Approvato il #FOIA: quali sono i nodi da sciogliere? Il punto dalla rete

Anche il nostro Paese ha finalmente il suo Freedom of Information Act (il FOIA, che negli Stati Uniti esiste già dal 1967): il Consiglio dei Ministri ha approvato nel corso della seduta pomeridiana del 16 maggio il decreto legislativo che prevede la possibilità per il cittadino di accedere alle informazioni e ai dati della pubblica amministrazione senza doverne specificare i motivi, anzi, sarà la PA a dover fornire spiegazioni nel caso in cui venga negato l’accesso ai dati che un cittadino richiede. Un viaggio lungo, quello del FOIA, per arrivare all’approvazione dato che fin dalla prima presentazione aveva sollevato diversi dubbi e perplessità, fino alle ultime modifiche volute da Anna Ascani, deputata PD e relatrice del testo alla Camera.

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«La PA diventa una casa di vetro», scrive Angelo Rughetti (Deputato PD, Sottosegretario per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione) su Twitter. Tuttavia, ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere per poter festeggiare l’arrivo di una norma tanto attesa, a partire dagli effetti reali fino al fatto che i criteri con i quali le PA potranno negare il consenso non sono ancora state rivelate. Ecco cosa emerge dalla rete e quali sono state le analisi e le reazioni all’approvazione del nuovo decreto legislativo:

  • come riporta Beniamino Pagliaro su La Stampa, ci sono due aspetti della legge che ancora non sono chiari: “in primis l’ampiezza delle eccezioni a cui un comune o un ministero potrà opporsi. In secondo piano l’autorità che sarà incaricata di sciogliere i contenziosi sull’accesso. Nelle ultime ore si era parlato dell’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone quale possibile arbitro delle controversie”. In sintesi, rimane ancora poco chiaro con quale criterio le PA potranno rifiutarsi di fornire dati pubblici.
  • Considerazioni diverse quelle di Alessandro Longo su La Repubblica, orientate però verso i problemi di carattere culturale che erediterà la norma e con cui dovrà fare i conti: “Ci sono da aspettarsi resistenze da parte della PA o anche una semplice difficoltà, nel breve periodo, di attrezzarsi per fornire le informazioni ai cittadini in modo tempestivo. Lo insegna, tra l’altro, la storia degli open data: già dal 2012 la PA è obbligata a pubblicare i propri dati in formato aperto, ma non tutti rispettano la legge. Alcuni lo fanno in modo discontinuo; non aggiornano i dati, che quindi perdono di qualità e utilità. Manca ancora una strategia coordinata per guidare la pubblicazione dei dati (dovrebbe essere compito dell’Agenzia per l’Italia Digitale). Insomma, come per gli open data, anche per il Foia non basterà la norma.
  • Gianni Trovati, sul Sole 24 Ore, sostiene che il testo approvato ieri è stato realmente modificato a quello presentato inizialmente, ma anche lui ha seri dubbi sulle possibilità di realizzazione: “Passare dalle intenzioni alle realizzazioni non è semplice, come dimostra lo stesso cammino che il decreto attuativo di questo capitolo della delega Madia ha compiuto dalla prima approvazione al via libera finale. Quello licenziato ieri dal Consiglio dei Ministri è un testo diverso in molti punti rispetto a quello iniziale, e accoglie tante correzioni sollecitate dal Parlamento, dal Consiglio di Stato e da Foia4Italy, il “cartello” delle associazioni che aveva promosso lo sbarco anche in Italia di una regola sulla trasparenza totale, già presente in 90 Paesi, e aveva manifestato la propria delusione per il primo testo.”
  • Paolo Anastasio, su Key4Biz, solleva il problema della reale applicabilità del FOIA: “In attesa di leggere il testo definitivo, si può comunque dire che l’applicazione del decreto che introduce il FOIA sarà possibile soltanto a condizione che le amministrazioni pubbliche pubblichino tempestivamente i documenti e gli atti che producono. L’obbligo di produrre documenti “nativamente digitali” già c’è, e alla prova dei fatti il diritto all’accesso civico agli atti sarà possibile realmente soltanto a condizione che i documenti vengano pubblicati sui siti delle amministrazioni.
  • Uno dei punti più controversi, secondo Matteo Sciré dell’Unità, è che “manca la previsione di sanzioni per le pubbliche amministrazioni che si rifiutano di rispondere al cittadino”. In sintesi non si comprende in che modo la PA dovrebbe essere incentivata a rilasciare effettivamente i dati senza prevedere sanzioni o qualunque altra forma di provvedimento contro le inadempienze. “Un aspetto che riduce di sicuro l’incisività del decreto”, conclude Sciré.

In conclusione, l’Italia ha finalmente il FOIA che aspettava da tempo ormai immemore, con una parte delle modifiche chieste dai comitati e dalla cittadinanza attiva: il problema, però, è che molte zone rimangono oscure e ci sono dubbi su come verrà governata l’effettiva realizzazione pratica, da parte delle PA, della nuova norma. Siamo davvero pronti, culturalmente e come pubblica amministrazione, a mettere in pratica un Freedom Of Information Act?

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