Come realizzare un Social Media Plan: l’analisi

Sono 37 milioni gli Italiani attivi su Internet, con un aumento del 6% rispetto al 2015. Di questi il 28% è attivo anche sui social. Questi dati li conosciamo bene, ne abbiamo già parlato e abbiamo visto insieme le novità e le strategie più adeguate per sfruttare questo trend a favore della nostra azienda. Tanti sono i canali e tante le tipologie di contenuti, ma come possiamo trasportarli all’interno di un progetto a lungo termine? Come inserirli all’interno di una strategia in grado di unire e coordinare le nostre attività sul web? Quello di cui abbiamo bisogno è un Social Media Plan.

Cos’è un Social Media Plan?

Uno strumento indispensabile per gestire la presenza di brand sul web perché ci dice chiaramente ed in modo ordinato cosa stiamo facendo, perché lo facciamo e dove vogliamo arrivare. Per essere più precisi un Social Media Plan è un piano di comunicazione e si realizza seguendo tre macro-fasi: l’analisi, la strategia, l’azione. Nel corso delle prossime settimane capiremo insieme come affrontarle.

L’analisi

1. L’azienda e il mercato

Per prima cosa dobbiamo conoscere a fondo il prodotto che andremo a promuovere e il mercato in cui si inserisce. Questa fase è fondamentale per ogni attività di comunicazione che sia offline o online. Dobbiamo chiederci: chi siamo? Quali traguardi abbiamo raggiunto fino ad oggi? Dove vogliamo arrivare? E ancora tutto ciò che viene definito Brand Equity (l’insieme dei valori alla base del Brand).

2. Le persone

L’obiettivo a cui ambiscono quasi tutti gli attori del web che conosco è quello di stabilire una relazione con gli utenti. E come in ogni rapporto sociale dopo aver capito chi siamo e come vogliamo porci, il passo successivo è comprendere chi abbiamo davanti. Qual è il nostro utente tipo? Come percepisce la nostra presenza sul web? Quali sono i suoi bisogni? Qual è il linguaggio che preferisce? A quali luoghi online e offline fa riferimento?

Costumer Journey di cosa si tratta? In poche parole si tratta di un’analisi mirata a ricostruire il percorso digitale delle persone a cui ci rivolgiamo.  Sembra qualcosa di complicato, in realtà per avere dei risultati accettabili possiamo avvalerci solo di Google e dei tool gratuiti che ci fornisce.

Per prima cosa dobbiamo avere chiaro qual è il livello di awareness del nostro brand. Digitiamo Google Trends su un qualsiasi motore di ricerca e in pochi minuti avremo accesso a uno dei tool gratuiti più funzionali del web. Google Trends permette infatti di individuare i termini più ricercati in rete in base alla loro categoria di appartenenza, al Paese e all’arco di tempo in cui sono stati cercati. Dal menù a tendina che troviamo nell’home page indichiamo i parametri della nostra ricerca. Adesso impostiamo come parola chiave il nostro marchio (facciamo un esempio con Nintendo) e vedremo qualcosa di simile alla foto che segue.

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Come potete osservare dal grafico la notorietà del marchio Nintendo ha subìto nel mese di luglio un picco notevole da collegare ovviamente all’uscita di PokemonGo. Se scorriamo ancora lungo la schermata di Google Trends possiamo capire anche quali sono le ricerche collegate al nostro brand e le regioni più interessate. Annotiamo tutto e poi? Ogni processo di analisi da dei risultati e per ottenerne dei frutti è necessario saperli sfruttare. Ad esempio emerge che Lombardia e Veneto sono le regioni dove i livelli di ricerca del nostro brand sono più bassi: possiamo decidere di provvedere attivando una campagna mirata per tali zone oppure se si ritengono inaccessibili escluderle dalle successive attività di comunicazione.

3. Le parole chiave

Se voglio che tu mi trovi, devo sapere come mi stai cercando. Sulla strada usiamo il GPS, in rete usiamo le parole. Ecco perché gli esperti continuano a richiamare l’importanza di un’attenta analisi delle parole chiave utilizzate dagli utenti.

