La visione di Jeremy Rifkin su IoT, Agenda Digitale e Sharing Economy

Jeremy Rifkin, advisor dell’Unione Europea e autore del libro “The Zero Marginal Cost Society”, ha introdotto la conferenza di Venezia dello scorso 9 luglio sull’Agenda Digitale Europea, voluta dal Premier Matteo Renzi e dal Commissario Europeo per l’Agenda Digitale Neelie Kroes, con un discorso molto puntuale in cui tocca temi centrali come l’economia collaborativa, l’Internet Of Things e la Net Neutrality, arrivando ad affermare che ci troviamo di fronte alla scelta di abbracciare o meno la Terza Rivoluzione Industriale. In occasione del Digital Action Day il discorso di Rifkin è stato pubblicato sul sito della Commissione Europea, diventando un pamphlet dal titolo “Digital Europe: The Rise of the Internet of Things and the Integration of the Single Market”.

I Collaborative Commons, lo “Zero Marginal Cost Phenomenon” e la caduta del muro tra reale e virtuale

zeromarginalcost-bloomberg580Rifkin ha cominciato il suo discorso mettendo immediatamente in luce la sua tesi centrale: “la Sharing Economy, basata sui Collaborative Commons, è un nuovo paradigma economico dopo quelli del capitalismo e del socialismo nel XIX° secolo”. In dettaglio, Rifkin parla di “Zero Marginal Cost Phenomenon” per descrivere ciò che sta nascendo. Le imprese private sono sempre alla ricerca di nuove tecnologie che incrementino la produttività e riducano il costo marginale di produzione di prodotti e servizi in modo da abbassare i prezzi, conquistare sempre più clienti e assicurarsi sufficienti profitti per i loro investitori. Gli economisti però non si sono resi conto del fatto che ha preso piede in modo potente un nuovo paradigma che riesce a portare il costo marginale praticamente vicino allo zero: il “near zero marginal cost phenomenon” si è diffuso attraverso le nuove piattaforme di comunicazione, trasformando milioni di consumatori in “prosumers” (comsumatori che producono attivamente).

Citando testualmente Rifkin: “i prosumers hanno cominciato a produrre e condividere la propria musica attraverso i servizi di file sharing, i propri video su YouTube, le loro conoscenze su Wikipedia, le loro news sui Social Media e persino i propri e-book attraverso il Web, il tutto praticamente gratis. Allo stesso modo sei milioni di studenti seguono gratuitamente i MOOCs (Massive Open Online Courses) tenuti da riconosciuti e importanti studiosi e professori per un costo marginale prossimo allo zero”. Il fenomeno diventa ancora più complesso nel momento in cui si abbatte definitivamente il muro esistente tra reale e virtuale: “la tecnologia è in continua evoluzione e permetterà a milioni (e presto a centinaia di milioni) di prosumer di creare e condividere la propria energia rinnovabile e di creare una serie crescente di prodotti fisici stampati in 3D ad un costo marginale molto vicino allo zero”.

Nel prossimo futuro, infatti, l’economia digitale porterà una drastica diminuizione della quantità di informazioni, di energie, di risorse materiali, di costi di manodopera e di logistica necessaria per produrre, distribuire e riciclare beni e servizi. Il passaggio dal concetto di “proprietà” al concetto di “accesso” proprio della sharing economy, implica la significativa riduzione del numero di nuovi prodotti creati e venduti, con conseguente minor numero di risorse utilizzate e processi produttivi meno invasivi per l’ambiente.

IoT e Net Neutrality: la monopolizzazione contro la democratizzazione di tutto

the-internet-of-thingsL’Internet Of Things cambierà completamente il nostro modo di organizzare la vita, ma ci sono alcuni ostacoli che ne complicano lo sviluppo e tra questi c’è la controversia della Net Neutrality: “l’Internet delle cose è un’infrastruttura ibrida composta da tre attori principali: il governo, il settore privato e la società civile. Fino ad oggi, Internet è stato gestito come un bene comune globale con tutti e tre gli attori principali uniti in un ruolo collaborativo nella sua governance. Ora però il settore privato sta cominciando ad allontanarsi da questo schema a tre parti, in cerca di aumenti della redditività e dei profitti, creando discriminazioni in termini di prezzi e servizi. Questa è una mossa che rischia di minare la neutralità della rete: un principio che assicura un accesso non discriminatorio, aperto e universale ai benefici tecnologici in cui ogni partecipante gode di totale parità di accesso e di inclusione”.

