Elegia del fare. 11: Le città metropolitane

L’anno nuovo ci ha portato in dono le Città Metropolitane, primo frutto della riforma delle autonomie locali e della “chiusura” (tra molte virgolette, beninteso) delle Province.
Dopo le elezioni autunnali sono in fase di insediamento i Consigli di Città Metropolitana, composti esclusivamente da sindaci e consiglieri dei Comuni compresi nel territorio della ex Provincia. Tutto questo nelle 9 città principali (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria) più Roma Capitale.
Alle città metropolitane sono attribuite le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province nonché le seguenti funzioni fondamentali proprie:

  • piano strategico del territorio metropolitano;
  • pianificazione territoriale generale;
  • organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
  • mobilità e viabilità;
  • promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
  • sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

città metropolitana

Sistema informativo di città metropolitana, quindi.
Ma siamo pronti a tutto questo “ben di Dio”?
Siamo pronti, soprattutto, a integrare centinaia di sistemi informativi comunali (perlomeno per quanto riguarda le funzioni principali di pianificazione e governo del territorio e dei servizi pubblici di interesse generale)?
Il lavoro da fare è immenso, considerando l’elevatissima frammentazione e la scarsissima interoperabilità dei sistemi informativi dei comuni che da qualche giorno a tutti gli effetti costituiscono le 10 aree metropolitane neocostituite.
Lavoro immenso e (tanto per cambiare) risorse limitatissime. Sia in termini di finanza disponibile che di persone da mettere al lavoro con l’obiettivo di integrare i sistemi.
Pare prevalere (perlomeno nelle intenzioni dei CIO delle città metropolitane) la tendenza alla unificazione dei sistemi informativi “mission critical” (con particolare riferimento ai sistemi informativi territoriali), utilizzando piattaforme e applicativi del capoluogo e “uccidendo” tutti i sistemi periferici.
Non la pensano così, ovviamente, i CIO dei comuni “periferici”: e qui le cose si complicano, in quanto – soprattutto al Centro-Nord – alcuni comuni non capoluogo ma comunque dimensionalmente rilevanti e alcune Unioni di comuni hanno sviluppato piattaforme interessanti, poco costose se paragonate al TCO dei sistemi informativi dei capoluoghi e potenzialmente scalabili verso l’alto senza enormi difficoltà.
E dire che questa sarebbe l’occasione ideale per ricominciare da zero, magari cominciando a recuperare le risorse necessarie attraverso un’operazione di unificazione (in ottica Cloud) delle centinaia di infrastrutture moltissime delle quali ai limiti dell’obsolescenza.
Un caso tipico in cui le risorse si possono trovare facilmente, mandando in pensione qualche decina di data center e qualche migliaio di server farm più o meno piccole e così facendo liberare fondi utilizzabili per una completa “rottamazione” del software esistente.
Tutto sul Cloud.

technology Paradossalmente, chi non sembra affatto pronto a raccogliere una simile opportunità è il mercato: nessuno, tra i principali fornitori di IT specializzati sul mercato degli enti locali, è pronto con una “vera” offerta di Software as a Service a CapEx “davvero” pari a zero.
Nessuno, soprattutto, è pronto con un’offerta che si porti dentro anche la soluzione finanziaria da proporre alle città metropolitane: un canone omnicomprensivo, ovviamente competitivo rispetto alla somma aritmetica del TCO delle centinaia di sistemi da “rottamare”.
Il livello di inadeguatezza dei principali vendor attivi su questo mercato è decisamente alto: contrariamente a quanto succede (bene o male, e con non poche eccezioni) sul mercato IT per la Sanità, qui nessuno ha più investito da almeno un decennio.

Non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se in una situazione simile ritornasse in mente a qualcuno di mettere in gioco entità centrali come SOGEI e/o dare vita a resurrezioni di carrozzoni come Finsiel utilizzando soldi pubblici (Cassa Depositi e Prestiti).
Sempre che (e, a questo punto, auguriamoci che succeda) non arrivi qualcuno/qualcosa di nuovo sul fronte privato. Magari partendo da Telecom Italia e/o Fastweb e/o qualche multinazionale.
E questa sarà una delle (poche) volte nelle quali il mercato non potrà che dire: “mea culpa”.

 

 

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