Siamo ancora nelle mani del motore di ricerca più usato al mondo, ma questa volta abbiamo bisogno di registrare un account su Google Adwords.  Dopo aver effettuato l’accesso, proviamo a stilare una lista di parole che comprendano il nome del nostro brand, dei nostri prodotti e tutti quei termini che rientrano all’interno del campo semantico di settore. Adesso seguiamo le indicazioni fornite dal sistema per la creazione di una nuova campagna, ovviamente poi non siamo obbligati a renderla attiva. Tutto questo ci serve solo per poter inserire nello strumento per le Parole Chiave ciò che ci interessa, ad esempio se vendiamo oggetti per la scuola scriveremo “astucci per la scuola”.

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Google ci darà un numero (ad esempio 880) che indica a quanto equivale la frequenza di utilizzo di tale testo; cliccando su “Altri simili” sapremo in pochi minuti se l’accostamento di parole è efficace o se gli utenti sono soliti usare altri termini per cercare il nostro prodotto.

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Ovviamente dobbiamo anche considerare che più alta è la frequenza di ricerca più alto è il livello di competizione: se utilizziamo la parola “borsa” è quasi certo che Amazon apparirà prima di noi. Per questo il mio consiglio non è solo conoscere le parole chiave, ma trovarne di nuove, più specifiche, che seppur dirette ad una nicchia ristretta, non sono nel mirino dei grandi marchi. In poche parole se pubblicizziamo il nostro prodotto come “Borsa in Pelle” sicuramente il primo ad apparire su Google sarà un brand come Prada o Gucci, ma se scrivessimo “Borsa in Pelle tinta a mano” avremmo più possibilità di essere visibili. Questa fase richiede un po’ di tempo quindi senza arrenderci continuiamo con la ricerca fin quando non saremo soddisfatti; poi prendiamo un foglio di calcolo, appuntiamo tutte quelle che saranno le nostre parole chiave e non dimentichiamoci mai di loro, come fossero la base del linguaggio.

4. Competitors e spazi online

Adesso che sappiamo come parlano i nostri utenti, andiamo a carcere i loro punti di riferimento online. Torniamo all’esempio dell’astuccio per la scuola: questo è il prodotto che vogliamo vendere, ma quali sono i top brand preferiti dagli utenti? Quali sono le voci del web a cui fanno affidamento? E di conseguenza chi sono i nostri concorrenti?

Andiamo ancora una volta su Google e prendiamo anche il nostro foglio di calcolo con tutte le parole chiave che abbiamo selezionato. In questo caso digitiamo sul motore di ricerca “astuccio” ed ecco che in pochi minuti abbiamo trovato due forti competitors (Amazon e Ebay) e due top brand (Seven e Eastpak).

Questo tipo di analisi naturalmente è molto ampio e generico ma ci permette di farci un’idea sui nostri competitors, sui brand di tendenza e soprattutto, dedicando qualche minuto in più alle varie pagine che emergono, a renderci conto che dietro a una categoria di prodotti c’è un mondo che i consumatori hanno imparato a riconoscere. Se restiamo tagliati fuori rischiamo di rimanerci per sempre.
schermata-2016-09-13-alle-10-54-225. E i Social cosa dicono?

Il tipo di ricerca che abbiamo attuato finora può essere effettuato sui social network utilizzando lo stesso criterio con strumenti diversi. Vediamo alcuni obiettivi che potremmo porci:

  • Individuare tra i competitors quelli che ottengono i risultati migliori sui vari canali social e dai tratti comuni trarre spunti per la nostra strategia.
  • Individuare gli utenti o le pagine più attive e influenti: possiamo sfruttare in qualche modo la loro visibilità e reputazione?
  • Individuare i contenuti più frequenti, gli stili e i linguaggi più utilizzati.

Abbiamo iniziato questa riflessione chiedendoci che cosa sia un Social Media Plan e non possiamo che concludere la prima parte del percorso parlando dei social. Nelle prossime settimane scopriremo insieme che ci sono tool capaci di indicarci quali contenuti pubblicare, l’ora e i giorni e il posto in cui pubblicarli. Impareremo a realizzare un piano editoriale, a monitorare gli sviluppi della nostra attività e molto altro ancora. Se volessimo usare un # scriveremmo #staytuned

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