Gli impatti benefici legati alla digitalizzazione dei Paesi non sono difficili da misurare: secondo un recente studio Digitizing Europe del Boston Consulting Group, un mercato unico digitale europeo significherebbe oltre 500 milioni di consumatori e inciderebbe sul PIL per 415 miliardi di euro l’anno. A trarre maggiori vantaggi dalla digitalizzazione, secondo la stessa ricerca, sarebbero i Paesi più innovativi e digitalizzati come quelli del nord Europa che vedrebbero un incremento potenziale del 40% del proprio tasso medio di crescita entro il 2020. Dai risultati pubblicati dalla Commissione europea riferiti al quadro europeo 2016 in merito alla valutazione dell’innovazione e dell’Innobarometro, la Svezia si attesterebbe come leader dell’innovazione seguita da Danimarca, Finlandia, Germania e Paesi Bassi. L’Italia purtroppo si attesta ben al di sotto della media europea.
Ma quali le caratteristiche dei Paesi digitalizzati?
Secondo il Digitizing Europe del Boston Consulting Group le economie delle nazioni più innovative sono caratterizzate da una popolazione relativamente poco numerosa con alti livelli di digitalizzazione, mercato innovativo e dipendente dalle esportazioni, imprese più digitalizzate e quindi più competitive rispetto a quelle di altri Paesi.
Se si spingesse per la digital transformation di tutti i Paesi europei, il PIL passerebbe da un 2,2% annuo al 3,9% entro il 2020 e 2,3 milioni di posti di lavoro tra il 2015 e il 2020 nei Paesi più innovativi.
Cosa serve davvero per innovare?
John Chambers, Executive Chairman Cisco, in un articolo pubblicato di recente, ha analizzato le “costanti di successo” della digitalizzazione. Delle “lesson learned” derivanti dai colloqui con i capi di Stato dei Paesi più innovativi. Questi gli elementi indispensabili per una digital transformation vera:
Leader con visione chiara e squadra in grado di abbracciare (e attuare) il cambiamento. L’agenda digitale ha bisogno di vision unitaria da parte di chi la deve attuare oltre che di una squadra in grado di attuare le decisioni prese, con la capacità (non scontata, ndr) di dare il buon esempio. “Un leader non può fermarsi solo alle parole. E lo stesso vale per il Governo”, si legge nell’articolo. Nessun Paese può sviluppare le attività legate all’agenda digitale se il leader per primo non crede nelle opportunità che da questo possono scaturire. Nessuno può digitalizzare un Paese se non si fa carico dei rischi che la digital transformation inevitabilmente comporta.
Pubblico e privato lavorano per uno stesso obiettivo. Governi e imprese dovranno sempre più lavorare a stretto contatto per colmare i gap che ostacolano la digital transformation di un Paese. A partire dalle competenze digitali, visto che nel prossimo decennio dall’80 al 90% dei posti di lavoro creati richiederanno competenze digitali. Non c’è innovazione infatti secondo Chambers senza educazione al digitale. E porta come esempio l’India dove, grazie a partenership pubblico-privato,si prevede di formare e “irrobustire” le competenze digitali di oltre 400 milioni di persone entro il 2022.
I leader promuovono l’innovazione. Nel contesto attuale fondamentale sarà lo sviluppo delle startup e delle imprese innovative in grado di creare nuovi posti di lavoro. “Questa tipologia di azienda riveste un ruolo chiave perché si muove agilmente, impara in fretta e si sposta con il mercato”, si legge nell’articolo. I capi di Governo per sostenere lo sviluppo di imprese agili devono adottare la stessa agilità di pensiero e velocità di esecuzione. Il ruolo dei leader è quello di incoraggiare mettendo in atto una serie di iniziative che possano creare un ecosistema fertile in cui far crescere le imprese.
Ma c’è anche un quarto elemento da considerare quando si guarda al potenziale di innovazione di un Paese: è la capacità da parte delle aziende e in generale degli attori economici e istituzionali di adottare una “start-up culture” – un atteggiamento mentale orientato a cercare e coltivare l’innovazione, che si traduca però concretamente in scelte organizzative all’interno delle aziende e in opportunità offerte ai cittadini
“Le parole chiave, dal punto di vista culturale, sono collaborazione, open innovation, volontà di coinvolgere le persone e accettare le sfide che tutto questo può portare” spiega Fabio Florio, responsabile del piano di investimento Digitaliani che Cisco ha lanciato nel nostro Paese per accelerarne la digitalizzazione.
“In parallelo, è necessario creare un ambiente adatto a sviluppare innovazione e mettere a disposizione gli strumenti necessari: dall’accesso facile e pervasivo alla rete alla diffusione più ampia possibile delle competenze digitali. Da questo punto di vista, inoltre, è molto importante anche saper accettare la “contaminazione” da parte dell’ecosistema di innovazione: bisogna farne un elemento dell’Agenda Digitale del Paese a cui dedicare risorse e a cui chiedere, in cambio, di immaginare soluzioni per le esigenze più importanti di un Paese”.
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