#SummerInSyria, la pessima idea social del governo siriano

Nei giorni scorsi l’agenzia di stampa siriana SANA, vicina al governo di Bashar al-Assad, ha lanciato una campagna social con l’hashtag #SummerInSyria, Estate in Siria, invitando turisti e cittadini siriani a condividere su Twitter le proprie immagini più belle dell’estate siriana. Piccolo particolare: in Siria c’è la guerra civile, da quattro anni.

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Trattandosi di un’agenzia di stampa filogovernativa, è evidente che l’intento di #SummerInSyria sia quello di negare apertamente il fatto che la Siria sia un paese straziato da una sanguinosa guerra che ha già fatto oltre duecentomila morti e quasi dieci milioni di profughi. La classica mossa propagandistica per dimostrare che “va tutto bene” e che le notizie che filtrano da Damasco, Homs, Aleppo e dalle altre città siriane sono solo “invenzioni mediatiche” per mettere in cattiva luce il presidente Assad e il suo governo.

Non è un errore grossolano quello di SANA, è pura propaganda. Chi ha ideato #SummerInSyria sapeva bene quello che faceva, come dimostrano numerosi altri tweet lanciati dall’account in lingua inglese dell’agenzia di stampa, che non ha di meglio da dire che dare le previsioni del tempo o annunciare i concerti e feste in piscina in programma a Damasco per il mese di giugno.

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Per questo non si può parlare di “epic fail” in senso stretto: un organo di propaganda che deve descrivere “un paese felice dove la vita continua come sempre” può anche lanciare un hashtag come #SummerInSyria. La cosa non deve stupire troppo.

Quello che però è interessante è la risposta generata dagli utenti: poiché #SummerInSyria è stato lanciato dall’account in lingua inglese di SANA, con un testo in inglese e chiamando implicitamente in causa anche eventuali turisti che però difficilmente potrebbero trovarsi in una qualsiasi città siriana, è chiaro che la campagna era espressamente rivolta al pubblico occidentale, per dimostrare che “in Siria va tutto bene”. Nel frattempo però, della rivolta contro il regime di Bashar al-Assad, sui social, se ne parlava sempre meno: la guerra civile siriana, il dramma dei profughi e delle vittime dei bombardamenti hanno cominciato a essere messi in secondo piano rispetto alle notizie che hanno come tema principale lo Stato Islamico, con le sue mire espansionistiche e le atrocità commesse dai suoi miliziani. Insomma, la Siria sullo sfondo dell’ISIS.

#SummerInSyria ha avuto invece il potere di far ricordare alla gente che in Siria, oltre all’ISIS, continua a esistere anche qualcos’altro. E i tweet sarcastici non si sono fatti attendere:

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[Sto bevendo un po’ di tè godendomi il panorama dal mio terrazzo #Homs #SummerInSyria]

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[#SummerInSyria Saluti da Homs]

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[Assad e i media di stato vogliono che vi godiate #SummerInSyria]

 Naturalmente quella degli utenti di Twitter è stata una risposta più che prevedibile: come nella migliore tradizione delle campagne social portate avanti da brand molto in vista e con parecchi scheletri nell’armadio, l’azione provoca la reazione. È come se domattina una qualsiasi catena di fast food lanciasse l’hashtag #IlFrittoNonFaVenireIlColesterolo. Figuriamoci poi quando si tratta di un paese in guerra da anni che viene spacciato come felice.

Benché possa sembrare azzardato accostare la Siria al concetto di “marca”, è esattamente quello che hanno voluto fare i social media manager di SANA: vendere l’idea di un paese felice. Ottenendo però di risvegliare l’attenzione del pubblico che, improvvisamente, si è ricordato che in Siria c’è una guerra che continua a fare morti, e che questi non sono (solo) morti causati dall’ISIS. E hanno ricominciato a parlarne, tornando a condividere immagini iconiche – intere città rase al suolo dai bombardamenti, o immagini di civili feriti – che, a dirla tutta, era un po’ di tempo che non si vedevano in giro,  perché sostituite da altre immagini che raccontano una cosa diversa.

Sicuramente la sfacciata campagna di #SummerInSyria non terrà in grande considerazione la risposta di Twitter ma, da un punto di vista strettamente comunicativo, non si può dire che “l’engagement del pubblico” sia stato positivo. In realtà, quindi, #SummerInSyria non sarebbe potuta andare diversamente: ci sarebbe dovuti stupire del contrario. Ma, ancora una volta, ha dimostrato che non c’è modo migliore per risvegliare l’attenzione del pubblico attorno a un tema che… tentare di insabbiarlo, “coprendolo” con un’altra comunicazione.

Lesson Learned: Usare i social media per cercare di nascondere un problema negandolo è il miglior modo per riaccendere l’attenzione del web su quel problema, portando le persone a parlare di quello che non vorresti.

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