L’innovazione documentale è tappa fondamentale per le imprese: intervista a Fabio Rizzotto

A volte quando i progetti di ristrutturazione domestiche sembrano troppo complesse, si ha la forte tentazione di “rimandare” i necessari ammodernamenti, spaventati dall’idea di quanto costi, non solo solo in termini economici, l’intero processo. A ben guardare è quello che capita alle imprese chiamate a ragionare su cambiamenti strategici e operativi imposti dalla digital transformation: l’impatto temuto dei mutamenti in termini organizzativi oltre che economici, rischia di paralizzare e di bloccare l’innovazione. Accade in molti settori d’impresa e accade anche nell’universo della gestione documentale, un comparto ancora estremamente legato alla carta, troppo legato alla carta, e poco al digitale. Lo dice IDC in una recente ricerca: circa la metà dei documenti in uso nelle aziende vive su supporto cartaceo e ogni lavoratore perde mediamente tre ore alla settimana in attività legate alla gestione di questo tipo di documentazione.

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Fabio Rizzotto è Senior Research and Consulting Director di IDC Italia.

Le aziende italiane, ci spiega Fabio Rizzotto, Senior Research and Consulting Director di IDC Italia, non sono le uniche: “il problema dell’inefficienza in questo settore l’hanno anche all’estero e c’è da dire che per molti versi l’Italia ha fatto e fa da apripista in quanto a normative che abilitano la transizione digitale dei documenti e ne regolano la sua gestione. Ma da noi rimangono sicuramente valide forme di “resistenza” al cambiamento che toccano da vicino le nostre imprese.” Gli ostacoli maggiori? Secondo Rizzotto il fattore umano, elemento critico che va sempre considerato in qualunque fase del cambiamento si trovi, è un aspetto cruciale quando si somma a quello procedurale. “La complessità maggiore è passare dalla teoria alla pratica, e nel caso della gestione documentale le criticità aumentano in quanto si combinano diversi fattori che hanno a che fare con le “persone” e con le modalità di lavoro, i “processi” e l’organizzazione più in generale, le “tecnologie” e gli ambiti di applicazione.” Una complessità a 360° per le imprese che, nella transizione alla gestione documentale digitale, hanno a che fare con una sfida che effettivamente tocca ambiti molto diversi tra loro, strategici, economici umani. “E non dimentichiamoci – aggiunge – che talvolta manca anche la capacità di disegnare/individuare una governance del “life-cycle” dei documenti e misurare gli effettivi ritorni che possono derivare da queste iniziative.”

Eppure l’innovazione dei processi documentali e informativi potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel quadro più ampio della trasformazione digitale, proprio perché la “ristrutturazione” si è fatta necessaria e non più procastinabile. Si pensi ai “processi di front-end e che impattano sulla Customer Experience in generale, oggi più che mai ispirata dall’affermazione dei modelli digitali.” Non si tratta di passare al digitale solo per i seppur nobili vantaggi economici, di efficienza, di velocizzazione dei tempi, di maggiore sicurezza etc.. “Oggi tali processi possono concretamente supportare l’evoluzione dell’intera organizzazione verso modelli di business più coerenti con le sfide dell’economia digitale e della Customer Engagement, di fronte ai quali un approccio tradizionale alla gestione documentale appare non più solo obsoleto ma anche rischioso per la competitività futura.

C’è una strada per uscire dal dubbio e decidersi a procedere all’ammodernamento dei processi documentali? Secondo Rizzotto si, ma vanno considerati aspetti strategici e operativi.
Innanzitutto bisogna interrogarsi sulle modalità con cui effettivamente si realizzano le iniziative dentro le imprese e la PA. “E’ impensabile immaginare di fare un salto di qualità senza una concreta revisione dei processi. E rivedere, o anche semplicemente interrogarsi, su come funzionerà il “nuovo” processo comporta spesso impatti su persone e operatività.” Secondo aspetto: avere un adeguato “project management” “ovvero quell’insieme di approcci e metodi che consentono alle iniziative di essere accompagnate verso il successo, e in questo ambito gli aspetti di “comunicazione” e “coinvolgimento” giocano un ruolo molto importante.” Terzo, e certamente il più urgente, è quello di cambiare approccio al concetto di innovazione, nella consapevolezza che “imporsi iniziative faraoniche di digitalizzazione è rischioso; piuttosto meglio partire da ambiti definiti e “incrementabili” nel tempo (ad alta intensità documentale, misurata non solo in volumi ma anche in valore) e in cui è percepita la scarsa “sostenibilità” della situazione attuale, per costi, inefficienze, scarsi risultati di business etc…”
Il tutto senza rinunciare a comprendere le possibili sinergie e correlazioni che, anche solo a breve termine, queste iniziative possono avere con altri processi o contesti aziendali.

L’innovazione dei processi documentali rappresenta quindi un tassello di quel complesso di azioni e decisioni che imprese e PA devono, il condizionale non è più concesso, per realizzare la digital transformation. Perché “è un passaggio ormai irrinunciabile, non più un “nice to have”.

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