La Difesa risparmia milioni di euro scegliendo software libero: parla il generale Camillo Sileo

In un Paese in cui si parla molto di spending review spesso senza darle concreta attuazione, la notizia del Ministero della Difesa che risparmia dai 26 ai 29 milioni di euro scegliendo software libero non può che rappresentare una boccata d’ossigeno. Il progetto di migrazione a LibreOffice, denominato LibreDifesa, che abbiamo iniziato a raccontare in

Camillo Sileo
Gen. Camillo Sileo, coordinatore progetto LibreDifesa

un diario fin dai suoi primi passi, è ormai una consolidata e sana realtà italiana vista con interesse a livello internazionale ma non ancora con il giusto interesse a livello nazionale dove, purtroppo, alcune Amministrazioni pubbliche preferiscono il fascino del cloud ad un consolidato risparmio (Bolzano e Pesaro tanto per fare dei nomi).

Abbiamo chiesto al coordinatore del progetto e Vice Capo Reparto VI Reparto Sistemi C4I e Trasformazione Stato Maggiore della Difesa, Generale Camillo Sileo, di spiegarci le motivazioni che hanno portato alla scelta e le modalità (che possono fare scuola per altri) con cui si è gestita l’adozione di open source all’interno dei diversi Enti della Difesa.

Il Ministero della Difesa è il primo che affronta in Italia una adozione di software libero che impatta su un numero così elevato di persone. Quali le ragioni che hanno motivato la decisione?

Le ragioni che hanno portato il Ministero della Difesa a fare questa scelta sono molteplici: la prima è indubbiamente quella del rispetto della normativa che impone alle Pubbliche Amministrazioni, attraverso l’art. 68 del Codice di Amministrazione Digitale, l’obbligo di preferire, a parità di qualità, software di tipo open source o in riuso rispetto a quello proprietario. Questa direttiva in Difesa l’abbiamo applicata e non posso in questo non riconoscere il grande supporto che ho ricevuto dall’intera mia linea di Comando.

La seconda motivazione è che, adottando il formato standard aperto ODF, abbiamo guardato anche all’esigenza di garantire interoperabilità, leggibilità nel tempo di documenti digitali oltre che rendere l’Amministrazione indipendente da fornitore e da software.

Attraverso l’adozione di LibreOffice avremo finalmente tutti gli enti della Difesa con una versione uniforme di software che porterà nel medio e lungo termine un aumento di produttività.

Motivazione non di secondaria importanza il grande risparmio economico che sarà diluito nell’arco di cinque anni in funzione della scadenza del supporto Microsoft attualmente  disponibili in Difesa e che può essere stimato sui 26 – 29 milioni di euro per l’intero parco macchine della Difesa.

Come si struttura il progetto e quali tempi di realizzazione sono previsti?

Il progetto ha seguito in maniera attenta tutte le fasi previste nel protocollo di migrazione di The Document Foundation, fondazione indipendente che gestisce LibreOffice. La metodologia era stata adottata da altre PA italiane e in particolare nel progetto LibreUmbria, dal quale abbiamo ripreso alcuni documenti in riuso anche su suggerimento dell’associazione LibreItalia con la quale abbiamo sottoscritto il 15 settembre scorso uno specifico protocollo di intesa.

Il progetto si struttura con un governance effettuata attraverso un gruppo di progetto interforze di cui fanno parte oltre a SMD VI anche rappresentanti di Segredifesa V reparto, rappresentanti dell’Esercito, della Marina Militare e dell’Aereonautica.

Siamo partiti con una analisi preliminare di impatto sui software gestionali della Difesa e una valutazione della sicurezza del prodotto che ha visto la collaborazione delle organizzazioni dedicate a questo. Al fine di comunicare il progetto in modo adeguato abbiamo organizzato una serie di incontri informativi alla dirigenza della Difesa e organizzato una serie di corsi formativi per formatori, installatori e referenti informatici (a costo zero per la Difesa) con la collaborazione di LibreItalia. Contestualmente alla formazione di formatori interni abbiamo lavorato alla realizzazione di un corso e-learning su LibreOffice che tutti i nostri utenti potranno fruire nella nostra piattaforma, e che rilasceremo con licenza copyleft, visto che è nato dalla stretta collaborazione tra LibreItalia che ha fornito i contenuti didattici e la Scuola Trasmissioni dell’Esercito che li ha trasformati in corso on line.

