Pandemie, siccità, cambiamenti climatici mettono ormai ogni giorno alla prova il mondo intero destabilizzando quella che credevamo essere una immutabile normalità. Anche locus amoenus come i musei necessitano di un riposizionamento, di una trasformazione – anche digitale – nel modo in cui sono progettati, implementati e mantenuti. Mike Quiglety e Jesùs “Chuy” Garcìa – due politici statunitensi – in una lettera del 19 aprile 2021 alla Commissione sui Trasporti e le Infrastrutture in cui chiedevano un forte sostegno per il finanziamento delle infrastrutture dei musei scrivono:
“Musei, acquari e zoo sono partner chiave con città, stati e governo federale mentre lavoriamo insieme per costruire un futuro più sostenibile ed equo. Queste istituzioni sono tesori nazionali, che fungono da centri di conservazione e ricerca, contribuendo anche a educare e ispirare le generazioni future… Queste istituzioni, situate in tutto il paese in migliaia di città e paesi, rappresentano il nostro patrimonio culturale e sono pilastri sociali, economici ed educativi delle nostre comunità”.
Sostenibilità e sistema sono due termini che vanno a braccetto – sia perché la sostenibilità è sistemica, sia perché un’entità per interagire in modo ordinato e organizzato deve consentire alle “generazioni presenti di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri“, come si legge nel rapporto Brundtland del 1987. Un sistema inteso come infrastrutture sostiene comunità di ogni tipo e i musei “sono entità di vitale importanza anche in quell’infrastruttura, in virtù del loro contributo a cinque pilastri di forza e resilienza della comunità (educazione per i nostri figli; comunità vivibili per i nostri anziani; salute mentale; risposta alle emergenze di fronte alle catastrofi; una cultura della sostenibilità centrata sull’uomo)”, come riporta il documento “TrendsWatch. Museums as community infrastructure” di American Alliance of Museums.
Un museo sostenibile può definirsi tale quando la sua attività “può continuare a tempo indeterminato senza molti pensieri o risorse aggiuntive” scrive Rachael Cristine Woody – esperta nel consentire ad archivi e musei di affrontare progetti difficili. Anche se “in molti casi per i musei può essere difficile costruire pratiche autenticamente sostenibili perché le risorse museali sono limitate”, continua.
Fornire un servizio come quello dei musei con l’arrivo della pandemia è diventata una sfida ardua. Alcuni musei, sulla scia di alcune città che hanno iniziato ad adottare il turismo sostenibile, hanno iniziato a trasformare le proprie esperienze museali: promuovendo visite più intime (iniziate per garantire il rispetto del distanziamento fisico ma continuate perché alcuni musei “hanno scoperto che la soddisfazione dei visitatori è aumentata con il calo dell’affollamento” – come riporta il report) fornendo così “esperienze esclusive per integrare le entrate delle ammissioni con una più ampia varietà di flussi di reddito secondario, compresi programmi digitali e merchandising online”.
Digitalizzare i musei può renderli sostenibili?
L’impatto che i musei hanno è – o almeno dovrebbe essere – innanzitutto sociale. Ma per “garantire operazioni continue con il minor impatto e distribuzione possibile quando sono influenzati da fattori esterni che ostacolano la sua attività” scrivono Zainab Abdulhusain Ahmed, Fatema Qaed e Nehal Almurbati, “i musei devono essere sostenibili”. Questo è possibile anche grazie alle tecnologie digitali, infatti gli studiosi continuano dicendo che:
“I musei digitali utilizzeranno principalmente computer e sistemi informativi per preservare le collezioni culturali e storiche e visualizzarle in un formato digitale a cui i visitatori possano accedervi da qualsiasi luogo. Questa trasformazione digitale può assumere molte forme, dal consentire ai visitatori del museo di utilizzare smartphone o tablet in tutto il sito per migliorare la loro esperienza, alla digitalizzazione della collezione e alla sua messa a disposizione online, al coinvolgimento con le persone prima o dopo le loro visite tramite canali online. È stato dimostrato che la digitalizzazione dei musei è un mezzo per migliorare la loro sostenibilità e migliorare l’efficienza operativa che porta a una migliore esperienza del cliente.”
Rendere i musei più accessibili e inclusivi grazie al digitale può portare ad aumentare i visitatori, migliorando la loro esperienza avendo anche la possibilità di fornire un’esperienza di gamification e-learning. La sostenibilità di un museo può essere data anche dal livello di digitalizzazione di quest’ultimo e il termine sostenibilità “viene spesso usato quando si discute del futuro dell’industria museale”. “Tuttavia, l’attuazione di pratiche di sostenibilità può essere complessa per raggiungere la medesima in alcuni modi specifici”. Lavorare sull’implementazione delle varie tecnologie digitali a supporto dell’industria museale può garantirne la continuità e il funzionamento nonostante le crisi continue a cui è sottoposta:
“Un aspetto vitale della sostenibilità dei musei è concentrarsi sull’implementazione di funzionalità digitali all’interno degli stessi”. Anche per questo i musei digitali hanno “un’ampia varietà di termini che vengono utilizzati per esprimere la parola digitale” da museo digitale, passando per museo virtuale o interattivo fino a parlare persino di patrimonio digitale e cura digitale. Tutti termini che restituiscono l’impatto che le tecnologie possono avere sui musei: elaborazione più efficiente delle informazioni, aumento di risorse educative, potenziale maggior interazione:
“La fusione senza soluzione di continuità di design digitali e fisici, ha portato a un’esperienza più coinvolgente per i visitatori del museo. Offre anche un’esperienza più bassa che ha un impatto sia sul livello di attività che sul livello di lea (livelli essenziali di assistenza ndr). La tecnologia Digital può estendere l’ambito, l’ora e la frequenza degli ingressi dei visitatori.”
