Nel dibattito sull’Internet of Things e sui wearable ci si sofferma spesso su come le loro potenzialità possano essere utili in contesti aziendali, industriali o per il tempo libero e lo sport; sono in pochi quelli che si interrogano su quali effetti e impatti positivi possano avere sulle persone che hanno bisogno di assistenza e aiuto quotidiano, come ad esempio le persone anziane.
La tecnologia, infatti, è destinata a diventare sempre più importante nel prossimo futuro: dato il crescente invecchiamento della popolazione in diverse nazioni (con le ultime statistiche dell’Organizzazione delle Nazioni Unite le quali affermano che entro il 2050 quasi un quarto della popolazione mondiale sarà più di 60 anni), il nostro modo di vivere dovrà necessariamente fare affidamento sulle tecnologie medicali e di supporto e questo rappresenta una grande opportunità per fornitori, imprese e startup impegnate nel settore.
Lo scenario
E’ sempre più diffusa, quindi, l’idea che gli smart object indossabili possano diventare nuovi strumenti di monitoring per la salute, veri e propri device medicali che analizzano i dati biometrici delle persone, i quali hanno anche la capacità di mettersi in contatto con autorità sanitarie, con medici, con i parenti e, soprattutto, con il diretto interessato.
I vecchi dispositivi più “tradizionali” per gli anziani avevano grossi limiti: in primo luogo, i “pulsanti indossabili” (quelli che servivano per chiamare polizia, ambulanza o un numero predefinito) erano sostanzialmente anti-estetici, ma soprattutto erano stigmatizzanti e le persone che li indossavano non erano contenti di mostrarli in pubblico; in secondo luogo, non erano predittivi e non avevano la stessa accuratezza dei sistemi moderni di rilevazione biometrica in grado di prevedere le emergenze prima che accadano; in terzo luogo, non avevano la capacità di comunicare “automaticamente” un pericolo.
Cosa sta cambiando?
Con i “wearable” e con l’Internet of things questi limiti vengono abbattuti: è quello che insegna il caso di Jean Anne Booth, segnalato da Cisco, la quale nel 2013 ha lanciato una società con sede a Austin per commercializzare “Unaliwear”, una tecnologia da indossare simile ad un orologio (quindi non stigmatizzante per l’anziano) che è in grado di rilevare i movimenti indicando una possibile caduta e contattando le autorità o i parenti.
Focalizzato, invece, sul prevedere in tempo reale le eventuali emergenze, studiare il comportamento delle persone e prevenire le emrgenze è “CarePredict”, un dispositivo che si indossa anch’esso al polso ma che combina sensori di movimento e di posizione per la facile localizzazione e per la segnalazione di comportamenti anomali.
Durante la prima settimana, il dispositivo “impara” quali sono le normali attività della persona e invia un avviso tramite SMS, e-mail, o app se rileva un cambiamento. Ad esempio, essere sdraiati in salotto un pomeriggio potrebbe indicare un momento di relax, ma essere a letto per tutto il weekend potrebbe significare qualcosa di più serio e il dispositivo invia una notifica ai familiari dell’anziano.
Inoltre è bene sottolineare che il mondo dell’Internet of Things e dei wearable per le persone anziane, fortunatamente, non si ferma solo al monitoraggio: interessante in questo senso è anche il caso di “WalkJoy”, un wearable il cui scopo è aiutare le persone che soffrono di neuropatia e che non riescono a camminare e a mantenere l’equilibrio.
In sostanza, gli individui che soffrono di questa patologia non riescono a percepire correttamente le proprie gambe e i propri piedi, con forti conseguenze anche per la percezione dello spazio circostante, provocando cadute e incidenti frequenti. Il dispositivo funziona attraverso una varietà di sensori in grado di rilevare la velocità e l’angolo del piede: con questi dati il sistema può analizzare il suolo e la posizione degli arti e, in caso di necessità, inviare messaggi appropriati al cervello che aiutano nella percezione dei propri movimenti.
Il futuro
In conclusione, come per ogni prodotto, anche i wearable diventano particolarmente attraenti per i consumatori quando hanno un vantaggio chiaro e immediato: non è quindi una sorpresa che si registri numero sempre crescente di dispositivi domestici che aiutano gli anziani a rimanere indipendenti dai circuiti di assistenza o dalla famiglia. Secondo ABI Research, infatti, dal 2011 al 2017 i dispositivi indossabili per la salute e per il monitoraggio dei dati biometrici arriveranno quasi a raddoppiare la loro quota di mercato, passando dal 12% al 22%.
Si tratta di un mercato di nicchia riservato a piccoli fornitori? Non sembrerebbe: molti giganti tecnologici, infatti, sono entrati nel settore con vari progetti. Per fare un esempio, anche il colosso Samsung si è lanciato con una startup chiamata Mybitat che, grazie ad un mix di sensori domestici e di dispositivi indossabili è in grado di monitorare e assistere le persone anziane: il suo funzionamento è basato su un algoritmo in grado di prevedere i cambiamenti di comportamento o le alterazioni dello stato di salute dell’individuo, inviando un segnale di allarme ai parenti o alle strutture sanitarie.
Anche in questo caso l’IoT promette di rivoluzionare business e vita quotidiana delle persone.
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