanda sono aumentate di dieci volte”.
La società di Cupertino non è nuova a queste accuse: Apple è la maggiore delle società sotto esame del Senato americano, che nei mesi scorsi aveva precisato che l’Irlanda consente a Cupertino di pagare un’aliquota del 2% o meno. Una critica respinta da Dublino: “Dire che l’Irlanda è un paradiso fiscale è sbagliato“. Tim Cook, l’amministratore delegato di Apple, ha risposto nei mesi scorsi in modo duro alle accuse del Senato americano. Apple “paga tutte le tasse che deve, ogni singolo dollari” ha detto Cook.
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