Data-driven business in otto passi 8: corretta eliminazione

Eccoci arrivati in fondo a questa semplice roadmap per l’azienda data driven. Chi è arrivato fin qui sa quanti ostacoli umani, prima ancora che tecnologici, abbiamo dovuto superare. Di sicuro l’azienda è cambiata. Se in meglio o in peggio dipenderà solo dalle nostre capacità di non sederci sui dati come fossero allori. Di certo c’è che finalmente l’azienda può competere nello stesso secolo dei suoi concorrenti.

Manca ancora una cosa per chiudere il cerchio. Dobbiamo decidere quali dati cestinare dopo l’uso. Parrà curioso, ma nell’epoca della memoria infinita a prezzi risibili, saper dimenticare è importante. Alcune considerazioni per capire.

L’archiviazione infinita è un bisogno apparente

Dopo trent’anni di ICT in azienda possiamo dircelo: l’ufficio “senza carta” è lontano oggi quanto lo era nel 1986, e non si sono mai circolate tante copie degli stessi materiali quante ne circolano oggi. Perché? Perché l’informatizzazione è stata gestita come semplice investimento tecnologico anziché culturale. Quindi il budget è sempre andato in hardware e licenze software… * corsi di aggiornamento? Non pervenuti * Revisione dei processi interni? Non pervenuta * Riassegnazione delle responsabilità? Non pervenuta * Riduzione della struttura gerarchica? Non pervenuti.

Questo ci ha dato impiegati, quadri e dirigenti che usano il computer sostanzialmente come una macchina per scrivere per fare più in fretta lo stesso lavoro di sempre , e che quando si tratta di archiviare naturalmente tengono tutto:

  • perché comunque i dischi diventano sempre più grandi, tanto vale usarli
  • perché il cammino di Santiago a piedi nudi è preferibile al parlare con l’IT
  • perché non si sa mai.

L’archivio infinito è un’abdicazione di responsabilità

Diciamocelo: perché prendersi la responsabilità di cestinare qualcosa quando possiamo, senza alcun costo apparente, conservarlo?

Detta meglio: perché prendersi la responsabilità di mettere una pietra sul passato quando possiamo sperare di rivangarlo per qualche tornaconto?

Perché non fingere che tutto abbia un valore storico per l’azienda?

Se il nostro archivio è limitato, siamo obbligati a decidere cosa riteniamo importante e cosa no, e quindi a decidere su cosa vogliamo basarci per le nostre prossime mosse. Siamo obligati a decidere quale sarà la nostra strategia, e quindi a metterci in gioco per quella.

Ma se l’archivio può essere infinito, tutte queste pericolose prese di posizione possono essere rimandate alle calende greche. Chi decide, si sa, può sbagliare, ma chi non decide non sbaglia mai.

L’archivio infinito produce miopia da dati

I tempi cambiano, i mercati evolvono, i clienti evolvono. I vostri acquisti degli ultimi due anni dicono chi siete, quelli dei precedenti quindici dicono chi non siete più.

Tutti sappiamo quanto sia fastidioso quando arriva zia Pina e ci tratta come se avessimo sempre dodici anni. Pensateci, prima di essere zia Pina con i vostri clienti.

Snowden ci insegna che “registrare tutto significa non capire nulla”. E quando si tratta di dati, lui ne ha macinati più di tutti, c’è solo da imparare.

Action items

  1. I dati sono strategici, ma non sono tutti uguali. Basarsi sul passo 1 (corretta identificazione) per elaborare la strategia di conservazione (dovrebbe già essere stata completata al passo 4, ma ci sono buone probabilità che una decisione vista come non immediatamente necessaria sia stata rinviata)
  2. ogni archivio ha una ragione d’essere, che è indicata esplicitamente nella strategia
  3. ogni conservazione ha una durata, che deve scaturire da una decisione esplicita e formale, di cui ciascun archivio deve conservare traccia
  4. la rimozione dei dati alla scadenza dei termini è automatica (è questo che significa aver preso una decisione)
  5. la strategia di conservazione è parte integrante della governance dei dati, e viene rivista con la stessa periodicità.

Fine (?)

Se la roadmap viene implementata nella sua interezza, l’azienda inizia a muoversi davvero sulla via del data driven business. Ma non si tratta di una strada facile.

Data-driven è un cambiamento di cultura, non di tecnologia. Questo significa che ci sono molti altri ostacoli, tutti squisitamente umani, che dovremo superare. Ostacoli che si opporranno strenuamente alla perdita di potere che deriva dalla riorganizzazione di ruoli e responsabilità in senso data-driven.

I dati promettono, e consentono, decisioni più rapide, e soprattutto più basate sui fatti. Ma nelle organizzazioni la capacità di “vendersi” ha spesso prodotto più carriere della capacità di produrre risultati tangibili. Non possiamo aspettarci che il richiamo ai dati oggettivi, e le conseguenze che implica, sia accolto con troppo entusiasmo.

Già appare all’orizzonte il “data storytelling”, per esempio, ma di questo avremo modo di parlare presto.

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