La digitalizzazione delle imprese è ad una svolta con il nuovo CAD?

In un periodo di fermento nel processo di digitalizzazione, con la crescita del Fintech, della contrattualizzazione a distanza dei clienti e la maturazione dell’e-commerce, un notevole supporto viene offerto dalle modifiche introdotte al Codice dell’Amministrazione Digitale.

Il retaggio storico della “forma scritta”

Il codice civile italiano e la normativa del settore bancario e assicurativo ha tradizionalmente considerato la “forma scritta” come una certificazione di garanzia e di maggior tutela. Tuttavia, questo approccio ha comportato notevoli problemi nei rapporti a distanza.

Infatti, prima delle recenti modifiche, il Codice dell’Amministrazione Digitale considerava solo la firma elettronica qualificata, avanzata o digitale come equivalente alla forma scritta. Tale tipologia di firma è, nel caso della firma elettronica qualificata, basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma.

Ciò vuol dire che, qualora fosse stato necessario contrattualizzare a distanza un cliente per, ad esempio, la stipula di un contratto di assicurazione e per tutti i contratti in cui la forma scritta non è richiesta ai fini della validità del contratto, era necessario fornirlo di un sistema di firma elettronica qualificata prestato da un ente di certificazione accreditato, il che aggiungeva notevole complessità alla procedura e ulteriori costi dovuti al servizio dell’ente di certificazione.

Quale alternativa a questa soluzione era necessario sottoscrivere il contratto manualmente ed inviarlo per posta, il che comportava un allungamento dei tempi di contrattualizzazione e il rischio che la controparte non invii o sia in ritardo nell’invio della sua copia sottoscritta del contratto.

Ma i vincoli della normativa di settore non erano l’unico problema!

L’articolo 1341 del codice civile prevede che in caso di condizioni generali non negoziate tra le parti, come avviene in tutti i casi di contrattualizzazione di consumatori ad esempio, le clausole c.d. vessatorie non sono efficaci e quindi non possono essere fatte valere dalla parte che ha redatto le condizioni generali (l’impresa) nei confronti della controparte (tipicamente i consumatori, ma anche ogni impresa che non ha negoziato un contratto), a meno che quest’ultimo non le abbia specificatamente approvate per iscritto.

Si tratta del requisito della c.d. “doppia firma” che, sulla base dell’approccio consolidato della giurisprudenza italiana, richiede di elencare le clausole vessatorie, e quindi le clausole quali la limitazione di responsabilità, la facoltà di recedere dal contratto, la tacita proroga del contratto, la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria ecc., al termine del contratto e di richiedere una seconda firma scritta dopo l’approvazione dell’intero contratto.

Tale previsione rappresentava un ostacolo non solo per i settori regolamentati sopra indicati, ma anche per l’intero settore dell’e-commerce. Tuttavia, vista la velocità delle operazioni e i margini minori delle transazioni dell’e-commerce, un numero estremamente limitato di operatori e-commerce richiedevano la sottoscrizione tramite firma elettronica avanzata o l’invio per posta del contratto sottoscritto.

Durante gli anni abbiamo sviluppato per i nostri clienti delle tecniche volte a cercare di avere maggiori possibilità in un eventuale contenzioso di provare il soddisfacimento del requisito di cui all’art. 1341 del Codice Civile. Tuttavia, lo scenario di incertezza comportava che gli operatori e-commerce si facevano carico del rischio di contestazione dell’efficacia delle clausole vessatorie.

La nuova previsione del Codice dell’Amministrazione Digitale

La recente riforma del CAD potrebbe aver risolto gran parte dei problemi sopra richiamati. Infatti, la nuova versione dell’articolo 21, comma 1, del Codice dell’Amministrazione Digitale prevede che

Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità”.

La conseguenza della previsione sopra richiamata è che qualsiasi tipologia di firma elettronica, e quindi non solo la firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, può soddisfare il requisito della forma scritta.

La definizione di firma elettronica è molto ampia perché fa riferimento a “dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare”. La domanda quindi è se un semplice “point & click” alla base di un contratto, eseguito dopo un processo di raccolta dei dati e autenticazione (e.g. tramite la validazione dell’indirizzo email o la raccolta della copia della carta d’identità tramite una semplice foto), possa soddisfare il requisito della forma scritta.

Il linguaggio della previsione è molto ampio e deve essere collegato alla seconda parte dell’articolo 21, comma 1, del CAD che rimette alla libera valutazione del giudice la valutazione probatoria del documento informativo sottoscritto con firma elettronica. Quindi sarà necessario adottare una firma elettronica che non sia eccessivamente “leggera” per evitare il rischio di contestazione della propria efficacia probatoria.

E’ opportuna un’analisi caso per caso delle single fattispecie, ma la modifica del CAD sembra invertire lo scenario presente in Italia dall’approvazione del Codice Civile. Il contratto sottoscritto con una firma elettronica (anche leggera) potrebbe soddisfare il requisito di validità della forma scritta e starebbe al giudice sollevare eventuali rilievi sull’efficacia probatoria.

Rimane il requisito della firma elettronica avanzata, qualificata o digitale per i contratti bancari, ma il CAD va nella giusta direzione.

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