Tante le cose da fare nei progetti di migrazione a software libero al tempo 0. Tante quelle che si cominciano nel momento in cui si è pensato alla migrazione e finiscono solo con l’ultimo pc che passa felicemente e senza problemi a software libero. Tra queste indubbiamente il presidio sul progetto che può esserci soltanto a due condizioni: prima di partire si è fatta una buona attività di analisi e si è scritto un piano di progetto che segua un metodo e una metodologia rigorosi.
Questo è quello che si è fatto al Ministero della Difesa prima di fare qualunque annuncio (interno o esterno) riferito alla migrazione. L’attività di analisi ha richiesto molto tempo (la variabile tempo ovviamente è direttamente proporzionale alla complessità del contesto) ed è stata affrontata rilevando per prime le criticità legate al cambio di software.
Nelle prime fasi si sono analizzate le problematiche riferite alla sicurezza, partendo comunque da un prospetto comparativo di soluzioni, quello stesso prospetto di comparazione che per molti è diventato solo “teoricamente obbligatorio”, ma che invece aiuta a mettere a confronto le caratteristiche dei software, i loro punti di forza e quelli di debolezza oltre che il costo complessivo che la loro adozione comporta per l’Ente.
Attraverso la somministrazione ai dipendenti di un questionario di rilevazione delle funzioni svolte con il software proprietario in uso (Microsoft Office in questo caso), si sono analizzati i possibili vantaggi e svantaggi in termini di operatività. Conoscere ciò di cui gli utenti hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro è cosa che si fa abbastanza di rado in PA (al posto di questo si presuppone che “tutti” abbiano bisogno di “tutte le funzioni possibili”) ma fondamentale per poter scegliere con contezza il tipo di software da installare agli utenti.
Parallelamente a queste attività si sono analizzate le interazioni del software da sostituire con altri gestionali presenti nell’Ente al fine di verificare il grado di compatibilità e, in caso di necessità di integrazione, valutare la fattibilità e l’ammontare dell’eventuale investimento utile alla modifica dei gestionali. Anche questa attività richiede una conoscenza approfondita della “macchina” in cui si va a proporre un cambio software e magari si può prendere la saggia decisione in questa fase di scegliere formati aperti e standard che garantiscano proprio quella interoperabilità tanto decantata e così ancora poco diffusa.
Nel fare l’analisi degli applicativi da integrare la Difesa ha individuato la necessità di adeguare i software di gestione documentale per i quali si è scelto di utilizzare proprio un formato standard aperto: Open Document Format. Una scelta, formalizzata anche attraverso una specifica direttiva, che consente al Ministero di svincolarsi non solo da fornitore (come nel caso del software libero) ma anche da software: scegliendo ODF la Difesa potrà scegliere tra oltre 100 diversi programmi utili a leggere i propri documenti.
Rientra poi nelle attività di analisi preliminare la valutazione della compatibilità tra i diversi documenti e modelli di documento utilizzati nell’Ente e il nuovo software libero individuato. Questa fase consente di enucleare i problemi riferiti a incompatibilità di formato o di formattazione oltre che ipotizzare un’attività finalizzata a studiare nuovi modelli, completamente rivisti, da proporre all’interno dell’Ente. La migrazione può rappresentare, infatti, una buona occasione per riscrivere vecchi modelli, crearne di nuovo e soprattutto sostituire documenti utilizzati in modo improprio (ad esempio fogli di calcolo con macro al posto di programmi specifici).
Cosa si fa al tempo zero fino a fine progetto?
Si fa una analisi della migrazione seria, si raccolgono i dati che servono ad avere un quadro chiaro della situazione, si scrive il piano di progetto con attività, risorse umane e finanziarie da dedicare e tempi di realizzazione. Un piano in beta permanente che si può ritarare sulla base di nuovi elementi che potranno emergere a progetto in corso.
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