Digitalizzare i servizi, le azioni o gli impegni giornalieri è stata una tra le più repentine sfide che la pandemia da coronavirus ha portato con sé, specialmente in Italia. Dall’istruzione si è passati alla DAD, e dal lavoro al telelavoro e per mesi le visite ai musei o ai luoghi di cultura più in generale sono passate in secondo piano. Molte difficoltà sono state riscontrate nel nuovo approccio degli insegnanti e degli studenti, per motivi vari – dalla disponibilità di device digitali fino al livello di digital education. Il rapporto “AAM Building the Future of Education: Museums and the Learning Ecosystem” ha raccontato “la costante evoluzione dei musei da comparse educative “informali” a attori critici nell’istruzione tradizionale” e così negli Stati Uniti si è deciso di “sviluppare risorse che aiutino educatori, genitori e studenti a integrare le risorse museali nei programmi scolastici (con particolare attenzione alla ricerca che documenti ciò che gli educatori vogliono dalle risorse museali digitali)”, come si legge nel report di AAM “TrendsWatch. Museums as community infrastructure” citato all’inizio.
Così molti musei, ad esempio, “hanno risposto creando sale di studio e tutor di apprendimento” o “quando alcune scuole avevano bisogno di più spazio per praticare il distanziamento fisico, i musei locali, chiusi al pubblico, hanno reso i loro edifici e terreni disponibili come spazio per le aule per mesi e mesi. Gli educatori museali hanno dedicato il loro tempo e il loro talento alla creazione di gite virtuali sul campo, lezioni online […]. Questi sforzi hanno introdotto molti insegnanti alla ricchezza di risorse digitali fornite dai musei e hanno insegnato ai musei che possono servire educatori e studenti in tutto il paese, non solo nelle loro comunità geografiche”.
Sia insegnati che musei dunque hanno compreso il potenziale che il digitale offre e questi ultimi “hanno scoperto che le loro offerte digitali raggiungevano persone che difficilmente visitavano il museo anche in tempi normali, a causa del tempo, della distanza o di altre barriere all’accessibilità”.
Un museo “analogico” che si riscopre e si trasforma digitalmente in un insieme di fotografie, quadri, sculture e altre opere d’arte convertite digitalmente e integrate con file audio, di testi contenenti ulteriori informazioni di carattere storico o culturale più in generale.
Musei come il Wagner Free Institute o progetti come quello del Project Row Houses erano considerati “esempi estremi di musei che si modellano attorno alle esigenze della comunità” in quanto supportavano – e supportano ancora oggi – la comunità con modalità considerate “non tradizionali” per un museo, possono essere citati con un parallelismo per guardare a tutti quei musei che si sono trasformati digitalmente. Se questi infatti si sono impegnati per “raccogliere e distribuire cibo, creare alloggi per artisti senzatetto, fornire programmi di auto-cura, promuovere la felicità, tenere gli adolescenti fuori dal carcere” ecc. ecc.; ad esempio il Forth Worth Museum of Science and History “ha fornito spazi agli studenti impegnati nell’apprendimento virtuale, ha deciso di lanciare una nuova scuola charter museale incentrata su materie STEM”. Ancora, gli insegnanti “hanno detto al Pacific Science Center che vogliono che le gite virtuali implementate durante la pandemia rimangano, perché è un uso efficiente del tempo di lezione, semplifica la logistica e può essere più facilmente personalizzato in base alle esigenze degli insegnanti e degli studenti”.
Gli esempi appena citati sono esempi di rivoluzione di senso in quanto la trasformazione digitale dei musei ha permesso di reinterpretare il loro ruolo. Queste strutture possono dirsi sostenibili in quanto in un contesto sociale mutato – anche dalla pandemia – sembrano avere, anche leggendo il report, la capacità di utilizzare le tecnologie per rileggere la società, comprendendo in che modo si sono dovuti adattare.
I dati del progetto “Culture and Community in a Time of Crisis” hanno infatti rilevato “che musei di tutti i tipi hanno raggiunto un numero significativo di visitatori non museali attraverso esperienze di sviluppo”.
E se “raramente i singoli musei, tanto meno il campo nel suo complesso, ottengono il credito che meritano per tutto il bene che fanno” è possibile “costruire un caso forte attorno al ruolo che i musei svolgono nei sistemi locali” e quel caso “sarebbe ancora più forte se più musei misurassero questo impatto e li propagandassero come metriche di successo”, come nel caso delle tecnologie digitali.
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