Diritto all’oblio va limitato a domini Ue: il parere del Comitato Google

Il diritto all’oblio va limitato all’Unione Europea. È questo il succo delle conclusioni del rapporto del comitato di esperti incaricato da Google di esaminare gli effetti della sentenza della Corte di Giustizia Ue del 13 maggio 2014, che ha sancito il diritto dei cittadini europei di chiedere l’eliminazione di link giudicati “inadeguati o irrilevanti”.

Almeno tre i fronti di riflessione del documento. Il primo riguarda i criteri per accettare o meno la richiesta di rimozione: andrebbe negata in caso di personaggi pubblici o se i fatti in questione fossero veri; o ancora nel caso di autori o testate autorevoli, la deindicizzazione dovrebbe essere più difficile. Il secondo punto riguarda, come anticipato, la portata geografica della deindicizzazione che, secondo gli esperti, non dovrebbe interessare gli ambiti Google extra Ue ma restare limitata ai portali europei di Google. Gli esperti, infine, esplorano anche altri possibili panorami per la gestione del diritto all’oblio come quello di avvisare in anticipo gli editori interessati dalla richiesta per dare la possibilità di opporsi. 

La conclusione del Comitato non è inattesa ma prende la direzione opposta rispetto a quanto stabilito nei mesi scorsi dal gruppo dei garanti della privacy europei WP art.29 che ha elaborato le sue linee guida  su come i motori di ricerca devono applicare la sentenza con cui la Corte Ue ha riconosciuto il diritto all’oblio dei cittadini europei pronunciandosi sul caso di Google Spagna, secondo il quale quando un utente del web invoca il diritto all’oblio, Google e gli altri motori di ricerca devono cancellare (o de-indicizzare) le sue informazioni da tutti i domini, quindi anche quelli .com e non solo quelli europei come invece sostenuto sin da subito da Google.

Il comitato di esperti è stato istituito immediatamente dopo il provvedimento Ue e ne fanno parte, tra gli altri, Jimmy Wales di Wikipedia, l’italiano Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’università di Oxford, e Sylvie Kauffmann, direttore editoriale del quotidiano francese Le Monde. Per redigere le conclusioni del rapporto, il comitato ha tenuto consultazioni in tutta Europa, Italia compresa, in cui ha ascoltato istituzioni, aziende, media, mondo accademico, settore tecnologico, le organizzazioni che si occupano di tutela dei dati “al fine di far emergere e approfondire le relazioni complesse che intercorrono tra il diritto di sapere e il diritto alla privacy”.

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