Imprese che fanno rete (anche in Rete)

Cresce tra le imprese la voglia di aggregarsi: all’inizio di marzo erano 2.700 le reti di impresa attive, alle quali aderiscono poco più di 13.500 realtà. Questo il dato che emerge dallo studio “L’identikit di chi si aggrega”, realizzato dal Centro Studi Confindustria con la collaborazione di RetImpresa e Istat e presentato in questi giorni. Da evidenziare subito che i dati rilevati e elaborati fanno riferimento alle statistiche Istat del 2011 e rappresentano, come si legge nella prefazione, “una base conoscitiva di partenza di un percorso più ampio che permetterà nel prossimo futuro di fornire indicazioni anche su come sia cambiato il profilo organizzativo e strategico delle imprese a seguito della loro adesione alle Reti”.

Cos’è il contratto di Rete?

E’ uno strumento giuridico innovativo per coordinare gli sforzi imprenditoriali individuali su progetti comuni, estremamente utile nel contesto economico del nostro Paese caratterizzato da una forte frammentazione delle filiere produttive e una scala dimensionale delle imprese conseguentemente ridotta. Dal 2010 ad oggi sono state create oltre 2.200 Reti e coinvolte più di 11.000 imprese facendo assumere al fenomeno una rilevanza macroeconomica. La forma giuridica più comune che si rileva nelle Reti è quella della s.r.l. (nelle sue varie articolazioni), che rappresenta oltre la metà delle imprese in Rete (53,6%); in crescita anche l’impresa individuale (14,0%) e le realtà cooperative e consortili (11,0 %). Negli anni è salito infatti l’interesse verso le Reti da parte di imprese che risultavano inizialmente più “isolate” dal resto del sistema produttivo, meno dinamiche in termini di innovazione, meno efficienti sul piano della produzione, e maggiormente vincolate al mercato domestico per la loro sopravvivenza.

Quante imprese?

Le imprese in Rete, escluse quelle del comparto agricolo e le ditte individuali, al 2011 impiegavano 340.000 addetti, con un fatturato aggregato di 86 miliardi di euro, corrispondente a un valore aggiunto superiore di 19 miliardi di euro. Le aggregazioni sono avvenute per lo più tra imprese geograficamente vicine: il 74,1% comprende esclusivamente imprese appartenenti ad una stessa regione e il 58,4% ad una stessa provincia. A livello di grandezza prevalgono le micro-imprese: il peso delle imprese con meno di 50 addetti è dell’87,6%, di cui il 45,8% con meno di 10 addetti; il 10,3% invece è rappresentato dalle unità produttive che impiegano tra 50 e 249 addetti, mentre solo il restante 2,6% raggiunge oltre 250 addetti. La dimensione media delle imprese in Rete è comunque superiore a quella del sistema produttivo italiano nel suo complesso (46 addetti contro 4 al 2011). Le imprese con meno di 50 addetti nelle Reti rappresentano infatti l’87% circa del totale, contro un’incidenza nell’economia italiana di oltre il 98%. Sicuramente il dato va letto considerando le caratteristiche delle imprese che hanno aderito alle Reti a confronto con imprese non in Rete: poiché la diversa grandezza (taglia dimensionale) incide sia sulla performance sia sulle scelte strategiche intraprese. Più grandi sono le imprese, infatti, maggiore è la capacità di innovare i prodotti e i processi produttivi, di acquistare e utilizzare le nuove tecnologie, di accrescere l’efficienza sfruttando le economie di scala e di scopo nella produzione, di espandersi stabilmente nei mercati internazionali.

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Quali settori?

I settori più coinvolti dal fenomeno aggregativo della Rete riguardano i comparti della meccanica, seguiti da quelli dei servizi tecnologici, con un’incidenza sul totale delle imprese rispettivamente pari al 12,0% e all’11,8%. La filiera agroalimentare è al terzo posto per numero di imprese partecipanti (11,4%), prima del settore costruzioni (11,1%). E’ interessante sottolineare inoltre la forte integrazione tra manifattura e servizi ed infatti nel 53,6% delle Reti in cui partecipano imprese manifatturiere sono presenti anche imprese di servizi, soprattutto quelle di servizi tecnologici (nel 32,5% dei casi).

Le imprese che offrono servizi tecnologici aderenti alle Reti appartengono in prevalenza a due classi: software e informatica (nel 40,2% dei casi) e attività di architettura, ingegneria e collaudi (22,3%). Il peso del comparto sul totale delle imprese in Rete è pari all’11,8%, quattro volte superiore all’incidenza dello stesso sul totale economia 3,3% secondo i dati Infocamere riferiti al 2015.

Quali aspetti positivi delle aggregazioni in rete?

Le imprese che entrano in Rete sono:

  • più performanti e mediamente più produttive: il valore aggiunto medio per addetto al 2011 era pari a 55,5 mila euro per le imprese in Rete contro i 37,4 mila per le imprese non in Rete. Le imprese in Rete più grandi risultano mediamente meno produttive rispetto a quelle simili ma non in Rete. Quando realizzati, i guadagni di efficienza attesi dalle collaborazioni in Rete contribuiscono a rafforzare la posizione competitiva delle imprese più piccole e a colmare il ritardo rispetto ai concorrenti di quelle più grandi;

  • più orientate verso i mercati esteri: il 52,7% esporta rispetto al 42,0% delle imprese non in Rete, e solo il 19% vende esclusivamente all’interno dei confini della propria regione di appartenenza in raffronto al 27,0% delle imprese non in Rete. Inoltre puntano di più sulla qualità dell’offerta e sulla flessibilità della produzione;

  • più innovative: il 72,1% delle imprese rispetto al 60,1% di quelle non in Rete fanno innovazione di prodotto, di processo, di natura organizzativa e di marketing. Per il 78,4% le aggregazioni servono proprio come strumento per rafforzare la capacità innovativa già pre-esistente. Isolando le imprese che hanno stipulato contratti di Rete con finalità di ricerca scientifica si osserva una presenza molto più significativa di innovatori (pari al 78,4% del totale), soprattutto di prodotto (58,1% contro il 48,3% del totale del campione in Rete) e di processo (46,1% contro 41,1%). Analoga è la percentuale di innovatori nell’organizzazione (44,6% contro 43,5%), mentre minore è quella di innovatori nel marketing (36,1% contro 44,7%).

Il parere di Carlo Alberto Pratesi sull’importanza delle reti d’impresa

La collaborazione tra imprese è sempre più importante. In ottica di Open Innovation le aziende per resistere devono innovare e non riescono a farlo da sole perché non hanno competenze interne per poterlo fare probabilmente perché hanno investito troppo poco nella formazione, ma anche perché la contaminazione esterna è imprescindibile. Molto interessanti le collaborazioni tra grandi imprese e piccole start-up, che meglio delle grandi realtà sanno intercettare i segnali di mercato e tradurli in modelli innovativi. In questo ultimo periodo bisogna riconoscere che c’è stata una forte presa di coscienza della necessità di fare rete anche da parte delle grandi aziende (come per esempio Poste, Enel o Telecom). Sta passando il concetto che innovazione è possibile solo se c’è apertura e collaborazione“.

Avremmo voluto riportare un commento di Confindustria ma, sentito l’ufficio stampa, ci viene proposto di “estrarre un commento sull’iniziativa direttamente dalla prefazione del volume dall’intervento di Aldo Bonomi presidente di RetImpresa-Confindustria”. E questo ci sembrava un esercizio inutile, visto che chi legge può scaricare il rapporto e leggere comodamente lì quel commento.

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