Reti smart, dove sta l’inganno

La rete di trasmissione elettrica è smart quando funziona in modalità interattiva. In pratica deve dialogare con i diversi elementi della stessa in tempo reale. Questo non accade con la frequenza che ci aspetteremmo da un Paese come l’Italia con i suoi 36mila smart meter istallati mentre è pienamente operativo in Finlandia.
Far lavorare insieme concetti quali demande/response e gestione di big data, termini che sono sulla nostra bocca da anni, non è poi così semplice. Ne sa qualcosa la smart city di Nizza che, per quanto gestisca in tempo reale un numero ristretto di utenze, i cui owner tecnologici stanno per esportare parte del know how a Singapore, dove saranno localizzati in fase sperimentale su un isola dell’arcipelago, cercheranno di superare l’empasse di troppi dati in real time.

smart gridInsomma per quanto la testa sia smart, le infrastrutture non lo sono ancora abbastanza, ma lo saranno presto. Ma se anche le teste non fossero abbastanza smart? Ecco alcune regole da seguire per capire se il progetto che ci stanno proponendo è davvero innovativo.

Il fotovoltaico, come il mini eolico o un qualsiasi altro sistema di produzione energetica alternativa, implementa energia nella rete in modo discontinuo e non prevedibile. Tutto questo apre un problema: come fare a gestire questo flusso di energia? Per funzionare bene difatti, devono essere inseriti dei meter in grado di governare l’in e out dei segnali del sistema ma non solo nelle case degli utenti. Le stesse centraline di distribuzione della rete devono poter capire come smistare il flusso dei dati. Difatti è lì che si realizza l’ingorgo.

L’energia prodotta potrebbe non essere usata tutta nel momento in cui si produce; quindi come fare? Basta immetterla in rete? Ci sono degli orari in cui oltre agli ingorghi di cui sopra, ci troviamo in una sovrabbondanza di produzione; quindi, a meno che interi nuclei urbani non siano affetti dalla “sindrome del phon sempre acceso”, serve uno storage, una specie di enorme batteria su cui riversare l’energia in eccesso e da cui richiamarla quando serve. Fino a poco tempo fa la regolazione di un sistema simile era complessa sotto il profilo della legislazione, cosa superata oggi dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas e il servizio idrico (AEEGSI). Di fatto storage e nuclei di rinnovabili, generano un elemento di disturbo sul sistema elettrico (così come è fatto ad oggi), così se in un’area si realizza tanta energia green o siamo bravi a smistarla equamente nel territorio circostante o da qualche parte ci saranno disagi.

Una grid può essere smart su più settori, non solo nell’elettrico. Una rete smart acquisterebbe molto più senso se si passassero anche tutte le utenze gas a questo tipo di fruizione, altrimenti è come farsi un vestito nuovo con le scarpe vecchie. La stessa rete idrica, bene primario e figlia povera delle infrastrutture, ne gioverebbe ancora di più. Mi riferisco alle diverse vie dell’acqua, le reti, i reflui (per cui siamo sotto l’occhio vigile della UE), la desalinizzazione, ma soprattutto l’efficienza. Sì, perché una rivisitazione in chiave interattiva della rete potrebbe farci ridurre del 40-50% i consumi. Esempio virtuoso nel mondo è la rete idrica di Israele, che nonostante sia “un‘ isola nel deserto” riesce a mantenere molto contenuto il costo dell’acqua per i suoi abitanti, riuscendo a valorizzarne al meglio i consumi.

Insomma se una rete non pensa all’acqua, poco ma sicuro, non è smart!

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