La lotta sul controllo dell’Internet of Things si gioca tra “collaboratists” e capitalisti investitori: molte aziende nel settore delle telecomunicazioni, di Internet e dell’energia elettrica sono determinate a “recintare” l’IoT e a monopolizzare il flusso di informazioni, mantenendo il prezzo di produzione e di distribuzione dei beni e dei servizi di gran lunga superiore al loro costo marginale per massimizzarne il profitto. Gli utenti, d’altra parte, si stanno unendo in reti laterali di produzione e di condivisione di beni e servizi a livello globale, basandosi sul prinicipio dei Collaborative Commons e dello “Zero Marginal Cost Phenomenon” interrompendo il funzionamento dei mercati convenzionali. Secondo Riflkin “se c’è un tema di fondo del conflitto culturale in crescita, quello è la monopolizzazione contro la democratizzazione di ogni cosa”.

Il potenziale ruolo della Ue come driver di cambiamento e la Cina che già si muove

L’Unione Europea e i suoi Stati partner hanno circa un miliardo di potenziali prosumers pronti per essere inclusi nei processi dell’Economia Digitale. Il problema sta nel capire che tipo di investimenti si dovranno fare per creare un mercato digitale unico tra l’Europa e i suoi Partner. Rifkin sostiene che la creazione da zero di una piattaforma europea per l’Internet Of Things, che colleghi l’Europa e le sue regioni partner in un unico spazio economico integrato, consentirà ad un miliardo di persone di produrre e condividere informazioni, energie rinnovabili, prodotti stampati in 3D e una vasta gamma di servizi in un’economia di mercato ibrida, capitalista da un lato e “Collaborative Commons” dall’altro, apportando enormi benefici economici per la società.

La dichiarazione di Venezia  redatta durante la Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea è un primo passo in questa direzione” sostiene l’advisor, ma non è sufficiente e gli investimenti dei prossimi anni dovranno essere ragionati e consistenti: “L’Unione europea investe attualmente 740 miliardi dollari di euro ogni anno in progetti infrastrutturali che servono in gran parte ad aggiustare le piattaforme tecnologiche di una seconda rivoluzione industriale che è ormai superata e il cui potenziale di produttività è da tempo raggiunto. Se solo il quindici per cento di questi fondi venissero reindirizzati e destinati in ogni regione dell’Unione europea per la formazione di una piattaforma per l’Internet Of Things, l’Unione Europea Digitale potrebbe essere introdotta gradualmente tra oggi e il 2040”.

bandiera-europeaQuello che auspica Rifkin è una serie di provvedimenti e cambiamenti da parte dell’UE tra cui la creazione di una banda larga universale con connessione Wi-Fi gratuita, il passaggio dai combustibili fossili e l’energia nucleare alle energie rinnovabili, l’adattamento di milioni di edifici che dovranno essere dotati di strumenti per la raccolta di energia rinnovabile e il ripensamento del settore della logistica e dei trasporti che dovrà essere completamente digitalizzato e automatizzato. La creazione di una piattaforma per l’Internet Of Things in tutta l’UE e nelle sue regioni partner metterà l’Europa al lavoro generando nuove opportunità di business, benessere e collaborazione, aumentando la produttività e creando una società ecologicamente orientata. L’impiego di milioni di lavoratori stimola il potere di acquisto e genera nuovi posti di lavoro supplementari per servire aumento della domanda dei consumatori.

Rifkin, allo scopo di neutralizzare gli scettici, conclude il suo discorso riportando come la Cina si stia già muovendo in questa direzione: “il Premier Li Keqiang e la nuova leadership della Cina hanno abbracciato la piattaforma dell’Internet Of Things e la visione economica della Terza Rivoluzione Industriale […] e hanno annunciato un impegno iniziale di quattro anni per erigere una Energy Internet in tutta la Cina. Ci sono anche piani per costruire una collaborazione in Asia per la piattaforma dell’Internet of Things che si estenderà in tutto il continente, consentendo a 2,7 miliardi di persone, ovvero quasi il quaranta per cento dell’umanità, di produrre e condividere energia rinnovabile, informazione, e processi di logistica e trasporto in un mercato unificato. Il piano dell’Unione europea di stabilire una piattaforma per l’Internet Of Things apre la prospettiva di una collaborazione congiunta con la Cina nella creazione di un unico spazio economico integrato in tutto il continente eurasiatico per favorire la transizione verso la Terza Rivoluzione Industriale”.

Jeremy Rifkin ha analizzato lucidamente lo stato attuale della sharing economy, dell’IoT e di come questi comincino a stridere con i paradigmi preesistenti: la sua visione è decisamente di lungo periodo ed ha il grande merito di non essere semplicemente un tracciato teorico e accademico, ma riesce a disegnare un quadro di investimenti e di proposte pratiche incitando all’agire con concretezza in un contesto in cui, spesso e volentieri, le parole predominano sulle azioni.

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