I sette punti del Consiglio d’Europa per evitare una Rete che cancelli diritti

E’ dura e netta la presa di posizione di Nils Miuznieks, Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, sul tema internet e privacy: la rete e il mondo digitale potrebbero indebolire o persino “distruggere” i nostri diritti fondamentali. Nel rapporto “Lo stato di diritto su internet e nel mondo digitale” si legge che: “il mondo digitale ha, per sua stessa natura, un potenziale enorme per indebolire lo stato di diritto, indebolire o distruggere la privacy, limitare la libertà di comunicare e di associarsi.”

Nelle 120 pagine del Rapporto vengono descritte nel dettaglio tutte le minacce ai nostri diritti legate a un mondo digitale privo di regole, le stesse che il Commissario indica in 7 raccomandazioni composte, a loro volta, da più articoli. “Più le persone usano internet e il mondo digitale per comunicare, informarsi, divertirsi o altro, più diventa difficile garantire il loro anonimato. Più dati lasciamo nel mondo digitale più diventa facile individuarci” scrive il Commissario. Di seguito una sintesi delle sette raccomandazioni afferenti ad altrettanti ambiti di interesse.

  1. L’ universalità dei diritti umani vale sia online che offline
    La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e le norme a protezione dei dati personali del Consiglio d’Europa si applicano a tutte le attività di trattamento dei dati da parte di tutte le agenzie degli Stati membri, comprese le agenzie di sicurezza e di intelligence; gli obblighi di legge, compresi quelli derivanti dal diritto al rispetto della vita privata e familiare e quello della libertà di espressione, non possono essere aggirati attraverso accordi ad hoc con attori privati che controllano Internet e l’ambiente digitale più ampio. A tal fine, si spiega nel primo e nodale pilastro delle raccomandazioni, i membri del Consiglio d’Europa dovrebbe cercare di assicurare che gli Stati non europei rispettino i loro obblighi internazionali sui diritti umani in tutto ciò che fanno, incluso ciò che è online.
    Nessuno stato (e nessuna delle loro agenzie) europeo dovrebbe avere accesso ai dati memorizzati in un altro paese, o che passano attraverso le dorsali Internet che collegano i diversi Stati, senza il consenso esplicito del paese o dei paesi interessati. Unica eccezione: che vi sia una chiaro, esplicita e sufficientemente circoscritta base giuridica nella legge internazionale per un tale accesso e che esso sia compatibile con gli standard internazionali sulla protezione dei dati e dei diritti umani.
  2. La protezione dei dati
    Gli Stati membri che non lo hanno ancora fatto sono invitati da Muiznieks a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati personali (convenzione n°108). La revisione della medesima, attualmente in corso, non dovrebbe portare ad alcun abbassamento degli standard europei o mondiali sulla protezione dei dati. Al contrario, dovrebbe portare ad una chiarificazione e una migliore applicazione delle norme, soprattutto in relazione ai Internet e il mondo digitale più ampio, e in relazione alla sorveglianza nazionali motivi di sicurezza e di intelligence.
  3. Il Cybercrime
    Gli Stati che fanno parte della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica devono rispettare pienamente i loro obblighi internazionali sui diritti umani in tutto ciò che fanno, ai sensi della Convenzione. Se una parte di Stato intraprende azioni che riguardano gli individui al di fuori del territorio di competenza, questo non esenta l’organismo dall’agire in conformità alla Convenzione sul cybercrime,  o ai sensi dei trattati internazionali sui diritti umani. Lo stesso dicasi per le forze dell’ordine: gli Stati membri dovrebbero garantire che esse non ottengano i dati dai server e infrastrutture in un altro paese sulla base di “accordi informali”.
    Piuttosto, dovrebbero utilizzare i meccanismi di assistenza reciproca creato dalla Convenzione sulla criminalità informatica. Le forze dell’ordine in un paese non dovrebbero fare affidamento sul fatto che soggetti privati – come ad esempio i fornitori di servizi Internet, social network o operatori di rete mobile – in altri paesi abbiano ottenuto di rivelare i dati dei loro clienti dati sotto le rispettive condizioni generali d’uso.
  4. La giurisdizione
    Dovrebbero esserci limiti all’esercizio extraterritoriale della giurisdizione nazionale in relazione a crimini informatici transnazionali e, ancora, per quanto riguarda il diritto alla libertà di espressione, gli individui e le aziende che rendono disponibili informazioni dal loro paese di residenza dovrebbero inizialmente aderire solo alle leggi dei rispettivi paesi; invece le persone che accedono o scaricano materiali da siti web stranieri (quando potrebbero e dovrebbero sapere che i materiali sono illegali nel loro paese di residenza) dovrebbe essere sottoposte alle leggi di quest’ultimo.

  5. I Diritti Umani
    Gli Stati membri dovrebbero smettere di affidarsi a società private che controllano Internet e l’ambiente digitale più ampio, per imporre restrizioni che sono in violazione degli obblighi sui diritti umani di ogni Stato. A tal fine, sono sempr necessarie ulteriori indicazioni sulle circostanze in cui le azioni o le omissioni di aziende private che violano i diritti umani, implicano la responsabilità dello Stato. Sulla base delle “Linee guida sulle imprese e i diritti umani” delle Nazioni Unite, ulteriori linee guida dovrebbero essere sviluppate sulla responsabilità delle imprese in relazione alle loro attività (o che interessano) Internet o l’ambiente digitale più ampio.
  6. Blocchi e filtri
    Gli Stati membri dovrebbero garantire che ogni restrizione all’accesso ai contenuti di Internet che interessano gli utenti sotto la loro giurisdizione, si basino su un rigido e prevedibile quadro legale che disciplini il campo di applicazione di tali restrizioni e che offra la garanzia di controllo che prevenga eventuali abusi. Inoltre, i tribunali nazionali devono esaminare se le misure di blocco siano necessarie, efficaci e proporzionate e, in particolare, se siano sufficientemente mirate da avere impatto solo sullo specifico contenuto.
    Gli Stati membri non dovrebbero fare affidamento o incoraggiare attori privati che controllano il Internet e l’ambiente digitale più ampio ad effettuare il blocco al di fuori di un quadro che segua i criteri sopradescritti.
  7. Le attività di sicurezza nazionale
    La Convenzione n °108 deve essere applicata a tutte le attività degli Stati che sono parti di tali convenzioni, compresa la sicurezza nazionale degli Stati e le attività di intelligence. In particolare, al fine di ottenere il rispetto dello Stato di diritto su Internet, dovrebbe essere consentito di invocare la sicurezza nazionale, quale ragione valida per interferire con i diritti umani, solo ed esclusivamente in caso di questioni che minaccino il tessuto stesso e le istituzioni fondamentali della nazione. Inoltre, spiega il documento, gli Stati che vogliono interferire con i diritti fondamentali sulla base di presunte minacce alla sicurezza nazionale, devono essere in grado di dimostrare che la minaccia non può essere gestita mediante il diritto penale ordinario, compatibilmente con le norme internazionali in materia di diritto e procedura penale e ciò vale anche per le azioni degli Stati che riguardano Internet e le comunicazioni elettroniche.
    Gli Stati membri dovrebbero, infine, portare le attività di sicurezza e di intelligence all’interno di un quadro giuridico generale e dovrebbero inoltre garantire che sia messo in atto un efficace controllo democratico sui servizi di sicurezza nazionali.

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