Dopo la fase informativa e formativa siamo passati all’installazione di Libreoffice negli enti piloti individuati. Ad oggi siamo a circa 5000 postazioni e pur avendo attivato un supporto di II livello tramite la mail [email protected]. non abbiamo rilevato particolari problematiche. Il che dimostra che il passaggio a LibreOffice è meno difficile di quanto si creda e che il progetto non presenta crisi di rigetto se gestito nel modo corretto. I tempi per migrare tutti gli utenti a LibreOffice tengono conto delle scadenze del supporto delle licenze Microsoft Office, pertanto possiamo dire che saranno circa 75.000 (il 70%) entro il 2017 e altre 25.000 entro il 2020.

Quale il miglior risultato ottenuto finora grazie al progetto?

La cosa migliore di LibreDifesa è stata il coinvolgimento del personale interessato al progetto. Ho visto gente convinta e partecipativa oltre che di elevata professionalità in tutti i settori coinvolti (formazione e assistenza all’utenza). L’entusiasmo in progetti come questo penso sia determinante per raggiungere lo scopo nei tempi prestabiliti. Abbiamo fatto squadra, abbiamo condiviso ogni fase del progetto e questo ci ha aiutato ad essere compatti e a sostenere le diverse attività messe in campo.  Ci auguriamo che LibreDifesa possa portare, anche attraverso attività di comunicazione e condivisione del progetto, un forte messaggio per i cittadini di attenzione alla legalità, al risparmio e all’etica. La stretta collaborazione con la comunità LibreOffice, la valorizzazione della contribuzione volontaria, la trasparenza del progetto e la volontà di rilasciare materiali in riuso a favore della collettività costituiranno un esempio prezioso per altre PA.

Rispetto al formato aperto ODF come verrà attuato in Difesa? Quali potrebbero essere a suo avviso i vantaggi in caso di adozione del formato aperto standard per i documenti della PA a livello nazionale?

Come dimostrato dal Regno Unito che ha adottato ODF come standard dei documenti in PA, indubbiamente l’open standard è la scelta migliore che una PA possa fare in termini economici e di indipendenza da fornitori. Se ODF venisse adottato da tutte le PA italiane credo ci si guadagnerebbe sia in termini di efficienza che economici.

Quali i progetti europei o italiani (se ci sono) ai quali vi siete ispirati?

Sinceramente siamo venuti a conoscenza successivamente di altre best practice europee proprio grazie a LibreItalia che ci ha illustrato le diverse esperienze e messo a disposizione consigli e suggerimenti preziosi. Il sapere di non essere gli unici indubbiamente è di conforto a inizio progetto.

Perché il contatto con associazione LibreItalia? Quali le aspettative prima del contatto e quali i benefici della collaborazione?

A inizio progetto abbiamo cercato un contatto con la comunità italiana di LibreOffice arrivando così a associazione LibreItalia che ci ha messo a disposizione in modo gratuito il supporto metodologico al progetto di implementazione di LibreOffice, la collaborazione nelle attività informative e formative oltre all’esperienza dei tanti volontari che in questi mesi si sono messi a disposizione per supportarci. Il fatto poi che tale associazione aveva già seguito progetti di migrazione di altre PA ci ha consentito di avere subito dei riscontri pratici ai nostri quesiti. Tale supporto, pertanto, ci ha consentito di non ripetere errori che inevitabilmente avremmo commesso per “inesperienza” o per formazione e di accorciare i tempi di implementazione del progetto.

Progetti in cantiere per l’adozione di altri software open source?

Ci sono anche se non possiamo ancora definirli progetti ma studi sì: in particolare stiamo valutando il software per la posta elettronica Zimbra.

L’augurio che possiamo farci è di poter raccontare altre storie di PA che innova razionalizzando, diventa esempio riusando e soprattutto che sa gestire progetti complessi quasi in punta di piedi, senza annunci da Amministrazione 3.0. Storie di PA dove si lavora seriamente e si punta alla sostanza molto più che all’apparenza.

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