Non è facile spiegare il software libero a chi non lo conosce. “Libero? E che vol dì? Gratis? Ah e allora dillo che è quello che ‘nse paga!”. La mia mamma è per la massima semplificazione di qualunque concetto. Potrebbe essere ministro della semplificazione e farebbe un ottimo lavoro, ne sono convinta. Soprattutto perché è per la semplificazione del linguaggio, ma non certo della sostanza.
“Ma quindi, famme capì: quando me dici che un ente decide di mettere sui computer un programma che non se paga fa una cosa buona perché così non buttano via i soldi (che poi non sono soldi loro ma nostri), no? E allora perché invece che stabilì tante altre cose non lo mettono per legge questo? Che ce vole?”.
Giusto mamma. Per legge ce lo avrebbero messo, ma non lo posso dire altrimenti parte il commento da bar su quanto nel nostro Paese “fatta la legge trovato l’inganno” e “ma possibile che non ce po sta qualcuno che controlla chi fa l’furbo” e potremmo andare avanti con i dibattiti almeno per un anno.
Non è sempre facile, mamma – provo a spiegare io.
“E che me frega a me si non è facile! Io mica ho fatto un lavoro facile! Ho fatto l’mio. Quello che dovevo fa. E se non lo facevo me cacciavano via. Se questa è una cosa che se po’ fa, se deve fa. Ce stanno enti che l’hanno fatto o no?”
Certo che ci sono. Le famose best practice che a casa mia si chiamano “L’Esempio”, lo stesso che sta alla base del modello educativo dei miei genitori fin da quando sono piccola. Che se vuoi far capire che nella vita bisogna essere onesto non puoi far finta di niente se la cassiera al supermercato ti rende 30 centesimi in più e tu te ne accorgi e non lo dici per dire.
“E se l’ha fatto qualcuno che non lo possono fa tutti gli altri? Che saranno meno svegli de chi l’ha fatto? Che poi se so’ meno svegli possono fa un lavoretto più facile e meno pagato no? Che mica potemo diventà tutti dirigenti ‘ntol mondo”.
No, mamma. Non è così semplice. Ogni situazione è un po’ diversa. E poi soprattutto il software proprietario (e qui una mezz’ora va via per spiegarlo, per arrivare alla definizione del “quello che se deve pagà e non è detta che è mejo de quell’altro”) crea lock in. Dipendenza insomma.
“Come sarebbe a dì che adesso anche i programmi danno dipendenza? Come le droghe?”
Sì. Tanto che si parla di resistenza al cambiamento. Come quando al supermercato sei abituato a comprare i biscotti di una certa marca e se poi devi comprarne di una marca diversa è difficile convincersi che ti possano nutrire allo stesso modo o anche meglio.
“Sì vabbè, ma non me la sta a fa lunga. Non m’è detto che il programma che non se paga comunque non è de seconda scelta? E non m’è detto che è anche mejo per altri motivi? E allora che me frega della marca?”
Hai ragione mamma. Ma vedi che il lock in non incide solo sulle abitudini di chi i programmi li usa. Il lock in a volte è così forte e radicato che molte cose collegate a quel programma devono essere adeguate per poter funzionare di nuovo. Per esempio se tu a casa scegli delle prese elettriche particolari poi cercherai sempre gli elettrodomestici che hanno quelle prese per evitare di rifare tutto l’impianto.
“Io e l’tu babbo avemo sempre scelta robba standard. Che le cose particolari se sa che dopo te legano”.
Eh…giusto. Ma non sempre il buon senso contadino contraddistingue le scelte delle persone mamma.
“E comunque si anche l’hai fatta la stupidaggine de prende robba che non è standard tanto vale che ce metti le mani una volta per tutta e la cambi. E poi se hai capito scegli la robba che è standard. Se non hai capito c’hai qualche problema e allora è bene che te mettono a fa n’altro lavoro più semplice ma che fa meno danno”.
Sì. Ma anche qui mamma non è così semplice come pensi tu. Perché sono processi lunghi, ci vuole tempo.
“Ho capito e allora si ce vole tempo ‘nse comincia? Che se ce vole tempo allora ‘nse fanno le cose? Ma tu dove sé cresciuta?”
Sì io sì, sono convinta. Ma sai tante altre persone magari sono spaventate da progetti complessi, che richiedono tempo e energie. E soprattutto magari hanno paura di trovare resistenza negli utenti e creare malcontento. Questo i politici in particolare.
“Eh sì, ma non è che per non scontentà quattro gatti che n’vogliono cambià n’programma possono buttà via i soldi nostri no?”
In teoria no. Ma a volte capita. Si sceglie la strada più facile, quella che comporta meno lavoro.
“No, no aspetta che qualcosa non m’artorna. Ma non sarà che sta gente ha paura delle ditte che vendono i programmi? E non vogliono scontentà le ditte? N’sarà così la canzone? N’sarà che è per il panettone a Natale e la colomba a Pasqua tanto per capirci?”
Può anche darsi mamma ma sarebbe da qualunquisti e da malpensanti credere che non si faccia una scelta per interessi personali, no?
“Ma camina va! Mica so nata ieri. Ho capito tutto quanto. E allora l’sai che te vorrei dì? Continua a cercà de convince i cristiani a usà sti programmi liberi come li chiami tu. Ma ‘nce sperà de cambià l’mondo”
E no. Su questo invece mamma hai torto. Perché L’Esempio ormai è entrato dentro. L’Esempio di papà che ha fatto volontariato per una vita, che passava le ore a fare cose per la sua banda musicale perché pensava fosse giusto mantenerla in vita. L’Esempio mamma non si cancella. E me l’avete detto voi che anche se non si cambia il mondo ognuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa. E se quel qualcosa lo fa ogni piccola persona magari qualcosa la riusciamo a cambiare. Se perdo la speranza mamma non sopravvivo. E anche questo me l’hai insegnato tu. Vale un po’ per tutto e vale anche per questo. E poi lo sai mamma che non mollo. Sono sempre io, la solita testarda. Continuo a “predicare” di sicuro e lo faccio nella speranza di cambiarlo questo mondo.
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